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La Valle dell'Eden n. 20-21, anno X, gennaio-dicembre 2008
Semestrale di cinema e audiovisivi

N. 20-21, anno X, p.255, euro 31,00
ISSN 1970-6391

C’era la luna piena il 30 luglio 2007, quando, nel giro di poche ore vennero a mancare due dei più grandi autori della storia del cinema: Michelangelo Antonioni e Ingmar Bergman. A poco più di un anno di distanza La Valle dell’Eden torna a dedicare il dossier monografico ad un singolo autore scegliendo proprio il regista scandinavo e lo fa con un ricchissimo numero doppio di oltre 200 pagine finemente curato da Giulia Carluccio e Fabio Pezzetti Tonion.

Il Dossier Ingmar Bergman si profila come un interessante percorso tra le contaminazioni ed le intertestualità caratterizzanti l’opera di questo autore che, forse più di qualsiasi altro, è riuscito a confrontarsi con linguaggi così diversi come il cinema, il teatro, la televisione ed anche la letteratura. Proprio questa forte intertestualità è alla base di gran parte dei sedici saggi che compongono questo dossier: quanto teatro c’è nei film di Bergman e quanto cinema nei suoi allestimenti teatrali? Ma soprattutto quanta "vita vissuta" è possibile rintracciare nelle sue opere? Questi sono gli spunti che alcuni degli autori sviluppano in modo del tutto indipendente tra loro, seguendo indirizzi narratologici come fanno Gian Paolo Caprettini e Fabio Pezzetti Tonion che parlano "dell’immaginario fiabesco" delle trame bergmaniane, che arriva a "trasfigurare" la sua stessa biografia. Oppure basandosi su elementi più formali come nell’interessantissimo e complesso saggio di Maaret Koskinen, che entra nello specifico del rapporto tra cinema e teatro, arrivando ad ipotizzare che, nella scelta di abbandonare l’attività cinematografica per dedicarsi agli allestimenti teatrali, può essere visto soprattutto un diverso modo di utilizzare tutto quel materiale autobiografico, o comunque "autoreferenziale", che ha sempre caratterizzato la sua opera, per cui se nel cinema "il ricordo era la scena" (memory as a stage), in teatro è "la scena che si fa ricordo" (stage as memory).

Più legata a riferimenti culturali è l’analisi di Maurizio Del Ministro che individua le influenze pirandelliane nell’opera del regista svedese (da I giganti della montagna a Uno, nessuno e centomila passando per Sei personaggi in cerca d’autore). Interessante l’analisi di Antonio Costa su uno degli ultimi lavori televisivi di Bergman, la versione di un testo di Per Olov Enquist dall’evocativo titolo Bildmakarna (I fabbricanti di immagini, la storia si svolge sul set del Carretto fantasma di Victor Sjöström); realizzata nel 2000, risulta la perfetta sintesi di cinema, teatro e televisione; Bergman, infatti, non si limita a registrare lo spettacolo teatrale che aveva allestito, ma "gira" la pièce "come se fosse un film": Costa lo definisce un TV-Kammerspielfilm.

Il lavoro sul corpo e sul volto dell’attore è invece l’oggetto dei saggi di Fabio Pezzetti Tonion, che analizza l’evoluzione del primo piano dagli anni ’50 agli anni ’70, Alberto Scandola, che si sofferma sulla fisicità di Max Von Sydow nel film Passione, e Claudia Cecilia Pessina, che si accosta alla figura del bambino in Il silenzio. Ovviamente non mancano scritti che analizzano particolari aspetti dei singoli film, tra i quali si segnalano quello di Claudio Di Minno sul paesaggio in Monica e il desiderio e quello di Andrea Valle sull’udibile in Sussurri e grida, mentre Luciano De Giusti si addentra in un’interessante analisi delle differenze tra la versione cinematografica e quella televisiva di Fanny e Alexander.

Conclude il volume l’abituale sezione intitolata Materiali/Contributi, dove va segnalato il saggio di Anna Masecchia su Agnès Varda che indaga l’esperienza artistica della regista francese introducendo concetti come quello dell’autofiction, relativo a quelle opere dove l’autrice è particolarmente autoreferenziale, per cui è al tempo stesso protagonista e io narrante, persona e personaggio del film; questo scritto assume una valenza ancora più forte, se non addirittura "profetica", se lo si relaziona all’ultimo lavoro della Varda, la splendida autobiografia per immagini intitolata Les plages d’Agnès, presentato in anteprima all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.

Vista la qualità (e la quantità) dei contributi, questo dossier Bergman è, senza dubbio, uno dei testi più importanti del panorama editoriale italiano (e non solo) sul regista svedese, un volume difficilmente prescindibile da chiunque sia veramente interessato ad avvicinarsi a questo autore; l’unico neo (come già fu rilevato in occasione del numero monografico su Bernardo Bertolucci) è l’assenza di una filmografia completa (magari comprensiva degli allestimenti teatrali) e di una bibliografia aggiornata, che l’avrebbero reso ancora più completo.

Luigi Nepi


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