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Problemi di critica goldoniana


XIV, Tomo I, 2007, pp. 324, €30.00
ISSN 1127-2570

Il numero XIV della rivista Critica goldoniana, diretta da Manlio Pastore Stocchi e Gilberto Pizzamiglio è il primo di tre tomi dedicati alle ricerche intraprese dal 2007 al 2009 in occasione del terzo centenario della nascita di Carlo Goldoni e del secondo centenario della morte di Carlo Gozzi.

Gli articoli raccolti nei tre tomi ripropongono gli interventi promossi in tre anni di studio e ricerca presso varie università italiane e straniere e prendono in esame vari aspetti del teatro goldoniano: la dimensione europea del teatro musicale, le diverse tipologie di rappresentazione teatrale, le figure femminili  e la modernità.

Ad apertura di questo tomo dedicato al convegno “Goldoni, la musica, la scena, Europa”, svoltosi presso l’Universitat Autònoma de Barcelona nel 2007, troviamo due saggi, il primo di Valentina Ponzetto dedicato a Carlo Gozzi nella ‹‹Revue de Paris›› e nella ‹‹Revue des Deux Mondes›› (1829-1844);  il secondo di Franco Fido Un goldonista americano dell’Ottocento: William Dean Howells. Nel primo saggio Valentina Ponzetto si sofferma sullo studio del critico Philarète Chasles che ne la Revue de Paris,  tra i maestri del meraviglioso (Lewis, Hoffmann, Nodier), annovera Carlo Gozzi, quale ammirevole poeta dai delicati arabeschi, negli stessi anni in cui in Italia quest’ultimo era poco o per nulla considerato o addirittura disprezzato quale corruttore del teatro italiano. La studiosa mette in evidenza come in quegli anni la critica fosse feroce nei confronti di Gozzi, mentre tanta era la stima e l’interesse di Chasles che provava addirittura rammarico per non poter tradurre in maniera soddisfacente la lingua, lo stile e le espressioni del poeta veneto. Ponzetto mette in evidenza come Chasles sia stato il primo fra i suoi contemporanei a spiegare l’originalità della scrittura del Gozzi, ma anche le ragioni del suo successo e del suo rapido oblio, inserendolo in un contesto storico-culturale della Repubblica di Venezia negli anni del declino. Dall’altra, Valentina Ponzetto, esamina l’articolo di Paul de Musset ne la Revue des Deux Mondes, dove il critico tratteggia un profilo dell’uomo e scrittore Gozzi individuando nella sua opera quattro maniere stilistiche: polemica, fantastica, letteraria e ironica. Musset tratteggia un profilo romanzesco di quel tranquillo patrizio veneto dalle idee conservatrici, un novello Aristofane. L’intento della comparazione tra i due articoli è quello di rendere una rilettura storico-biografica di un poeta che incarna equilibrio tra testo scritto e canovaccio dell’arte attraverso un recupero fiabesco della tradizione popolare ricorrendo ad un espressione autentica, immediata e semplice.

Franco Fido nel suo saggio esamina la fortuna critica di Goldoni in America nell’Ottocento e nel primo Novecento, soffermandosi sugli studi di William Dean Howelles che risulta molto incline all’arte goldoniana, tanto da ergersi a suo ideale discepolo. Fido mette in evidenza come Howelles  offra nel suo studio una vera e propria critica sul lavoro goldoniano, ma una serie di  osservazioni sui comportamenti del commediografo Goldoni e sul rapporto con i suoi attori.

Ai due saggi seguono gli interventi del convegno, a cura di Arqués Rossend, che nella premessa delinea l’idea di una rilettura in chiave europea e in particolare iberica dell’opera goldoniana.

Anna Laura Bellina, responsabile dell’edizione dei testi drammatici per musica di Goldoni, nel suo intervento illustra la scelta della doppia soluzione  adottata per  lo studio dei drammi per musica di Goldoni. Si tratta della costruzione di un sito che ospita il testo critico di tutti i libretti e della  pubblicazione in volumi cartacei delle pièces corredate di introduzione e commento, nell’ambito dell’edizione nazionale dell’ opera omnia pubblicati  da  Marsilio. Bellina ci spiega come sia stato difficile applicare una lettura filologica ai testi goldoniani dotati di un plurilinguismo sfrenato. Altra difficoltà è stata quella di suddividere e classificare il variegato corpus documentario costituito da autografi, esemplari calligrafici, copioni del suggeritore.

