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Hystrio, a. XXIII, n.1, 2010
trimestrale di teatro e spettacolo

a. XXIII, n.1, 2010, pp. 124, euro 9,00

Si presenta con una nuova veste grafica il numero invernale di «Hystrio», che ne migliora il collaudato impianto rendendo più agevole la lettura delle sezioni in cui si assemblano i tanti e aggiornati materiali e valorizzando la qualità delle immagini.

 

In Vetrina Fabrizio Sebastian Caleffi pone la figura di Albert Camus e si interroga se nella ricorrenza dei cinquant’anni della morte si annidino i presupposti per assorbire lo scrittore nell’Olimpo di Francia, disegnandolo erede della destra e cancellando, in questo modo, la sua anima di intellettuale della rivolta. Árpád Schilling è un giovane regista ungherese che, appena raggiunto il successo internazionale con la sua compagnia Krétakòr, decide nel 2008 di abbandonare lo spettacolo incamminandosi, come illustra Roberto Canziani, lungo nuove strade di ricerca finalizzate alle relazioni con lo spettatore non più con l’attore.

 

Si conclude nel Triveneto il lungo viaggio nelle regioni italiane. Il Veneto, analizzato da Andrea Porcheddu, si presenta una regione sospesa tra conservazione e innovazione, tradizione e ricerca. Se lo scettro è diviso tra Venezia e Verona, non marginali risultano le attività svolte in altre province. Per esempio a Rovigo, vicino allo storico Teatro Verdi, opera il Teatro del Lemming. Ci sono realtà in movimento. In attesa della nomina del nuovo direttore della Biennale, concluso il mandato di Maurizio Scaparro, fa notizia l’arrivo alla guida dello Stabile del Veneto di Alessandro Gassman, dal quale si attende rinnovamento per quanto riguarda il dialogo con il territorio e maggiore attenzione alla drammaturgia contemporanea. Il Trentino–Alto Adige, come spiega Massimo Bertoldi, presenta un quadro condizionato dalla componente etnico-linguistica, italiana e tedesca in provincia di Bolzano con il Teatro Stabile diretto da Marco Bernardi chiamato ad assolvere il ruolo di epicentro culturale, italiana in quella di Trento, che vede nel Centro Servizi Santa Chiara il coordinamento delle attività dei principali teatri cittadini. Il Friuli Venezia Giulia, pur penalizzato dai tagli della finanziaria secondo quanto afferma Roberto Canziani, si qualifica quale realtà creativa e dinamica sia nei centri maggiori (Trieste con il Teatro Stabile, Teatro Bobbio, il Teatro Stabile Sloveno; Udine con il Teatro Verdi e il Nuovo Teatro Giovanni da Udine) e minori, tra i quali spiccano Monfalcone e Gorizia. Dalla mappatura dei festival disegnata da Roberto Rizzente emerge un ricco e variegato itinerario lungo il Triveneto con soste d’obbligo alla Biennale Teatro e Biennale Danza di Venezia, al Festival Lirico all’Arena e Estate Teatrale Veronese, per non dimenticare, tra i tanti, Mittelfest di Cividale del Friuli, Opera-Estate Festival Veneto a Bassano del Grappa e il trentino Drodesera. Chiude lo special il contributo di Laura Bevione che affronta il tema della drammaturgia e dimostra la compresenza di diversi indirizzi, dal teatro di narrazione di Marco Paolini al teatro di ricerca del Teatro del Lemming e Babilonia Teatri, alle performances tecnologiche e figurative di Codice Ivan e Cosmesi.

