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Hystrio, a. XXII, 2009, n. 1
Trimestrale di teatro e spettacolo

a. XXII, 2009, n. 1, pp. 127, euro 9,00

Non sono pochi gli oggetti preziosi esposti nella “Vetrina” del nuovo numero di «Hystrio». L’apertura spetta al teatro Alexandrinskij di Pietroburgo costruito nel 1829-1832 dall’architetto Carlo Rossi, oggi ritornato al suo antico splendore (ospitò rappresentazioni di testi di Nicolaj Gogol e Anton Cechov, fu diretto da Vsevolod Mejerchol’d) dopo il decadimento degli anni staliniani e brezneviani e il periodo posteriore alla fine del regime comunista. Protagonisti della rinascita sono il sindaco, che ha commissionato la restaurazione dell’edificio, e Valerij Fokin, regista in carica dal 2002 e salito alla ribalta europea con l’allestimento di Matrimonio di Gogol. Si prosegue con Jean – Luc Lagarce, regista e drammaturgo morto a trentotto anni di AIDS. Nel 2008 in Francia è stato al centro di un imponente recupero, con convegni, allestimenti e nuove edizioni di vecchie opere. Autore prolifico (25 piecés), Lagarce propose un repertorio dominato da storie sciagurate vissute da personaggi dimessi, timidi e timorosi, come emerge nell’opera più famosa, Juste la fin du monde, recentemente trasferita sul palcoscenico del Piccolo Teatro di Milano da Luca Ronconi assieme a Les prétendants. Si rimane in una dimensione internazionale con l’intervista a Krzysztof Warlikowskj, giovane regista polacco che parla della difficile situazione teatrale e culturale del suo paese. La messinscena di Cleansed di Sarah Kane e Angels in America di Tony Kushner hanno prodotto polemiche e reazioni di scandalo. Si chiude con un servizio dedicato alla diffusione del teatro in video. Il mercato è dominato dalla Fabbri Editrice con la pubblicazione dei materiali tratti dai ricchi archivi Rai, alla quale si affianca Teatro Incivile, la collana di dvd allegata al quotidiano «l’Unità».

“La questione teatrale” di Ugo Ronfani affronta il problema della prevista riduzione delle sovvenzioni statali elargite dal Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS), secondo un piano di restrizione delle spese pubbliche a fronte della crisi. Vero è, scrive il fondatore della rivista milanese, che «I vari governi della Repubblica – destra, sinistra, centro – hanno relegato la cultura, teatro compreso, fra le loro preoccupazioni minori.». In “Teatro sociale” si dà notizia di due iniziative particolari e uniche nel panorama nazionale e internazionale: l’incontro tra il teatro e la malattia oncologica avviato dal progetto “Cantiere Teatrale San Giovanni Antica Sede – Narrare la malattia” a Torino e “Progetto Amazzone” di Palermo. La trasformazione di una malattia in materiale drammaturgico ha prodotto una serie di spettacoli di pregevole qualità artistica, da Cassandra on the road di Lina Prosa a Passioni. Cabaret concerto, drammaturgia e regia di Alessandra Rossi Ghiglione.

