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Simone de Beauvoir

Le bocche inutili

A cura di Enza Biagini e Marco Lombardi

Firenze, Le Lettere, 2009, pp. 216, euro 16,50.
ISBN 8860871875

Il volume ospita la traduzione italiana dell’unico testo teatrale di Simone de Beauvoir, scrittrice e polemista tra le più importanti del secondo dopoguerra, compagna di Jean Paul Sartre e musa dell’intelleghentzia francese del tempo. Tempo lontanissimo di intellettuali ascoltati, temuti e viziati, e ora, come avviene spesso nel mutamento del gusto e in una sorta di contrappasso all’eccesso di encomi, ora forse eccessivamente messi all’angolo o, in alcuni casi, ingiustamente dimenticati. Jean Paul Sartre sta sicuramente scontando le conseguenze di questo sovradimensionamento e la compagna ne sta seguendo un po’ il destino. È perciò particolarmente preziosa la pubblicazione di questo volume, affidato alla cura di due francesisti raffinati e esperti come Enza Biagini e Marco Lombardi. Infatti la produzione teatrale della scrittrice, benché marginale, merita comunque di essere conosciuta, perché conferma la straordinaria fiducia dell’autrice nella parola, che ha dato un senso alla sua vita permeando ogni sua opera: dalla fondamentale, Il secondo sesso, ai saggi filosofici di denuncia e di impegno politico, al romanzo I mandarini, alla produzione forse più interessante di tutte – che in tempi di esaltazione del sociale e del collettivo – le permise di porre l’autobiografia come fonte di ispirazione e di riflessione (si vedano i famosi Memorie di una ragazza per bene e il conclusivo La cerimonia degli addii del 1981).

Il testo è del 1945, sul finire della guerra, e appartiene in certa misura alla fase sperimentale in cui la scrittrice indaga sulla proprie capacità creative, provando anche in campi che poi lascerà deserti: il teatro è uno di questi, probabilmente inadatto alla sua intelligenza acuta e indagatrice più che affabulatoria e creativa. L’opera, di grande impegno politico e morale non trovò il pieno consenso della critica, che le rimproverò in parte proprio lo squilibrio tra i mezzi messi in campo e la loro resa espressiva. Alla nobiltà di intenti e alla profonda conoscenza del tempo storico posto alla ribalta (con un’attenzione alla vita degli umili e alla microstoria che tanto peso avrebbe avuto in seguito segnando il trionfo della scuola delle Annales) non corrisponde, infatti, una pari efficacia scenica, anche se l’emozione non è certo assente. Il tema scelto, inoltre, è allontanato in una dimensione storiografica passata: “la scena si svolge nel XIV secolo, a Vaucelles, città delle Fiandre”, assediata.

Si pone un problema terribile, all’epoca più politico che morale, e cioè quello di allontanare dalla città, condannandole di fatto a morte, le persone non utili alla difesa, e cioè i deboli: le donne, i vecchi, i bambini, i malati, i folli – le “bocche inutili”,  appunto. Ma poiché la favola narra in realtà il proprio terribile tempo, è cioè di un’attualità assoluta, il problema che si pone è morale e politico al tempo stesso avendo sullo sfondo le teorie (e purtroppo le pratiche) razziali naziste. Nel dramma, a struttura quasi shakespeariana, si affacciano le ragioni individuali e quelle collettive, i piccoli personaggi del coro e i grandi (e un po’ loquaci) protagonisti. Più le ragioni che le emozioni. Questa fu all’epoca la causa del contrastato esito, e, nel corso del tempo, la ragione della sua scarsa fortuna. L’edizione italiana di oggi non è però meramente celebrativa (il volume è stato promosso in occasione del centenario della nascita della scrittrice); anzi, l’accuratezza della traduzione, la ricchezza dell’introduzione, la nota storica ne fanno un libro di referenza per la conoscenza complessiva dell’opera beauvoiriana: un regalo prezioso d’amore e di competenza applicato a un’opera minore.

 

di Sara Mamone


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