Il primo numero del 2009 di Theatre Research International si apre con leditoriale di Freddie Rokem in cui si pongono fondamentali interrogativi riguardo ai concetti di “centralità” e “marginalità”, qualora si affronti il teatro come fenomeno di (possibile?) matrice “internazionale”. È attorno allinternazionalità, dunque, che si strutturano i saggi, ognuno con le sue specificità, perché la domanda che ritorna allinfinito è sempre la medesima: «How do we account for a sense of centre and periphery when we think about and study theatre and performance from an international perspective?».
Eugene ONeil as Traditional Chinese Theatre: Adapting “Desire under the Elms”, di Zhu Xuefeng e Liu Haiping, prende in esame la citata opera (1924) nei riadattamenti redatti per il teatro tradizionale cinese (xiqu) e poi per lopera di Sichuan (chuanju). Unattenta analisi permette di evidenziare come il teatro del sol levante abbia ricercato una prospettiva interculturale, utile anche alla propria auto-riflessione. I due adattamenti, infatti, mantengono una patente vena ‘indigena, che fa confluire nel dramma originale memorie storiche ed esperienze contemporanee peculiari della Cina; essi, inoltre, rispecchiano la tendenza attuale per cui il dramma tende a divenire il luogo dincontro di elementi eterogenei (autoctoni e stranieri, tradizionali e moderni) che permettono di scavalcare i limiti e di combinare organicamente componenti a prima vista incompatibili.
Chinese Xiqu Performance and Moving-Image Media, di Megan Evans, propone unanalisi delle diverse modalità di trasporre la performatività dello xiqu cinese nelle “immagini in movimento” dei nuovi media, mantenendo inalterate le finalità estetiche di partenza. Vengono presi in esame film realizzati sia prima che dopo la “Grande rivoluzione culturale proletaria” iniziata da Mao, ma anche serie televisive contemporanee. Evans sostiene che proprio allinterno del cosiddetto “cinema delle attrazioni”, piuttosto che in quello del realismo, il «filmed theatre» continua a rappresentare linsostituibile e utile veicolo di accesso allo xiqu per il pubblico contemporaneo.
The Making of Artistic Reputation: Dennis Potter, Television Dramatist porta la firma di Yael Zarhy-Levo e analizza la carriera del «British television dramatist». Drammaturgo e figura mediatica polifunzionale, Potter ha soppiantato i ‘soliti gestori della reputazione altrui (vale a dire i critici e gli accademici) poiché è riuscito a decretare il favore pubblico o meno dei suoi stessi lavori e a promuovere la sua propria posizione di drammaturgo. Lautorevolezza di Potter è stata agevolata dallacerbità della critica e dei drammi televisivi degli anni 1960. Per la natura innovativa dei suoi lavori, spesso estremamente controversi, la fama che raggiunse fu effetto dellacquisita popolarità in televisione, ma, più che altro, fu supportata dai nuovi criteri di valutazione da lui stesso stabiliti in qualità di critico-pioniere: unabilità che più tardi sfruttò nel ruolo di principale esegeta dei testi da lui scritti, di cui condizionò non soltanto la ricezione, ma anche la fortuna critica.
Il saggio di Gabriella Calchi Novati, Language under Attack: The Iconoclastic Theatre of “Socìetas Raffaello Sanzio”, attraverso unanalisi dei testi critici e dei manifesti più provocatori (inediti in inglese), analizza le teoriche alla base delle opere della compagnia, le profonde implicazioni delliconoclastia delle sue performance, e propone altresì nuovi mezzi per decriptarne i lavori. Negli anni 1980, la Socìetas ha sviluppato nuove tecniche linguistiche e visive, che furono implementate grazie al progetto della Tragedia Endogonidia (2002-2004). Si evidenzia, così, come la pregnanza dei primi lavori alberghi nella vastità teorica e pratica del mutato concetto di “rappresentazione”. Nel saggio si introducono stralci degli scritti di Romeo e Claudia Castellucci, tradotti in inglese.
A chiusura, Theatre Research in the Nordic Countries (2000-2008) di Willmar Sauter, marca le caratteristiche di alcune recenti pubblicazioni di studiosi del teatro nordico.
di Carlo Lorini e Diego Passera
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