 

Il viaggio nello spettacolo internazionale di «Teatromondo» inizia dal Dialog-Festival della polacca Wroclaw. Collegati al titolo della manifestazione, «Di fronte al male», gli spettacoli hanno sviluppato temi legati alla guerra, come Per quanti sforzi facciamo di Dorata Mastowska allestito da Grzegorz Jarzyna, lo shakesperiano Troilo e Cressida diretto da Luk Perceval e le Trilogie romane curate da Ivo von Hove. La crudeltà dei meccanismi del potere sono trattati dalla regia di Cesaris Granzinis in Re Lear, con il protagonista che alla fine si muove smarrito in una landa desolata. Particolarmente interessante è risultato il contributo di Christoph Marthaler con un’opera musicale, Riesenbutzbach, in cui i personaggi vivono claustrofobie, atti di consumismo e solitudini nel chiuso delle loro stanze-prigione con il televisore sempre acceso. Il Dublin Theatre Festival ha visto la partecipazione di artisti e compagnie uniti da spettacoli appartenenti al filone del documentary theatre. La rappresentazione del “vero” caratterizza, per esempio, Cet Elefant scritto e diretto da Joel Pommerat che raccoglie autentiche confessioni di donne, e Once and For All We’re Gonna Tell You Who We Are So Shut. Up and Listen di Alexander Devriendt. L’artista porta sul palco le azioni “vere” di un gruppo di adolescenti. Da segnalare la presenza di Rimini Protokoll con Radio Muezzin, Panti con drag queen e DV8. Conclude il viaggio di «Teatromondo» la tappa a Parigi, dove in apertura di stagione si sono susseguiti allestimenti ricavati da rivisitazioni di testi classici, a partire dalle due versioni del sofocleo Filottete operate, l’una, da Jean Pierre Siméon (regia di Christian Schiaretti, con Laurent Terzieff e David Mambonch) per l’Odeon, e l’altra, da Heiner Müller  (regia di Jean Jordheuil, con Maurice Bénichou e Marc Barbé) per il Théâtre de la Ville. Sulla stessa linea drammaturgica si posizionano Figaro Divorce, seguito della commedia di Beaumarchais realizzato da Ödön von Horváth che la regia di Jacques Lassalle trasferisce all’inizio del Novecento, Impempe Yomlingo (Il flauto magico) da Mozart per la cura scenica di Mark Dornford-May, Hamlet Cabaret di Matthias Langhoff.

 

Compete a Giuseppe Montemagno il dossier Regia Lirica. Il curatore presenta il percorso storico del melodramma, colto nel suo oscillare tra conservazione e innovazione, laddove quest’ultima significa intervento della regia secondo la strada tracciata da Albert Carré, Max Reinhard, Luchino Visconti e proseguita da Renée Fleming, Jean-Pierre Ponnelle, non dimenticando Giorgio Strehler. Un altro regista italiano, Luchino Visconti, concorse, come documenta Domenico Rigotti, al rinnovamento della messinscena melodrammatica, a partire dalla celebre rappresentazione della verdiana La traviata con Maria Callas. L’affermazione della regia negli spettacoli d’opera è il tema trattato da Alberto Bentoglio, che segue alcuni passaggi interni all’itinerario creativo di Strehler basato sulla rappresentazione “oggettiva” secondo le soluzioni applicate a La traviata del 1947 ed a Così fan tutte di cinquanta anni dopo. Si passa all’impostazione filologica imbevuta di elementi di sogno e di realtà di Granfranco De Bosio, si prosegue con le fondamentali regie di Franco Zeffirelli giocate su un delicato equilibrio tra musica e parola, fino alla concezione innovativa dello spazio scenico propria di Luca Ronconi, ai lavori di Giancarlo Cobelli, Lamberto Puggelli, Maurizio Scaparro, per terminare con gli allestimenti di Cesare Lievi. Esempio di regia contemporanea è Carmen di Georges Bizet firmata da Emma dante e prodotta da La Scala di Milano, come spiega Giuseppe Montemagno e poi conferma lo scritto di Pierachille Dolfini che si addentra nell’ultima generazione di registi prendendo in considerazione personaggi provenienti dal teatro con precedenti nelle avanguardie degli anni Settanta e Ottanta, quali Federico Tiezzi, che ha elaborato una Norma imbevuta di fantasia, Mario Martone con la Trilogia mozartiana e la sofoclea Antigone ambientata nei nostri giorni, e poi ancora entrano in ballo le prove di Andrea De Rosa, Serena Sinigaglia, Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani autori di Simon Boccanegra reso contemporaneo, Giorgio Barberio Corsetti e Davide Livermore.

