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Theaterheute, n. 1, 2010


n. 1, 2010, pp. 64, euro 14,80
ISSN 0040 5507

Come si svolge il lavoro del regista? In che modo imposta le prove e vive il rapporto con gli attori? A queste domande risponde il dossier «Regiearbeit » con il quale si apre il numero di Theaterheute. Nei Kammerspiele di Monaco il regista Stefan Kaegi del collettivo Rimini Protokoll condivide con il dramaturg la stesura dei materiali testuali e interagisce con gli interpreti conferendo loro un ruolo propositivo nella costruzione dello spettacolo. Il principio della concertazione è seguito anche da Schorsch Kamerun, mentre Stefan Pucher privilegia l’approfondimento della parola, indagandone i ritmi e i significati attraverso un lungo ciclo di letture a tavolino. L’attore Jens Harzer racconta la preparazione alla messinscena del cechoviano Zio Vania svolta da Jürgen Gosch nel Deutschen Theater di Berlino. Emergono attenzione e rigore metodologico nelle dinamiche sceniche e nei movimenti. Da una scena inizialmente vuota e che si riempie di oggetti ed effetti sonori in parallelo al lavoro dell’attore secondo la prassi del regista Luk Perceval, si passa alla cura minuziosa del gesto del singolo attore e in rapporto alle dinamiche d’insieme ricercata da Andreas Kriegenburg, come emerge dalle fasi di montaggio del recente Prozess da Franz Kafka.

 

Si prosegue con la descrizione delle prove di René Pollesch e di Stefan Pucher basate sul dominio della comunicazione verbale, tanto nelle letture a tavolino quanto nell’attività creativa di palcoscenico. Dalla città bavarese ci si trasferisce a Berlino per incontrare altri registi di sicuro valore artistico. Jossi Wieler, come descritto seguendo le prove del verdiano Ballo in maschera allestito nello Staatoper Unter den Linden, dà molta rilevanza al testo e, in un secondo momento, all’interpretazione minima e gestuale dell’attore nella sua combinazione drammaturgia con la musica. Preziosa è la testimonianza di Helmut Mooshammer al quale il regista ha affidato la parte di Erode in una Salomè allestita a Düsseldorf. Ultimo regista chiamato in causa è Nicolas Stemann.

 

La sezione «Aufführungen», spazio riservato alle recensioni delle novità prodotte dalla scena tedesca, si apre con Eine Familie da Tracy Letts (il titolo originale è August: Ostage Country) trasferito sul palcoscenico dell’Akademietheater di Vienna da Alvis Hermanis e interpretato da Sylvia Rohrer, Dorothee Hartinger, Dörte Lyssewski, Kirsten Dene, Falk Rockstroh, che si confrontano con situazioni di tensioni e di scontri all’interno di una famiglia incapace di arginare le falle del declino. Gli spettatori dei Kammerspiele di Monaco hanno assistito alla messinscena di Die späte Nachbarn firmata da Alvis Hermanis che assembla due racconti di Isaac B. Singer (Späte Liebe e Eine Sèance). Siamo in un elegante appartamento di Miami Beach e il protagonista (Herry Bendinger) è un vecchio e ricco ebreo afflitto da problemi di salute, che gli rendono la notte insonne e perciò momento di divagazioni e deliri sulla propria esistenza a tinte comiche e tragiche. Dalla ricca scena berlinese emergono proposte di rilievo, a partire da Ozean, un testo complesso in cui si parla di utopie, stalinismo, Satana e Dio che gli attori della Volksbühne diretti da Frank Castorf, con Anne Ratte-Polle protagonista, dimostrano di padroneggiare con sicurezza.

 

Lo shakesperiano The Mercant of Venice, nella versione proposta da Armin Petras per il Maxim Gorki Theater, si basa su una messinscena in chiave contemporanea, con ironiche allusioni all’Italia berlusconiana e agli intrecci della televisione con le trame del potere. Tra gli attori si sono distinti Regine Zimmermann nella parte di Shilock, Andreas Leupold, Peter Jordan, Michael Klammer, Sabine Waibel. Un altro lavoro del Bardo, Otello, compete alle cure sceniche di Jette Steckel per il Deutschen Theater, con una novità di rilievo: come nello spettacolo precedente, nella parte del titolo si legge in nome di un’attrice, Susanne Wolff, affiancata da Meike Drosde (Desdemona), Peter Moltzen (Cassio) e Ole Lagerpusch (Jago). Il risultato è uno spettacolo di ambientazione contemporanea, asciutto e segnato da aspri contrasti tra i vari personaggi. Nello stesso teatro berlinese si è tenuta la rappresentazione di Die dritte Generation dell’israeliano Yeal Ronen (regia dello stesso autore), mentre sul palcoscenico del Völker-Ludwig Theater la Grips-Ensemble ha recitato il musical Linie 2.

 

Nella sezione «Akteure» si legge il profilo artistico di Werner Wölbern. Dopo il periodo formativo vissuto a Colonia, l’attore si trasferisce a Düsseldorf, dove nel 1995 debutta con il monologo Der Kindermörder di Oliver Reese per la regia di Uwe Hengeröder. Tra le altre interpretazioni di successo spiccano nel 2000 lo shakesperiano Troilus and Cressida sul palco del prestigioso Burgtheater di Vienna per la regia di Martin Kusej, cui compete anche la messinscena di Weibteufel di Karl Schönherr del 2008. La collaborazione con lo Schauspielhaus di Amburgo ha prodotto eccellenti risultati, come dimostra la partecipazione al recente Baumeister Solness di Henrik Ibsen. Il ritratto successivo di «Akteure» è per Oliver Kluck, drammaturgo emergente salito alla ribalta con Das Prinzip Messe, testo atteso al debutto nel Maxim Gorki Theater di Berlino. Nell’intreccio narrativo convivono le mitologie tedesche, da Wagner a Hitler. In precedenza un’altra commedia di Kluck, Zum Parteitag Bananen, riflessione sulla Germania post 1989, ha conosciuto la scena nel teatro di Chemnitz grazie all’interpretazione di Tilo Krügel, Bettina Schmidt, Bernd-Michael Baier e Claudia Kraus, mossi dalla regia di Max Claessen. Si conclude con il ritratto artistico di Carina Schlewitt, animatrice della scena teatrale indipendente attraverso manifestazioni promozionali molto importanti come il festival Reich & Berühmt avviato a Berlino nel 1995, per poi trasferirsi nel 2008 a Basilea per dirigere Kaserne, centro di ricerca in cui agiscono gruppi e artisti liberi.

 

di Massimo Bertoldi


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