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Victor Hugo 7. Le théâtre et l’exil

A cura di Florence Naugrette

Caen, Lettres Modernes Minard, 2009, pp. 316, euro 26,00
ISBN 978-2-256-91-144-6

La Presentazione, dedicata all’insigne specialista Anne Ubersfeld, di questi studi sui testi teatrali “minori” di Victor Hugo, ricorda fra l’altro i registi attualmente più interessati a codesta drammaturgia meno nota e frequentata, che rivela comunque doti ben fruibili alla sensibilità contemporanea, a confronto con le opere maggiori, rappresentate da registi famosi, da Vilar e Vitez, da Gignoux a Besson. Contemporaneamente, diverse iniziative editoriali ripropongono opere del grande Romantico, a partire da Le Théâtre en liberté (Gallimard, 2002) mentre varie pièces sono uscite separatamente. Florence Naugrette - che ha curato nel 2008 Le Théâtre français du XIX siècle per le Edizioni de L’Avant-Scène - fornisce qui la Bibliografia essenziale sull’argomento e propone contributi specifici inediti, come quello di Stéphane Desvignes, autore di una Tesi significativa, dalla quale è tratto il contributo che ricostituisce la situazione dell’autore, corrispondente al suo esilio da Parigi nel ventennio 1851-1870.

 

Nella sua suddivisione, il libro situa l’evoluzione dei testi, ne saggia tematiche e strutture, dà voce ai teatranti che più recentemente ne hanno apprezzato le qualità sceniche. Osserva la Naugrette: «Rectifiant l’idée reçue selon laquelle Hugo aurait pratiqué l’écriture dramatique en contrebande, pour se divertir des rigueurs de l’exil, en marge de l’œuvre majeure, Stéphane Desvignes montre comment Hugo continue de se situer dans le champ dramatique contemporain, fût-ce de manière critique en écrivant son second théâtre» (p. 6). Da parte sua, lo storico illustra l’istituzione teatrale parigina dell’epoca, più che inoltrarsi nell’estetica del drammaturgo: «Tracer le contour de la situation de Hugo par rapport à la scène théâtrale du Second Empire apparaît d’autant plus nécessaire que le conditions d’exercice du théâtre s’y modifièrent sensiblement. […] Encadré par une censure d’abord violemment répressive puis plus feutrée, le théâtre parisien des années 1860 apparaît comme un monde efficacement verrouillé, fermé à toute tentative esthétiquement et idéologiquement non-conforme» (pp. 13-14). L’atteggiamento “rivoluzionario” dell’autore è ancor più sottolineato in occasione della ripresa sulle scene parigine, in sua assenza, di alcuni suoi capolavori, quali Hernani, Lucrèce Borgia e Ruy Blas. «A la fois présent et absent - soggiunge Desvignes - Hugo peut être considéré comme un fantôme hantant le théâtre des années 1860. […] Surtout, Hugo exilé, sut se faire peu à peu omniprésent dans le théâtre contemporain» (p. 29-30).

 

Certo, i caratteri distintivi e vistosi della sua opera teatrale si ripercuotono sul gusto e generano attrattiva sia dei contemporanei d’allora, sia dei lettori-spettatori odierni, alla luce di filtri critici adeguati. Così è sentito il richiamo della Storia, con i suoi sfondi ideali, non soggetti alla cronaca né limitati ad essa; la scrittura, comunque poetica articolata dal verso o in prosa, risulta generatrice di una parola resistente e problematica per personaggi tesi da psicologie in stato eccezionale: tutti elementi riflessi sulla valenza spettacolare. Ne testimoniano le posizioni dei registi recenti, come quella di Jean-Marie Villégier, per l’allestimento di Les deux trouvailles de Gallus e di Julien Téphany per Mangeront-ils?. Dalla premessa generale e della condizione socio-culturale, lo studio della drammaturgia procede sotto diversi aspetti: politico, metafisico, stilistico ed estetico. Esempi dei singoli approcci sono in Franck Laurent, che tratta Torquemada seguendo la visione «geopolitica dell’Europa» del poeta. L’interesse è centrato sui “tre spazi” ricavati funzionalmente nella pièce: «Trois idées, trois représentations, trois pratiques de l’espace. Leur concurrence contribue pour une part importante à la configuration de l’espace scénique, de la fable et de l’action du drame, à son esthétique et à sa signification» (p. 171).

 

L’intervento di Gasiglia-Laster riguarda la posizione della donna; i personaggi femminili di Mille francs de récompense e di L’Intervention sono visti sotto prospettive poliedriche, quali «femmes au statut social fluctuant»; «rebelles ou conformistes?»; «le regard des hommes». Motivi che finiscono per conferire a quelle protagoniste, generalmente di origini modeste, una collocazione rilevante, più sociale che psicologica (p. 134). Il valore della Morte è poi analizzato da Sylvain Ledda nel passaggio dal primo al secondo titolo del dramma, cioè da La Mort de la sorcière a Mangeront-ils?, toccando così risvolti “metafisici” di una scrittura che contravviene insolitamente alla suspense drammatica, poiché «Hugo déplace ici l’interêt dramatique au niveau du symbolique; il touche aux confins de l’imaginaire collectif quand il évoque la disparition d’une figure légendaire: la sorcière» (p. 90). Lo scarto dallo statuto romantico più tipico è rilevato da Arnaud Laster (La Caractérisation des personnages par leur langage) seguendo i comportamenti linguistici dei personaggi delle ultime pièces. Sylviane Robardey-Eppstein tocca l’interessante (e inatteso) tema della “distanciation” (straniamento), presenza evidenziata nell’ultimo Hugo dalla consapevolezza dei processi della convenzione scenica. «L’on peut en effet déceler dans les pièces hugoliennes de cette période des éléments de théâtre épique au sens brechtien du terme, notamment dans les effets d’étrangeté» (p. 137).

 

Dall’insieme, risalta una figura di poeta e drammaturgo energico e combattivo: lo conferma la cura dei propri interessi anche lontano dai Teatri (vedi la Tavola dei Diritti d’autore maturati, ricostituita da Marie-Pierre Rootering) e la lettera di Hugo ad Auguste Vacquerie del maggio 1860, dove il rifiuto di dissociare letteratura e politica è programma e “manifesto” artistico integrale (p. 18).

 

di Gianni Poli


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