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Le passioni in scena. Corpi eloquenti e segni dell’anima nel teatro del XVII e XVIII secolo

A cura di Silvia Carandini

Roma, Bulzoni Editore, 2009, pp. 356, € 27,00
ISBN 978-88-7870-365-0

L’Associazione Sigismondo Malatesta, fondata nel 1988 da un gruppo di studiosi di diverse Università italiane si contraddistingue per la scelta comparatistica e interdisciplinare della propria attività. L’Associazione negli ultimi anni ha contribuito alla riflessione critica sulle arti dello spettacolo proponendo, sia nei Colloqui sia nelle successive pubblicazioni, un approccio multidisciplinare agli argomenti trattati, che permette di riflettere sul teatro, sull’arte e sul cinema con strumenti e contributi nuovi ed efficaci.

 

Il nono Colloquio di Teatro e arti dello spettacolo "Le passioni in scena. Corpi eloquenti e segni dell’anima nel teatro del XVII e XVIII secolo" si è svolto nel novembre del 2005 nel Castello di Torre in Pietra (Roma) curato da Silvia Carandini e Delia Gambelli; nel gennaio del 2009 è uscito il libro edito da Bulzoni che raccoglie gli interventi degli studiosi presenti.

 

Nell’introduzione Silvia Carandini, attraverso la presentazione dei contributi critici, traccia in modo curato ed esauriente come tra il ‘600 e il ‘700 si sviluppi in Europa la riflessione intorno alla natura delle passioni e alla loro rappresentabilità. Si tratta di un fenomeno che venne affrontato negli ambienti religiosi, filosofici, artistici ma anche in quelli che apparentemente possono sembrare più lontani come gli studi di fisiognomica, di fisica e fisiologia. Si svilupparono dibatti e diatribe tra coloro che ritenevano le passioni sinonimo di sregolatezza e disordine tali da suscitare pericolose pulsioni, e coloro che invece ritenevano necessario valorizzarle e utilizzarle anche con fini pedagogici e morali.

 

Nei saggi proposti si analizza come nello spettacolo e nelle altre arti si sia sviluppato l’interesse per le passioni e la loro rappresentabilità; grazie ad uno sguardo trasversale, che vede protagonisti oltre al teatro anche la danza, la musica, l’arte attoriale, e ad un approccio che analizza il fenomeno nel contesto spagnolo, italiano e inglese dell’epoca, si offre al lettore un quadro d’insieme al tempo stesso ampio e completo. L’apparato scenografico diventa centro propulsore delle passioni quando non si limita a contenere l’azione scenica ma si fa supporto dell’opera in grado di proporsi come amplificatore di sensi ed emozioni; si occupa di quest’argomento Bayard Marc che, in "La scenografia dell’amore e della morte nel teatro francese degli anni trenta del Seicento",  analizza l’allestimento scenografico della tragedia "Pyrame et Thisbé" all’Hôtel de Bourgogne nel 1623.

 

Nel saggio "I volti di Lavinia. Varianti di un’immagine d’attrice nel primo Seicento", Maria Ines Aliverti, con particolare attenzione documentaristica, ipotizza la possibile identificazione della figura dell’attrice Marina Dorotea Antonazzoni, in arte Lavinia, in due volti femminili raffigurati in una coppia di dipinti di Cesare Dandini, pittore di don Lorenzo, nipote di don Giovanni de’ Medici, figlio naturale di Cosimo I e protettore della compagnia dei Confidenti. Questo testo merita una particolare attenzione perché, oltre ad analizzare i due dipinti, ricostruisce le vicende legate alla vita, sia privata sia artistica,  della Antonazzoni, ne approfondisce alcune sue famose interpretazioni (per esempio nella Pazzia di Lavinia) e si sofferma a considerare uno dei ruoli cardine della commedia dell’Arte, quello dell’Innamorata, interprete di tutte le sfumature della passione amorosa e dei suoi turbamenti. Il saggio si conclude con un esauriente apparato iconografico.

 

Gloria Giordano (nell’intervento che titola "Le fonti coreografiche del primo Settecento italiano. «Segni» di un’arte meccanica o codice per interpretare le passioni?") esamina i primi esempi in Italia di «danza parlante» proveniente dalla Francia. La studiosa ha ritrovato, in alcuni manoscritti settecenteschi, un sistema di notazione coreografica utilizzato per fissare i principi teorici della «danza alla francese» ed è riuscita, con rigore filologico, a tradurre il sistema dell’impianto coreografico e anche alcune qualità dell’interpretazione, fissate con segni espressivi che riconducono a un preciso contenuto emotivo.

 

Nel libro trova spazio un saggio che si allontana per un attimo dall’ambito spettacolare per addentrarsi in quello delle arti figurative; se ne occupa Jaqueline Lichtenstein in "L’espressione delle passioni. Un problema centrale nella teoria artistica nel XVII secolo in Francia".  L’autrice giustifica la sua scelta ponendo come elementi fondanti dell’arte del '700 la centralità dei corpi eloquenti e la possibilità di chiarire la loro presenza nello spettacolo anche grazie all’apporto della pittura. L’autrice analizza come nel corso del XVIII secolo il significato del termine «expression», utilizzato fino ad allora come espressione del soggetto cioè rappresentazione, divenga sinonimo di espressione visibile dei moti dell’animo e quali strategie abbiano utilizzato i pittori francesi per tradurre tali moti interiori sulla tela.

 

Stefano Castelvecchi nel saggio "Eloquenza della Psiche nell’opera sentimentale del tardo Settecento", apportando come esempio l’opera "Nina ossia la pazza per amore" musicata da Giovanni Paisiello, uno dei più grandi successi teatrali del Settecento, ci dimostra come nel teatro musicale fosse necessario, per i compositori e librettisti, scrivere opere che riproducessero in musica quello che si stava diffondendo nel teatro di prosa e nella letteratura, cioè l’emersione dilagante di una poetica sentimentale che trova la sua massima espressione nel dramma borghese. Il testo nel suo complesso offre preziosi spunti di riflessioni, meritevoli di ulteriori approfondimenti, poiché il nascente interesse per le passioni dell’anima toccò i diversi ambiti artistici, dalla danza alla musica, dal teatro alle arti figurative; il pregio del libro sta proprio nella capacità di analizzare il fenomeno offrendo al lettore prospettive plurime e multiformi che permettono di comprendere l’importanza e la centralità di un processo che non ha mai smesso di suscitare attenzione negli artisti e negli spettatori, infatti nel novembre del 2009 è stato proposto un seguito di questo argomento nel colloquio dal titolo Verità indicibili. Le passioni in scena dall'età romantica al primo '900 di prossima pubblicazione.


di Elena Peruzzo


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