 

Il dossier sulla regia lirica prosegue con un intervento di Gerardo Guccini in cui si analizza il problema connesso al melodramma, ossia lo spazio di fedeltà e di indipendenza dalla partitura musicale per il lavoro di regia. Spetta a Giuseppe Montemagno illustrare come la scena contemporanea abbia affrontato tale problema. Impulsi innovativi emergono dal regietheater maturato in Germania negli anni Sessanta, interventi rivoluzionari si riscontrano negli allestimenti di Patrice Chéreau basati sulla compresenza di teatro di prosa e di lirica. Altri contributi significati sono dati da Peter Brook, Eimuntas Nekrosius. L’introduzione del supporto video trova in Peter Sellars il punto di riferimento principale; mentre il linguaggio della provocazione, che ha prodotto spettacoli scandalosi, è seguito, tra gli altri, da Calixto Bieito e Christoph Marthaler; il gusto noir appartiene a Oliver Py. Di contro, atmosfere fiabesche e suggestioni visive caratterizzano gli allestimenti di Robert Carsen e di Laurent Pelly. Inventore di un teatro essenzialmente di immagini, Bob Wilson propone un approccio minimalista al teatro musicale per garantire allo spettatore il godimento del suono. Alain Bonardi studia l’azione della multimedialità nella drammaturgia della scena, considerando le creazioni di Steve Dixon, Peter Sellars (Tristan und Isolde di Richard Wagner). Il regista Roberto Recchia entra nel labirinto psicologico ed emotivo del cantante e indaga le sue relazioni con il direttore, il regista, il pubblico.

 

Nella “biblioteca” curata da Albarosa Camaldo si leggono le schede delle novità editoriali legate alla cultura dello spettacolo. Nella sezione Danza della rivista milanese, Andrea Nanni si occupa della stagione del Teatro Comunale di Ferrara. È stata la rassegna degli omaggi: alla coreografa francese Maguy Marin con il celebre May B del 1981 e dedicato a Samuel Beckett e il recente Turba ispirato a Lucrezio, ed a Carolyn Carlson. Si sono esibiti con successo Shantala Shivalingappa e, nella serata dedicata ai giovani coreografi emergenti, Alessandro Sciarroni, Silvia Gribaudi, Francesca Pennini e Michela Minguzzi.

 

In Teatro di Figura, Laura Bevione offre preziose informazioni sulla sedicesima edizione della rassegna internazionale Incontri di Torino. Ricca, come sempre, è la sezione riservata alle Critiche degli spettacoli teatrali prodotti in Italia e ordinati secondo criteri geografici. Exit è occupato dal profilo artistico di Giulio Bosetti, fondamentale attore e regista recentemente scomparso.

 

Il testo pubblicato è Le pulle operetta amorale di Emma Dante. «Protagoniste sono le puttane (“pulle” in palermitano) – scrive l’autrice – quattro travestiti e un trans che contemplano madonne a tinte accese, vestite di strass, piume di struzzo, pizzi, lustrini. Attraverso un processo di metempsicosi, tre fate guidate da Mab, la levatrice delle fate, trasferiscono nelle piume la loro anima femminile, incarnandosi in un ibrido che sta a metà tra i due sessi». La stessa attrice, regista e drammaturga palermitana è protagonista di Drammaturgia. Andrea Porcheddu ripercorre le tappe della sua carriera, soffermandosi su mPalermu (premio scenario 2001), i successivi Carnezzeria e La trilogia della famiglia, fino alla recente esperienza di regia con Carmen. Chiude questo numero della rivista milanese La società teatrale notiziario curata da Roberto Rizzente.

 

di Massimo Bertoldi


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