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Carlo Goldoni. Avvocato a Pisa (1744-1748)

A cura di Giancarlo De Fecondo e Maria Augusta Morelli Timpanaro

Bologna, Il mulino, 2009, pp.400, euro 33
ISBN 978-88-15-12111-0

Davvero prezioso e innovativo il volume che qui si presenta. Prezioso perché fornisce una documentazione inedita relativa ad un periodo meno noto della vita del nostro massimo drammaturgo, nel momento in cui, allontanatosi da Venezia e giunto in Toscana (Firenze, Siena e Pisa, le sue tappe fondamentali), tenta per qualche anno di assicurare, a sé e alla giovane moglie, una decorosa esistenza al di fuori del mestiere teatrale, praticato con qualche successo ma con poco guadagno negli anni precedenti soprattutto a Venezia. Innovativo è questo libro perché la luce che getta su quella professione (purtroppo documentata solo per le cause civili, mentre mancano referti di cause penali) è tutt’altro che esaltante. La carriera avvocatesca del nostro scrittore in cerca di vocazione appare di basso profilo e addirittura comprende liti che lui stesso dovette sostenere in sua difesa per debiti non pagati al padrone di casa, a negozianti ebrei e ad altri soggetti: il reddito derivante dall’attività legale fu, infatti, modesto e non valsero a rimpinguarlo i proventi che sperò a un certo punto di poter incassare da incarichi che potevano essere a lui “trasferiti” da un anziano avvocato pisano. Se da una parte Goldoni fu accolto benevolmente dai letterati pisani e fiorentini associati nelle sedute degli Arcadi, e se fu anche messo in contatto con circoli della Massoneria, scarse furono le ricadute economiche – almeno immediate – di tanta «sociabilité».

 

Di tutte queste vicende nessuna traccia è nei Mémoires che lo scrittore compilò in tarda età in Francia evidentemente volendo oscurare una fase difficile della sua “formazione” artistica, ma è certo che esse furono alla base della decisione di stipulare il contratto che, subito dopo il soggiorno pisano, lo avrebbe legato al capocomico Medebach e che avrebbe segnato la sua fortuna. Ad attenuare il quadro ottimistico, predominante nelle sue memorie autobiografiche, si possono aggiungere anche le angustie della riscossione delle parcelle e le cause che lo stesso avvocato veneziano dovette intentare nei confronti di clienti insolventi: non fu infatti il professionista dei ricchi, ma anche dei più poveri. Ne deriva un ritratto meno convenzionale dell’uomo e una ridefinizione della sua carriera meno prevedibile, sottratta alla semplificazione degli storiografi otto-novecenteschi. Il bilancio letterario della riforma ha finito per schiacciare – nelle sue articolazioni “perbenistiche” – le contraddizioni e le incertezze che furono invece determinanti nel progredire della sua drammaturgia, oltre che della sua visione del mondo.

 

Il volume fa seguito a una serie di pubblicazioni apparse a partire dal 2004 a consutivo delle ricerche svolte con grande cura e determinazione da Maria Augusta Morelli Timpanaro e che qui si ricordano: Goldoni e Pisa. Ricerca e documenti inediti in Archivio di Stato, in «La Rassegna della Letteratura Italiana», luglio-dicembre 2004, pp. 401-443; La ricerca su Goldoni nell’Archivio di Stato di Pisa: cenni introduttivi, in «Problemi di critica goldoniana», XII, 2005, pp. 169-176. Nella seconda parte del fascicolo speciale che «La Rassegna della Letteratura Italiana» (luglio-dicembre 2007) dedicò a Goldoni sotto il titolo Mestieri e professioni in scena con inediti dagli archivi pisani, a cura di Roberta Turchi, alle pp. 157-232, si possono leggere, a cura della stessa Morelli Timpanaro, di Giovanni De Ricci e dello stesso Giancarlo De Fecondo – coautore del volume più recente – sotto il titolo L’avvocato Goldoni. Dagli archivi pisani, numerosi altri documenti su quel periodo e sull’attività forense dello scrittore.

 

Significativo il fatto che – grazie a queste acquisizioni documentarie – gli studiosi dispongano adesso di un buon mannello di autografi goldoniani che – se anche esulano dalle composizioni drammatiche – tuttavia arricchiscono la modesta collezione di scritti (soprattutto lettere) che fino ad ora si è potuto visionare. In ogni caso, la prosa tecnica dell’avvocato, attenta ai referti giudiziari e al linguaggio del mestiere, non sarà del tutto ininfluente sull’andamento di certi dialoghi e, forse soprattutto, di certe tirate o monologhi in cui si segnalò, negli anni immediatamente seguenti il periodo toscano, il Pantalone D’Arbes, l’attore che fu determinante per il rilancio della carriera teatrale di Goldoni nella sua Venezia.

 

 

di Siro Ferrone


La copertina

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