Il nuovo appuntamento con lo Speciale dedicato alle regioni italiane è fissato con Marche/Umbria/Abruzzo/Molise. Pierfrancesco Giannangeli si occupa della situazione marchigiana che attende l’approvazione imminente di una legge regionale sullo spettacolo dal vivo per rafforzare il peso culturale di AMAT (Associazione Marchigiana Attività Teatrali), Teatro delle Marche, Inteatro e Teatro del Canguro. Importante è il contributo di Carlo Cecchi, da alcune stagioni regista dello Stabile, per il quale ha realizzato pregevoli allestimenti (il molieriano Tartufo e Claus Peymann compra un paio di pantaloni e viene a mangiare con me di Thomas Bernhard). Un ruolo non trascurabile spetta ai festival sparsi nel territorio. Spicca InteatroFestival di Polverigi, attivo dal 1977, e, tra i tanti, si ricordano Teatralia di Pesaro riservato ai ragazzi, Crocevia, il Festival Nazionale d’Arte Drammatica per le compagnie amatoriali. Le interviste a Raimondo Arcolai, direttore del Teatro Stabile delle Marche, e a Gilberto Santini, direttore dell’Associazione Marchigiana Attività Teatrali, illustrano e approfondiscono le iniziative e le linee culturali delle singole istituzioni. Il contributo di Simone Gallinella si occupa dell’Umbria. Primeggia il Teatro Stabile, vero e proprio motore in quanto, oltre a gestire il Teatro Morlacchi, coordina le attività di altri sedici teatri del territorio. Le produzioni commissionate a importanti registi italiani, ultimo dei quali Antonio Latella, hanno favorito la crescita dell’ente e il suo posizionamento nei quartieri alti della scena nazionale. Sono attive diverse compagnie che operano a livello regionale. La danza è esperienza artistica poco diffusa e limitata alle esperienze dei Dèja Donné e di Oplas. Il settore degli spettacoli d’opera compete al Teatro Lirico Sperimentale Andriano Belli. In Abruzzo, come spiega Roberto Rizzente, la situazione è in evoluzione grazie alla recente nomina di Alessandro Gassman a direttore artistico del Teatro Stabile, mentre faticano ad emergere le numerose compagnie indipendenti. Carenza di spazi per l’esercizio dello spettacolo e gli effetti di un sistema teatrale nazionale che penalizza i centri minori, determinano per il Molise un quadro desolante e tristemente relegato alla solitudine.

Il viaggio nella scena internazionale di “Teatromondo” parte da Berlino, dove due importanti registi hanno curato la messinscena di testi shakesperiani. Thomas Ostermeier cosparge il palcoscenico della Schaubühne di terriccio fangoso, ricorre a strumenti tecnologici e al suono stridente di una chitarra rock per ambientare Hamlet nella contemporaneità, assecondato dalla bravura degli attori principali, Lars Eidinger nel ruolo del titolo e Judith Rosmair (Ofelia). Twelfty night firmata da Michael Talheimer si svolge in uno spazio vuoto, anche questo ricoperto di fanghiglia, per dare risalto alla profondità della parola del Bardo, affidata all’interpretazione di Sven Lehmann (Malvolio), Ingo Hülsmann (Olivia) e Stefan Konarske. La ricognizione berlinese si completa con la segnalazione di Tal der fliegenden Messer firmato da René Pollesch. La tappa successiva dell’itinerario è fissata al Festival d’Automne di Parigi, che ha attirato l’attenzione di pubblico e di critica con una trilogia dedicata ad August Strindberg. Julie, Janet Kristine, regia di Margarita Mladenova, sintesi di Signorina Giulia, è ambientata nella cucina dei sotterranei di un castello. La stessa regista firma Danza di morte mantenendo un ritmo di recitazione vertiginoso. Qualche perplessità ha suscitato Strindberg a Damasco, itinerario biografico di Georg Teneve e Ivan Dobchev. Inghilterra, Australia e Stati Uniti condividono l’orientamento di diversi teatri ad affrontare concretamente tematiche ambientali, sulla scia dell’esperienza pionieristica dello scozzese Swallow Theatre che per primo installò pannelli solari. E’ Londra la città guida nella politica della riduzione dei consumi e nell’uso dei materiali riciclati, come dimostrano l’ArcolaTheatre, il Nathional Theatre e il Dominion Theatre. A ruota seguono, pur distanziati, i teatri di Melbourne, Philadelphia, New York e San Francisco. L’edizione 2008 del Dublin Theatre Festival si è caratterizzata tanto per la sua vocazione internazionale quanto per l’impulso dato alle produzioni nazionali. Il linguaggio dello spettacolo declina innovazioni e sperimentazioni nell’indagine dei mutamenti dell’identità irlandese nel XXI secolo. Tra i tanti allestimenti di qualità emergono Dodgems della compagnia multietnica di teatro-danza CoisCéim e You are here del Living Space Theatre. Vive una situazione di stasi e di attese la drammaturgia balcanica, dopo i contributi offerti da autori di statura europea come Dejan Dukovski (La polveriera, 1994) e Biljana Srbljanovic (Trilogia di Belgrado, 1996). Emblematica in merito è la commedia Dall’altro lato, scritta nel 2007 da due autori e registi croati, Natasa Rajkovic e Bobo Jelcic. In bilico tra depressione e mancanza di amore, l’opera diventa metafora di Zagabria, incerta tra difesa del passato e apertura al futuro.

