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Vsevolod Meyerhold, Écrits sur le théâtre. Tome II. 1917-1930

A cura di Béatrice Picon-Vallin

Lausanne, L'Âge d'Homme, 2009, pp. 424, euro 33,00
ISBN 978-2-8251-3780-2

Si devono a Béatrice Picon-Vallin lo studio, la traduzione e la divulgazione degli Scritti teatrali di Vsevolod Meyerhold (1874-1940) in Francia, dove l’indagine sui capostipiti e sui fenomeni maggiori del Novecento trova particolare impegno nei lavori del CNRS, nonché nell'editrice svizzera L'Âge d'Homme. L'edizione in 4 volumi (1973-1992) vede ora in fase di revisione e incremento i materiali che vanno dal 1917 al 1930: dalla Rivoluzione, al culmine della collaborazione con Vladimir Majakovskij, l’amico suicida sulla soglia del decennio. Quel periodo mostra i frutti dell'interesse per il Futurismo; gli apporti del costruttivismo scenografico; la sperimentazione con l'attore, per un obiettivo di sinergia funzionale della performance e del suo effetto coinvolgente lo spettatore. Sono inseparabili nell'artista, lo sforzo rivoluzionario, etico e ideologico, dalla sua ambizione estetica; così come la ricerca formale va di pari passo con la riorganizzazione dei rapporti della produzione dello spettacolo. La curatrice rispecchia la passione di Meyerhold, nei tanti episodi creativi e civilmente polemici, rimarcando «l’aventure d'un artiste qui s'engage résolument et rapidement au côté de la Révolution, parce qu'il ne peut séparer révolution politique et révolution théâtrale».  

 

Picon-Vallin intende sopra tutto convalidare la continuità della ricerca del regista, pure negli evidenti sbalzi di gusto e nelle varianti di poetica, immancabili nella sua singolare e tormentata carriera inventiva. «L'étude des grandes traditions commencées dans les années dix s'approfondit. Le plateau devient un laboratoire, esthétique et politique, où l'on expérimente et élabore des techniques complexes, où l'on prend tous les risques». L'ispirazione più schiettamente popolare, attinta dal teatro di strada e di fiera, che già nutriva gli entusiasmi degli esordi, negli incontri e le scoperte degli anni Dieci, è segnalata attiva nella maturità; viva ancora nel 1932 quando, nella nozione di “balagan”, il teatrante rievoca il “théâtre de foire” (p. 356) come valore inalienabile. Costante del resto era stata la preoccupazione di un recupero necessario: «Nous attendons la résurrection du balagan», si augurava infatti in Les points faibles du front théâtral (dicembre 1920, p. 78).

 

La curatrice precede e accompagna la lettura dei testi, consultati presso gli Archivi Russi di Stato di Letteratura e Arte. In Prefazione, definisce le tappe che segnano i molti eventi allestiti con piena scrupolosa responsabilità; nelle Note, precisa e contestualizza sia le posizioni di Meyerhold, sia le reazioni del pubblico, della critica e delle Istituzioni, comprese le riserve dei compagni di partito. Pure in mezzo agli «incroyables obstacles rencontrés dès 1918 à Moscou par Meyerhold pourtant membre du parti communiste», ciò che spicca è il flusso inarrestabile, l’impeto creatore che vede il geniale protagonista, implicare la tradizione nel rinnovamento, affermare principi irrinunciabili: «Personne n'a le droit d'éluder les problèmes formels» (1928, p. 312). Attorno ai riferimenti e ai documenti per gli spettacoli, specifici d’ogni allestimento (talvolta soltanto progettato), a partire da Boris Godunov di Puskin e Les Aubes di Verhaeren, fino a La Grande Lessive, ultimo testo di Majakovskij, si dispongono i numerosi interventi in cui polemica attualissima e ideali di poetica si confondono generosamente; seppure lasciando nitide tracce nell'itinerario estetico in evoluzione. La prima acquisizione – tanto celebre quanto misteriosa – consiste nei criteri dell’allenamento e dello studio dell’attore, propri alla “biomeccanica”.

 

A questa nozione, decantata innanzi tutto in esperienza condivisa con gli allievi collaboratori, Meyerhold non dedica un trattato sistematico (i dati sui progetti editoriali sono offerti in Prefazione, p. 25), ma disperde in note e proclami, manifesti, relazioni schizzi e programmi, la sintesi – spesso appena allusiva - delle idee e delle relative concretizzazioni. S’incontrano così alcuni aforismi, noti in Italia grazie agli studi di Fausto Malcolvati e di Nicolaj Pesočinskij (1993), quali: «1. Toute la biomécanique est basée sur ce fait: si le but du nez travaille, tout le corps travaille aussi.  […] 19. La difficulté de l’art de l’acteur réside dans un accord extrêmement rigoureux de tous les éléments de son travail. […] 44. Le principe de la biomécanique: le corps est une machine, celui qui travaille est un machiniste» (pp. 100-103). Le impressioni più profonde e durature, orientative sulle teorie della scena del Novecento, nascono nei testi al momento in cui l'utopia emerge dalla coscienza dell'artista in formulazioni fervide e precise; con obiettivi pratici e orizzonti senza limiti. Si rileggano ad esempio La rénaissance du cirque ; La mise en scène. Le théâtre en campagne o Schémas pour l'étude d'un spectacle, dove s’impone il bisogno «d'auto-activité créatrice des masses et les voies du nouveau théâtre vers l'épanouissement de la mytho-création et de l'authentique improvisation» (p. 57). O ancora, L'Art du metteur en scène (1927), in cui prevale l’ansia di riportare a scienza l’intuizione e l’ispirazione tipiche del nucleo centrale costituito da metteur en scène e acteur, attraverso il controllo (col cronometraggio) del tempo (p. 279).

 

Per ogni spettacolo, oltre alla documentazione del piano di regia, si propone a confronto anche una recensione o commento della critica più autorevole (B. Gorine-Gorianov, A. Gvozdiev, V. Fedorov, B. Asafiev, K, Roudnitski). Per la conoscenza superlativa delle arti e con la magistrale sensibilità di chi mira a farle convergere in una totalità (non sincretismo quantitativo) di effetti coerenti, sintetizzabile nella presenza dell'attore in scena, inserito nel dispositivo (machine à jouer o machine-outil scénique) e al centro di una tensione forse insolubile fra spazio, corpo e tempo della rappresentazione: in Meyerhold, tutti gli enigmi, tutte le possibilità dell'arte della scena si sono radunati, vivi nella sua persona, in una breve conclusa stagione irripetibile.

 

 

di Gianni Poli


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