Pubblichiamo qui di seguito tre interventi che appariranno nel prossimo numero della rivista “Veneziamusica e dintorni”, relativi ai due spettacoli Šárka di Leoš Janáček e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, in scena dall11 al 20 dicembre 2009 al Teatro La Fenice di Venezia. Si tratta delle interviste al regista Ermanno Olmi a cura di Martina Buran e Riccardo Triolo, allo scenografo Arnaldo Pomodoro a cura di Patrizia Parnisari, e al direttore dorchestra Bruno Bartoletti a cura di di Enrico Bettinello.
In occasione della messa in scena di Šárka di Leoš Janáček e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, in programma alla Fenice tra l11 e il 20 dicembre, abbiamo incontrato il regista Ermanno Olmi. Cantore negli anni del boom di unItalia arcaica, rurale e pura (Il posto, Lalbero degli zoccoli) e alfiere di un cinema che affonda le proprie radici nellistanza documentaria ancorché narrativa, ha di recente ripudiato il cinema di finzione, che ha lasciato in seguito allamaro Centochiodi (2007), per tornare al cinema del reale. Suo il recente documentario Terra madre (2009), dedicato al cibo e al suo legame indissolubile con la terra.
Maestro, qual è il suo rapporto con il teatro musicale?
Parte da lontano. Quandero bambino non cera la possibilità che cè oggi di ascoltare la musica registrata, era la gente del popolo che cantava. Tra questi canti si sentivano spessissimo arie dopera, romanze. Avevo circa sei anni quando il MinCulPop proponeva per il popolo al Castello Sforzesco gli spettacoli della Scala. I miei genitori ci andavano spesso ed è lì che ho sentito per la prima volta Pagliacci, o visto i primi balletti. Dunque la mia scelta del teatro musicale non è razionale, nasce piuttosto da una simpatia, da unadesione spontanea coltivata sempre come gioia del canto.
Ermanno Olmi
Quindi lei riconduce il teatro dopera alle origini del canto popolare...
Sto leggendo la storia del teatro dopera italiano di Lorenzo Arruga (Lorenzo Arruga, ll Teatro dopera Italiano. Una storia, Feltrinelli, 2009, ndr.) che segnala tra laltro come in questo genere teatrale la musica non sia un ornamento, ma un modo di interpretare la realtà. Pensi del resto anche al teatro di prosa, dove la musicalità è nella parola. La canzone stessa, che nasce ancora prima del teatro dopera non è che una poesia resa in canto.
Il racconto della realtà e le radici popolari sono due costanti della sua arte...
La definizione di arte popolare non è riduttiva ma rappresentativa di una cultura che non ha il miraggio del successo, del danaro. I canti del popolo sono sempre canti che nascono in condizioni di purezza danimo. Bellini ascoltava i canti delle filandere per comporre La sonnambula, la musica di Verdi reinterpreta i canti della sua terra, lo stesso Mozart si ispirava ai canti delle osterie. Il popolo, nella sua espressione più genuina, è stato sempre fonte di ispirazione per i compositori, il che dimostra che i grandi non vivevano nei templi della musica, ma nel tempio della realtà quotidiana che è il tempio delluniversalità.
Mikoláš Aleš, Arrivo dei Cèchi sul monte Říp
Nasce da qui la scelta di portare in scena due opere legate alla cultura popolare: Šárka di Janáček, che reinterpreta un mito fondativo della tradizione ceca, e Cavalleria Rusticana di Mascagni, che è profondamente legato alla tradizione siciliana?
Sì, ma attenzione a non scambiare il folclore con larte e la cultura popolare. Il folclore è ciò che di un popolo resta in superficie, quando non si è in grado di coglierne la sostanza profonda. I grandi maestri ricavano dal popolare laria della realtà, quellaria che si respira nei luoghi originari. Oggi purtroppo quei luoghi sono stati spazzati via come atto barbarico dalla televisione. Oggi viviamo in una realtà fasulla. Persino il popolo che appare in televisione finisce suo malgrado per recitare. È una follia.
Se il suo recupero del teatro avviene con questidea molto forte di racconto della realtà attraverso la musica del popolo, allora non è in contraddizione con la sua scelta recente di abbandonare il cinema di finzione...
Certo. Per me labbandono del cinema di finzione è necessario nel momento in cui la storia narrata è utilizzata al servizio del film come prodotto di mercato. Non sono contrario al mercato, ma alla scelta a priori di un prodotto che deve andare sul mercato. Lartigiano che costruiva una sedia non la costruiva per il mercato, ma per il signore che glielaveva commissionata. Il consumismo ha un effetto deleterio perchè sta distruggendo il patrimonio della realtà naturale e soprattutto fa sì che ci circondiamo di oggetti fasulli. Tutta larte che nasce con i presupposti del supermercato è già condannata in partenza.
a cura di Martina Buran e Riccardo Triolo
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