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Theaterheute


2009, n 4, pp. 64, € 9,80
ISSN 0040 5507

Spetta al dossier "Deutschland, deine Mythen" l’apertura a questo numero di "Theaterheute". L’intervento di Helfried Munkler, sociologo e autore del volume Die Deutschen und ihre Mythen (Rowohlt Verlag, Berlin), analizza la funzione del mito nella cultura e nella politica tedesca seguendo i cambiamenti degli oggetti simbolici in relazione ai fatti storici, dall’eredità del nazismo al crollo del muro di Berlino, fino ad oggi e pensando alle prospettive future. A queste tematiche il teatro tedesco contemporaneo dedica molta attenzione.

Armin Petras in Rummelplatz, riduzione dell’omonimo romanzo di Werner Bräunig, rivisita i miti nazionali nati negli anni della ricostruzione postbellica, mentre Peter Kastenmüller con Schwarz Gold Rot, testo recentemente oggetto di trasposizione cinematografica, segue il pensiero filosofico di Theodor W. Adorno per denunciare la crisi del modello borghese tedesco e la sua incapacità di attualizzarsi codificando nuove forme morali. Wunde Dresden di Völker Losch analizza gli effetti devastanti subiti nel febbraio 1945 dalla città di Dresda, eletta a metaforico mito di morte e rovina, che trova nei testi di Heiner Müller il vertice del suo percorso letterario. Il discorso si sposta nel versante cinematografico dove vengono presi in esame importanti film come i recenti Operation Walküre, AnonymaEine Frau in Berlin, Der Baader Meinhof Komplex.

Ricca è la sezione "Neue Stücke" in cui si presentano le novità della drammaturgia tedesca. Protagonisti di Kritische Masse di Oliver Bukowsky sono uomini con problemi edipici che poi diventano consumatori incalliti di feticci e video pornografici. La cruda commedia è stata allestita da Sebastian Nübling nel Deutsches Schauspielhaus di Amburgo con la partecipazione di Jana Schulz, Hedi Kriegeskotte, Samuel Weiss, Juliane Koren e Marie Leuenberger. Ping Pong d’Amour di René Pollesch, allestito nei Kammerspielen di Monaco e recitato da Katja Bürkle, Martin Wuttke e Bernd Moss, costruisce l’intreccio narrativo di personaggi dissoluti, memore delle lezioni di Michael Foucault e Jacques Lacan.

Thomas Jonigk in Donna Davison presenta il sesso contaminato dalla logica del denaro attraverso la travagliata storia della pornostar del titolo affidata all’interpretazione di Alwara Höfel, affiancata da Katharina Schmalenberg, anche regista della messinscena prodotta dal Deutsches Theater di Berlino. Si prosegue con Lilly Link di Philipp Löhle, in scena nel Volkstheater di Monaco per la regia di Philipp Jescheck e l’interpretazione nei ruoli principali di Barbara Romaner e Jean – Luc Bubert. E’ la vicenda di una ragazza solitaria, lacerata dalla partenza del fidanzato per l’America e dal fratello ricoverato in psichiatria. L’amore, il sesso, l’amicizia e la bellezza, sono i temi dominanti in Die goldenen letzten Jahre (testo pubblicato in versione in teatro in questo numero della rivista), in scena a Bonn.

Nella sezione "Akteure" si legge il profilo artistico di Steven Scharf, attore che è salito alla ribalta a seguito della partecipazione nel ruolo di Giasone a Mama Medea, riscrittura moderna della tragedia euripidea ad opera di Tom Lanoy e allestita nei Kammerspiele di Monaco nel 2007. Nel 2008 si è fatto applaudire nella parte femminile della signorina Borstek in Kaspar Häuser Meer di Felicia Zeller e quest’anno in Rechnitz di Elfriede Jelinek per la regia di Jossi Wieler.

Segue l’intervista ad Hilmi Sözer, attore cinematografico prestato al teatro, che racconta il proprio percorso artistico e si sofferma sul tema della migrazione e degli effetti dell’11 settembre. A Ruth Drexel, prestigiosa attrice recentemente scomparsa, è dedicato un intenso e delicato ricordo. Protagonista della scena tedesca dal secondo dopoguerra ad oggi, mosse i primi passi nel Berliner Ensemble di Brecht e poi nella Berliner Volksbühne diretta da Erwin Piscator, proseguì nei Kammerspielen della città bavarese, ritorno nella capitale, alternò la sala teatrale al cinema. Memorabili rimangono le interpretazioni di Starken Stamm di Marieluise Freisser nel 1980, per la cura scenica di Dieter Gresing. e nella brechtiana Mutter Courage nel 1982 per la regia di Rolf Stahl.

 

di Massimo Bertoldi


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