Marcello de Angelis, dopo più dun lustro di ricerche, dà un seguito al suo La musica del Granduca. Oggetto dellindagine, stavolta, è la seconda metà dellOttocento, il cinquantennio 1865-1915, da Firenze capitale alla Grande Guerra. E per la prima volta, con questo Il melodramma e la città, viene consegnato agli studiosi il repertorio completo degli spettacoli operistici tenuti a Firenze in quellarco di tempo. Ci si trova così a dover smentire lidea di una vita musicale cittadina stagnante e routinière, per scoprire invece unattività fervida, allaltezza non solo del panorama nazionale, ma europeo.
Cuore del libro è appunto il repertorio, ordinato cronologicamente, che segue teatro per teatro i titoli messi in scena, e informa di date e nomi coinvolti negli spettacoli. Lo segue una fitta sezione di note, intarsio di citazioni da una vasta serie di fonti, a comporre un racconto che dia corpo e colore agli eventi individuati. Poi i puntuali e dettagliati indici, indispensabili per orientarsi nella ponderosa raccolta di dati: vi si ritrovano cantanti, compositori, opere (melodrammi e operette ma anche balli e oratori), teatri, e tutte le altre restanti professioni. Completano il volume varie illustrazioni (bozzetti, foto, copertine, cartelloni, ritratti).
Nellintroduzione, de Angelis traccia le linee principali della vita teatrale che dalle sue ricerche emerge. Una vita, quella del cinquantennio in esame, che per quantità e qualità non fu da meno dellepoca di Pietro Leopoldo e Leopoldo II, portando in scena ben milletrecento opere allincirca, con un apice produttivo, nel decennio 1865-1875, che comportò quattrocentocinquanta serate di media allanno. Vi si incrociavano un afflusso variegato e intenso di pubblico con le esigenze della critica avvertita, che prese a reclamare dai cantanti arte dattori. Cantanti fra i quali abbondano i grandi nomi, come Adelina Patti, il cui debutto viene da questa ricerca retrodatato e collocato proprio a Firenze. Né mancavano problemi economici, di cui si rimproveravano non solo gli impresari, ma i governi centrali e locali, cattivi amministratori delle sovvenzioni, o come allora si diceva “doti”. Fra le numerose polemiche, si può seguire quella relativa alla tassa sugli introiti, in cui fecero da caso esemplare, sulla stampa cittadina, le vicende della Scala di Milano. A chiusura del quadro sono riportati tre interventi di Carlo Cordara, critico del «Marzocco», che fra il 1906 e il 1911 testimoniano una crisi importante, non solo finanziaria ma di pubblico, per la quale si affaccia, fra le soluzioni, non solo il ricorso a capitali privati, ma anche la proposta di costituire unorchestra stabile. Ma per quella, comè noto, si dovette aspettare.
di Donato De Carlo
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