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La ricezione della Commedia dell’Arte nell’Europa Centrale 1568-1769
Storia, testi, iconografia
A cura di Alberto Martino e Fausto De Michele
con una presentazione di Werner Helmich

Pisa-Roma, Fabrizio Serra Editore, 2010, pp. 540, euro 120
ISBN 978 88 6227 189 9

All’assenza di un’opera sistematica circa la ricezione della Commedia dell’Arte nei paesi di lingua tedesca vuole porre parzialmente rimedio il corposo volume, dalla gestazione lenta  e travagliata, che qui si presenta, curato da Alberto Martino e Fausto De Michele. Parzialmente, poiché come ricorda lo stesso Alberto Martino nella sua prefazione, «la presente miscellanea non è stata progettata, neppure nella sua fase iniziale, come una trattazione organica ed esaustiva della ricezione della Commedia dell’Arte nell’Europa Centrale. Una tale progettazione sarebbe stata irrealistica». I curatori non nascondono una certa vis polemica nei confronti degli studiosi italiani, che avrebbero non solo trascurato la materia, ma sistematicamente ignorato le ricerche sull’argomento condotte nei paesi di lingua tedesca.

 

È certamente vero che i maggiori studi condotti in Italia sulla Commedia dell’Arte (studi che peraltro hanno fondato a livello mondiale un’intera tradizione ermeneutica circa il fenomeno) abbiano privilegiato il versante parigino della sua ricezione; ma non senza buone ragioni, a parere di chi scrive, ché è dalla Francia che proviene quella immagine della Commedia dell’Arte come coincidente, nella sostanza, con il “teatro all’impronta”; ma è una distorsione questa, che già Luigi Riccoboni, con la sua opera storica e teorica, mise con forza in discussione proprio negli ultimi anni del suo soggiorno parigino (e terreno). Il lavoro degli studiosi italiani a partire dalla capitale francese non poteva che essere dunque il lavoro essenziale e preliminare da compiere, poiché solo partendo da un’analisi in profondità del contesto che aveva definito una certa immagine della Commedia dell’Arte sarebbe stato possibile condurre un’indagine storica oltre gli stereotipi secolari e apparentemente consolidati in materia.

 

Tuttavia, nonostante questa premessa, ben noti sono agli studiosi italiani i più importanti lavori condotti in area tedesca. Penso in particolare agli studi di Bärbel Rudin, Herbert Seifert (sul versante musicale), Margaret A. Katritzky (per l’iconografia) e soprattutto Otto G. Schindler. Ma non v’è dubbio che è stato e continua a essere fertile in Italia il lavoro documentario circa la ricezione della Commedia dell’Arte in Europa Centrale; pensiamo ai volumi delle Corrispondenze dei comici dell’arte, diretta da Siro Ferrone; al volume di Elena Venturini, Il carteggio tra la Corte Cesarea e Mantova (1559-1636) (Milano, Silvana, 2002); all’immenso Archivio Herla, avviato da Umberto Artioli, orientato in prima istanza a dissodare il terreno fertile, anche perché certamente più trascurato di altri, delle relazioni tra la “Capitale europea dello spettacolo tra XV e XVII secolo” e l’Impero Asburgico; il volume I Gonzaga e l’Impero. Itinerari dello spettacolo (a cura di Umberto Artioli e Cristina Grazioli) ne è uno dei risultati fondamentali, e ricostruisce dal punto di vista sia critico sia documentario gli itinerari dei comici (ma anche dei musici e degli artisti) italiani verso i territori di lingua tedesca (in particolare Innsbruck, Monaco, Praga e Vienna).

 

Non possiamo poi non ricordare almeno un altro paio lavori fondamentali usciti in Italia negli ultimi anni (e purtroppo non citati nel volume curato da Martino e De Michele): Massimo Bertoldi, Lungo la via del Brennero. Viaggio nello spettacolo dal Tardo Medioevo al Rinascimento (Firenze, Le Lettere, 2007) e Daniele Vianello, L’arte del buffone. Maschere e spettacolo tra Italia e Baviera nel XVI secolo (Roma, Bulzoni, 2005). Tutto questo nulla toglie ovviamente all’importanza del volume, che risulta in più luoghi fondamentale, specie sul piano dello spoglio documentario e della puntualizzazione (o revisione) di alcuni dati che parevano consolidati in studi precedenti.

 

Apre la miscellanea il saggio di Alberto Martino, Fonti tedesche degli anni 1565-1615 per la storia della Commedia dell’Arte e per la costituzione di un repertorio dei lazzi dello zanni. Lo studioso si concentra sui viaggi in Italia dei principi tedeschi e sulla presenza dei comici alla corte di Massimiliano II (facendo tesoro a livello documentario anche delle registrazioni di spesa della tesoreria imperiale) o alle Diete e Assemblee dell’Impero. Punto centrale del saggio è l’analisi dei lazzi dello Zanni contenuti nei Grewel (1610) di Hippolytus Guarinonius e nel Landtstörtzer (1615) di Aegidius Albertinus.