Compete a Claudia Cannella la cura del dossier dedicato a Jerzy Grotowski, omaggio della rivista milanese in occasione dei dieci anni dalla morte del maestro e dei quaranta dalla fondazione del Teatro Laboratorium. Marco De Marinis approfondisce il concetto di “Arte come presentazione”, basilare per la pratica del cosiddetto Teatro povero, ossia la visione di un teatro riportato alla dimensione “biologica e spirituale” nell’incontro tra pubblico e attore, come realizzato negli spettacoli memorabili degli anni Sessanta. Punto di arrivo di questa ricerca è “l’Arte come veicolo” che tende ad alimentare effetti ed emozioni nello spettatore ma soprattutto nell’attore. La situazione della pubblicazione del ricco materiale prodotto da Grotowski è affrontata da Antonio Attisani, che sottolinea la necessità di rivedere criticamente i criteri di traduzione del celebre Per un teatro povero (Bulzoni, 1970) propone, per esempio, un nuovo titolo, Verso il teatro povero. Massimo Marino intervista Maurizio Buscarino, noto fotografo che parla del servizio di Apocalypsis cum figuris realizzato nel 1979 al Palazzo Reale di Milano. In Italia la lezione del maestro polacco fu assunta soprattutto dal Teatro delle Fonti a partire dagli anni Settanta con seminari, Workshop e progetti vari, come ricorda Renata M. Molinari, alla quale si affianca Carla Pollastrelli, che ripercorre la storia del Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale avviato a Pontedera nel 1974, frequentato da Grotowski nel 1982 e nel 1984. Segue il contributo di Fabrizio Sebastian Caleffi, che si occupa delle polemiche alimentate da Jean Potocki a Roman Polanski in merito alla Classe morta e al Principe Costante. Prezioso è l’intervento di Thomas Richards, stretto collaboratore del regista, oggi direttore con Mario Bigini del Workcenter di Pontedera. Illustra “Open Program”, un progetto aperto indistintamente a tutti e per periodi più o meno lunghi, e spiega le caratteristiche di The Letter, prima noto come An Action in Creation, da lui stesso diretto. Luisa Tinti affronta il rapporto controverso di Grotowski con il supporto audiovisivo. Oltre a ricordare lo spettacolo Akpopolis ripreso da Peter Brook, ricostruisce le vicende del Principe Costante, prezioso documento recentemente restaurato con tecnologie digitali. Il dossier Grotowski si conclude con Sisto Dalla Palma, che racconta un incontro milanese avvenuto nel 1979, il “Grotowski grottesco” di Fabrizio Sebastian Caleffi, una breve rassegna stampa del Principe Costante (Spoleto, 1967) e Apocalypsis cum figuris (Biennale di Venezia, 1975 e Milano, 1979).

La “Biblioteca”, affidata alla cura di Albarosa Camaldo, segnala le più recenti novità editoriali, divise tra saggi e testi. La sezione di «Hystrio» dedicata alle “Critiche” raccoglie le recensioni degli allestimenti teatrali più recenti prodotti in Italia e ordinati secondo criteri geografici. “Drammaturgia” è occupata da un’intervista a Laura Curino, della quale in “Testi” si legge Adriano Olivetti scritto assieme a Gabriele Vacis. Chiude questo corposo numero della rivista milanese “La società teatrale notiziario” curata da Roberto Rizzante e Altre Velocità.




Massimo Bertoldi


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