Pau Monterde,  Daniela Goldin Folena e  Paologiovanni Maione rivolgono la loro attenzione ai modelli teatrali e poetici del passato più recente e tentano di ricostruire il dialogo tra generi e maestranze. Monterde rintraccia  in un libretto scritto per la compagnia Grimani, la Fondazione di Venezia, un rinnovamento del genere operistico laddove introduce simultaneamente parti serie, mezzi caratteri e parti buffe, dando un primato alla drammaturgia sul libretto e sullo spartito. Folena s’interroga sulla consapevolezza da parte di Goldoni di una funzionalità dei suoi libretti e sui modelli teatrali e poetici da lui adoperati. L’esito del suo lavoro comprova come fin dai primi anni del Settecento  fosse diffuso un buon artigianato librettistico dal punto di vista formale e come Goldoni dimostri una sensibilità ritmico-prosodica innata, con un orecchio attento a Chiabrera, Guarini, Tasso e tanti altri. Maione partendo dal sistema della commedja pe mmuseca dimostra come le straordinarie architetture goldoniane siano il punto d’arrivo di un vivace fermento già in atto e solo alla ricerca di un approdo definitivo, e come la scena napoletana farà tesoro degli insegnamenti del drammaturgo che a sua volta rappresenterà un modello da emulare e inseguire.

Elena Carbonell Graells prende in esame le edizioni settecentesche dei drammi giocosi per musica in scena nel XVIII secolo al Teatro di Barcellona. I libretti, conservati oggi in diverse biblioteche e archivi spagnoli, datati tra il 1750 e il 1800, costituiscono un corpus documentario omogeneo e si presentano tutti con lo stesso formato di stampa in ottavo, maneggevoli, con una strutturazione analoga dei contenuti e  con scarse variazioni. All’interno  le stampe presentano sulla pagina sinistra una versione italiana   e  a destra quella in spagnolo; seguono indicazioni del titolo, dei personaggi, i nomi dei cantanti, manca però nella maggior parte il nome di Goldoni. Solo in due casi è riportato lo pseudonimo arcadico di Goldoni ‹‹Polisseno Fegejo››. Le ragioni di queste omissioni potrebbero essere ricondotte − afferma la studiosa − alla preminenza nel teatro spagnolo degli interpreti sugli autori, alla polemica tra musica e parola (compositore/commediografo) o al fatto che i drammi giocosi arrivati a Barcellona risultino essere delle “variazioni” e quindi non attribuibili ad una sola mano. Questa omissione, secondo Graells, non sminuirebbe la notorietà del commediografo veneziano del quale di lì a poco avrebbero tutti  ricordato il nome e cognome. Corredano il saggio tre appendici che riportano: la ricostruzione delle locandine, i nomi dei compositori e la riproduzione di due brani comici de Il Conte Caramella di Carlo Goldoni.

Gli interventi di Francesc Cortès, Josep Joaquim Esteve, Germán Labrador López de Azcona, Andrea Fabiano, Rachel Cowgill, Saskia Willaert, Michele Calella, Dajana Kocevar affrontano il problema delle attribuzioni vere, false  o presunte dei libretti melodrammatici. Victor Sánchez Sánchez affronta il problema relativo a la Finta semplice di Mozart, un falso goldoniano. Cortès prende in esame La buona figliuola e Gli uccellatori. López de Azcona dimostra come questi testi melodrammatici interagiscono con le diverse realtà con cui entrano in contatto e come i libretti goldoniani abbiano avuto un ruolo importante nella genesi e nell’affermazione del “género chico” noto come “zarzuela”. Esempi di questo genere sono rintracciabili ne La buena muchacha di Pau Esteve (La buona figliuola di Piccinni), La feria de Valdemoro  (Il mercato di Malmantile).

Altro contributo di particolare importanza è quello proposto da Daniel Brandeburg che ricostruisce la genesi e la formazione della compagnia d’opera buffa della famiglia Baglioni incaricata di portare sulle scene dei teatri europei il repertorio goldoniano. 



di Assunta Petrosillo

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