Lidea viene da Firmin Gémier e da Gaston Baty e dai loro sforzi negli anni Venti del 900, per lo scambio e lintegrazione fra le culture. Nella Société Universelle du Théâtre nasce il progetto di una Rassegna internazionale, concretatasi nel dopoguerra, al Théâtre Sarah-Bernhardt, col primo Festival International dArt dramatique de la Ville de Paris. Lambizione sevidenziava nel titolo: «Lintitulé fédérateur Théâtre des Nations impliquait la convocation de tous les théâtres du monde sur une scène» (p. 8). Partita sotto legida dellUNESCO e diretta da A.-M. Julien (pseud. di Aman Maistre, 1903-2001) e Claude Planson (1914-1999), listituzione muoveva i primi passi di un cammino utopico nel 1954. Questo volume, curato da una sola autrice (la Aslan allepoca era addetta alla direzione letteraria, responsabile delle letture-spettacolo e tramite dei ricercatori con il CNRS), è frutto di un lavoro di gruppo, davvero eccezionale se a distanza di mezzo secolo ricompone - quasi giorno per giorno, spettacolo per spettacolo - lintera storia del Théâtre des Nations. Per una tradizione avvalorata nel 900 fino al mito, Parigi è stata centrale nel mondo teatrale. Sminuita ormai tale fama, è oggi opportuno uno sguardo critico su quel periodo per riappropriarsi del senso di tante attività, idee e progetti, condensati in dodici anni di impegno.
Odette Aslan e i collaboratori forniscono dati sintetici, indicazioni teoriche per lattualità; oltre allesposizione, cronologica e per generi di spettacolo, delle varie esperienze; profili delle personalità e dei problemi affrontati e discussi allora. Scrive la curatrice: «Dans un après-guerre encore troublée de mauvais souvenirs, secouée par de nouveaux conflits […] bien de conservateurs refusaient les innovations, les jeunes générations sagitaient. […] Le Théâtre des Nations était le champ de résonance de ces feux qui couvaient, il reflétait létat du monde» (p. 9). Limpostazione cronologica intende ricostituire il clima e le sue mutazioni, al variare del senso e degli scopi nel susseguirsi degli spettacoli, reimmersi nella loro atmosfera anche mondana. Il periodo iniziale offre notevole ricchezza di suggestioni e di confronti. Apre la Rassegna Cyrano de Bergerac di Rostand, interpretato da Gino Cervi (regia di Raymond Rouleau), spettacolo e interprete valutati i migliori, assieme a Helene Weigel, dalla critica. Fra gli invitati, spicca il Berliner Ensemble per le rappresentazioni di Mutter Courage e di La Cruche cassée. «La France sest longtemps considérée – scriveva Sylvain Dhomme – comme une forteresse culturelle plus dominante que curieuse du génie des autres. Le TdN a ouvert les ponts-levis de la forteresse» (p. 39). Lanno seguente il Berliner rappresenta Le Cercle de craie caucasien, ma lattrazione è lOpera di Pechino, mentre lItalia mostra Questi fantasmi (Sacrés fantômes) di Eduardo De Filippo. La Locandiera di Goldoni segue poi a illustrare la scena italiana e costituisce levento capace di attizzare il dibattito su Comment jouer Goldoni? La critica riconosce le lettura “classista” di Visconti in una messa in scena dal realismo “anticonvenzionale” (p. 56).
