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Theaterheute, n. 2, 2010


2010, n. 2, pp. 64 € 14,80
ISSN 0040 5507

«Tanztheater», servizio con il quale si apre il nuovo numero di «Theaterheute», analizza le prospettive artistiche e culturali del teatrodanza in Germania dopo la scomparsa di Pina Bausch. La situazione si presenta complessa, non emergono i segni di un adeguato ricambio generazionale. Agli spettacoli di Sasha Waltz, per esempio, manca originalità e Dana Caspersen dimostra la difficoltà di armonizzare la drammaturgia della danza con quella del teatro, perno creativo del percorso di ricerca della Bausch stessa. Il futuro prospetta una rivisitazione del metodo, in parte già avviata da John Neumann, Mei Hong Lin, Akram Hhan, Sidi Larbi, Cher Kaohi. L’intervista a Hortensia Völkers, organizzatrice di importanti rassegne, affronta i problemi relativi alla diffusione dei cartelloni in rapporto ai gusti del pubblico e le valutazioni della critica.

 

In «Akteure» spicca il profilo artistico di Katharina Matz, attrice per quasi cinquanta anni attiva nel Thalia Theater di Amburgo. Molti sono gli spettacoli di successo collezionati nel corso della lunga e fortunata carriera, iniziata con la partecipazione a Schöne Katja di Boy Gobert tratto da Olympia di Ferenc Molnàr. Seguono gli incontri con Peter Steinbeck, Nicolas Stemann per il quale ha interpretato, tra gli altri titoli, Ulrike Marie Stuart di Elfriede Jelinek, con Andreas Kriegenburg che ha affidato all’attrice ruoli principali in Bernarda Albas Haus, nel cechoviano Zio Vanja, fino al recente Das lette Feuer di Dea Loher.

Ancora in «Akteure» si legge un intervento di Franz Wille dedicato allo scambio epistolare, Der Briefwechsel, tra Thomas Bernhard e Siegfried Ungeld raccolto in volume dall’editore Suhrkamp (Frankfurt, 2009). Lungo i ventisette anni di fitta corrispondenza, contenti in 524 lettere, emergono i rapporti contraddittori del drammaturgo austriaco con il mondo editoriale.

 

«Aufführungen», lo spazio della rivista riservato alle recensioni delle novità, si occupa della scena berlinese, non prima di aver sottolineato l’incidenza della crisi finanziaria nella produzione degli spettacoli, che ha decurtato mezzi e risorse. Nicolas Stemann ha trasferito sul palcoscenico del Deutschen Theater Heilige Johanna der Schlachthöfe di Bertolt Brecht. Seguendo la linea dell’attualizzazione del personaggio del titolo (Katharina Marie Schubert), ha dimostrato i limiti del capitalismo contemporaneo. Nella Schaubühne si è svolta la messinscena di Berlin Alexanderplatz, riduzione dall’omonimo romanzo di Döblin. La cura scenica di Volker Lösch ha approfondito gli elementi espressionistici e la cornice realistica del testo, per meglio analizzare le anime devastate e degradate dei personaggi. La parte del protagonista compete a Franz Biberkopf. Innovativa è risultata la regia di Christoph Marthaler per l’operetta La Grande-Duchesse de Gerolstein di Jacques Offenbach applaudita a Basilea. Il regista ha elaborato una drammaturgia dell’attore basata su codici espressivi contemporanei, utilizzando un impianto scenografico arioso ed elegante, costumi novecenteschi e, soprattutto, un gioco comico di gusto raffinato. Tra i tanti interpreti si sono distinti Ueli Jäggi, Anne Sofie von Otter, Raphael Clamer, Rolf Romei e Karl-Heinz Brandt. Ha strappato applausi e consensi di pubblico e di critica la versione di Kasimir und Karoline di Ödön von Horváth elaborata da Johan Simon, che toglie la patina sentimentale ai personaggi e li rende figure in perenne conflitto, muovendoli in un’alternanza di forti tensioni che gli interpreti (Angelika Richter, Lina Beckmann, Markus John) hanno espresso in modo convincente. Anche Karin Henkel ha attinto dal repertorio di Horváth, proponendo Glaube Liebe Hoffnung per la Schauspielhaus di Amburgo. La regia muove gli attori con gesti nervosi e robotiani. La soluzione, da un lato, accentua il carattere tragico della commedia, dall’altro lato, sacrifica le doti espressive della protagonista Jana Schulz.

 

Diversi sono i testi inediti presentati in «Neue Stücke». Calvinismus Klein di René Pollesch, recentemente interpretato da Marta Wutte e Carolin Conrad presso Pfauen di Zurigo con la regia dello stesso autore, sostiene la passività dell’uomo moderno annullato da macchine e tecnologia. In Für alle reicht es nicht Dirk Laucke racconta la piccola criminalità senza futuro. Nis-Monne Stockmann, al debutto con Der Mann, der die Welt ass, sviluppa l’analisi della società dall’osservatorio del crollo delle relazioni sentimentali e famigliari. Infine Theresa Walser ambienta Die Kontrakte des Kaufmanns in un grande magazzino, dove nel labirinto delle merci gli uomini coniugano lo smarrimento delle loro identità annullate dal consumismo.

                                                             

di Massimo Bertoldi


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