 

Fondamentale il saggio di Otto G. Schindler, Comici dell’Arte alle corti austriache degli Asburgo, che riesamina o mette in luce una serie di fonti relative alle compagnie teatrali italiane nel XVI secolo, in particolare quelle relative a Giovanni Tabarino (con un saggio specifico sulla rappresentazione che questi fece alla Corte Imperiale de Il Basilisco di Bernagasso) e Alberto Naselli detto Ganassa, le tournées dei Desiosi, dei Gelosi e degli Accesi (con la conseguente nobilitazione di Pier Maria Cecchini), e soprattutto la tournée viennese di Domenico Biancolelli, evento per il quale l’imperatore fece appositamente costruire il primo edificio teatrale mai edificato a Vienna (il Comedi-Haus auf dem Kayserliche Thumbelplatz). Interessante anche il capitolo dedicato alla tournée praghese e viennese tra 1627-1629 dei Comici Fedeli di Giovan Battista Andreini. Al Basilisco di Bernagasso è dedicato un secondo approfondito studio di Otto G. Schindler, che ne ripercorre la fortuna e le riscritture in ambito tedesco tra fine Seicento e inizio Ottocento.

 

Adolf Scherl e Monika Surma-Glawoska offrono uno spaccato tra XVI e XVIII secolo della ricezione della Commedia dell’Arte, rispettivamente, nei territori boemi e polacchi.  Il saggio di Fausto De Michele si focalizza sui modelli comici italiani (specie dal Capitan Spavento dell’Andreini) rielaborati da Andreas Gryphius nel suo Horribilicribrifax Teutsch. Con Il contributo di Molière alla diffusione della Commedia dell’Arte nell’area linguistica tedesca, Fabrizio Meloni si concentra sulle rappresentazioni dei testi di Molière tra Seicento e Settecento, con particolare attenzione alla fortuna del Dom Juan in ambito tedesco e le relative, e spesso intricate, interferenze tra la commedia di Molière e la tradizione della Commedia dell’Arte. L’autore analizza inoltre le traduzioni in lingua tedesca del teatro di Molière tra Sei e Settecento, non limitandosi a una recensione dei testi a stampa, ma segnalando anche le traduzioni manoscritte in uso presso le compagnie itineranti. Sulle interferenze tra Eulenspiegel, teatro dei burattini (l’odierno Kasperltheater) e la tradizione di Arlecchino si focalizza il contributo di Alexander Schwarz, mentre Alfred Noe analizza la presenza di figure derivanti dalla Commedia dell’Arte all’interno dei drammi per musica nei paesi di lingua tedesca tra metà Seicento e fine Settecento. Di ambito musicale anche l’intervento di Elisabeth Fritz, attenta ai prestiti dalla tradizione dei comici entro gli intermedi e intermezzi tra XVII e XVIII secolo.

 

All’iconografia della Commedia dell’Arte sono dedicati i contributi finali del volume. Nicole Schlabach offre uno studio incentrato, in particolare, sulla famosa Narrentreppe (Scala dei Buffoni), fornendone una descrizione complessiva e rivedendo alcune posizioni critiche precedenti. Per la verità, una interessante analisi degli affreschi della Scala dei Buffoni nel castello di Traunitz a Landshut, con risultati interpretativi di maggiore rilievo rispetto a quelli proposti da Schlabach, era già stata condotta da Daniele Vianello nel libro sopra citato (e putroppo non preso in considerazione dal saggio in questione). Alfred Noe e Christian Neuhuber si concentrano sugli affreschi del Castello Eggenberg a Graz, realizzati tra 1757 e 1761. Ancora Christian Neuhuber pone l’attenzione sui Riflessi della Commedia dell’Arte nell’ordine benedettino, analizzando il programma iconografico della Sala Terrena dell’abbazia di Altenburg (Austria Inferiore), realizzato intorno al 1740, e la drammaturgia di Maurus Lindemayr, considerato il più importante poeta dialettale austriaco del XVIII secolo.

 

Ai Costumi della Commedia dell’Arte italiana negli Alba Amicorum tedeschi è invece dedicato il saggio di Margret A. Katrizky che, con estremo rigore, riesce a mettere in evidenza il valore documentario delle immagini, le convenzioni iconografiche su cui si fondano, la funzione spesso didattica ad esse sottesa: «Per i tedeschi della prima età moderna, le illustrazioni di costumi così visivamente attraenti, basate sui personaggi tipici della Commedia dell’Arte della cattolica Italia nel contesto del teatro, del carnevale e delle mascherate, comportavano potenzialmente notevoli implicazioni religiose e politiche, poiché recavano in sé un sottofondo fortemente negativo di dissolutezza, inganno e licenziosa follia». Alle immagini degli attori italiani negli alba amicorum risulta connessa anche la fioritura iconografica nelle figurine di porcellana nel corso del XVIII secolo, su cui si sofferma il saggio di Reinhard Jansen.

 

Il volume fornisce un contributo di panorama senz’altro importante agli studi, definendo un territorio ancora fertile per future esplorazioni, che non potranno che essere condotte, se si vorrà giungere alla ricostruzione di un mosaico complesso, sia sul versante tedesco sia sul versante italiano. A tal fine, avrebbero certamente giovato, per un lavoro di questo tipo, almeno un indice dei nomi e forse, ma soprattutto, dei luoghi.

 

di Stefano Locatelli


La copertina

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