Cadenze storiche segnano la sequenza delle presenze italiane. Nel 1957 si assiste a Oreste, di Alfieri interpretato da Gassman; laccoppiata Goldoni e Visconti si ripropone nel 1958 con lImpresario delle Smirne; nel 1959 torna Gino Cervi, protagonista dei Giganti della montagna con la regia di Guido Salvini e Les Joyeuses commères de Windsor di Shakespeare. Figli darte, di Diego Fabbri, è interpretato da Morelli-Stoppa; Gassman ritorna nel 1961 col recital Poésie et théâtre (Da Shakespeare a Pirandello), indi nel 1963, con Le Jeu des héros, «spectacle qui se veut une antologie de comportements divertissante, didactique et qui dispense un plaisir esthétique» (p. 187). Nel 1960, il Teatro Ca Foscari presenta la Commedia degli Zanni; La Moscheta di Ruzante con regia di De Bosio è del 1961. Seguono Domenico Modugno, con Rinaldo in campo (1962) e Peppino De Filippo, con Les Métamorphoses dun musicien ambulant (1963). Due le presenze del Teatro Stabile di Genova, con Ciascuno a suo modo (1962) e I due gemelli veneziani (1964). Proclemer-Albertazzi presentano Amleto (1964). Contemporaneamente, si hanno le prime apparizioni di alcune personalità destinate ad affermarsi nel secondo Novecento, quali Tadeusz Kantor, Peter Brook, Maurice Béjart, Josef Szajna, Jerzy Grotowski e salgono autorevoli alla ribalta civiltà lontane e sconosciute dello spettacolo, il Nō e il Kabuki; le danze Kuosi del Camerun o quelle di Ceylon o della Costa dAvorio.
Considerata rischiosa linvadenza crescente dellinformazione, «il importe de maintenir les conditions dune synthèse et relier le théâtre dabord à lensemble de ses activités, puis à lensemble de la culture» (Éditorial, 1958, p. 85). Al momento del successo (marzo 1959), interviene il neo ministro André Malraux a lodare loperato dei responsabili, riproponendo il proprio pensiero sulla missione del teatro, che consiste nel «donner conscience à tous les hommes de la grandeur quils ignorent en eux» (p. 101). Il grafico ascendente nella stagione più favorevole è ancora rilevato da Planson: il direttore, tramite il periodico del Festival, «Théâtre», profetizza la fusione delle arti sceniche: «Dans deux ou trois générations un acteur devra obligatoirement parler deux ou trois langues sil veut faire carrière. En France, il faudrait dautres conceptions architecturales. Trois grandes formes de théâtre me paraissent valables: le théâtre de masse, le spectacle total, le théâtre expérimental» (p. 119). Daltro canto, il problema delle lingue induce a introdurre nel 1960 un sistema di traduzione simultanea durante gli spettacoli. Il giudizio odierno non minimizza, nel riconoscimento dellinnovazione diffusa e profonda di tanti eventi concentrati in poco tempo, le difficoltà di gestione e comprensione e certi risultati diseguali: «Eshétiquement les critiques acceptent mal tout ce qui ne correspondrait pas à la mesure, au bon goût français. […] Ils veulent bien être surpris, dépaysés, mais pas trop» (p. 85).
Lentrata in crisi dellimpresa vede la nascita dellalternativa nel Festival Mondial de Nancy (1963-1983), di cui tratta Béatrice Picon-Vallin nel saggio Nouveau rendez-vous des théâtres du monde. Jack Lang, il ministro della cultura dallora, è infatti fautore del nuovo corso degli incontri internazionali, aperti in provincia con ipotesi di ricerca mirate al teatro giovanile e studentesco. Partito come «Dionysies internationales du théâtre étudiant» loccasione si fa riconoscere in breve come «Rebelle et expérimental […] le Festival le plus audacieux de France […]. Le public découvre un déroutant jeune théâtre, qui se dresse contre les formes institutionnelles de sa propre culture, un théâtre en rupture dans le contexte de leffervescence qui précède Mai1968» (p. 261). E difatti notava Robert Abirached: «Nancy permet de prendre le pouls de la jeunesse du monde» (p. 263). Fra i gruppi autori di spettacoli memorabili, campeggiano Il Teatro Universitario di Messico (1964) con Divines paroles di Ramon del Valle-Inclan; Il Gruppo dellUniversità Cattolica di Sao Paulo con Mort et vie séverine, di Cabral de Melo Neto (1966) e il Bread and Puppet, con Nativity Cantata (1979). Fra le testimonianze, le voci personalità del periodo, da Planchon a Lavelli e Gabriel Garran a Lucien Attoun e Serge Ouaknine. Lappendice ricompone la Programmazione completa degli spettacoli (1954-1965), con Bibliografia essenziale e Dati biografici sui maggiori collaboratori.
di Gianni Poli
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