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Simona Brunetti

Autori, attori, adattatori

Drammaturgia e prassi scenica nell'Ottocento italiano

Padova, Esedra Editrice, 2008, pp. 181, euro 19.50
ISBN 88-6058-086-2


Dal solco del lavoro di Umberto Artioli, che circa dieci anni fa avviò un progetto di studio sul sistema dei ruoli in Europa, nasce questo studio di Simona Brunetti, ricercatrice presso l’Università di Verona. Partendo dall’assunto, già dimostrato a suo tempo da Artioli, secondo cui le traduzioni italiane di testi francesi sono trasposizioni libere che permettono ai copioni tradotti di adattarsi alla struttura delle compagnie italiane ottocentesche, l’autrice indaga quali siano stati i diversi approcci alla drammaturgia d’Oltralpe, rintracciandone le motivazioni nelle scelte dell’attore, dell’autore e dell’adattatore.

L’autrice prende in esame il caso emblematico del Kean di Dumas padre che Gustavo Modena porta in scena a partire dal 1844. Confrontando l’originale dumasiano e le due traduzioni di C.G.Tallone, edite da Giacinto Battaglia nella illustre collana Il florilegio drammatico, con il copione del Kean usato da Modena (conservato alla Biblioteca del Burcardo di Roma) emerge come l’attore operi la riscrittura di alcune parti del testo. L’esigenza di contenere il numero degli interpreti e di creare un protagonista in linea con i propri ideali, romantici e politici, spinge Modena a tagliare alcuni personaggi e a far confluire parte delle loro battute su Kean stesso. La Brunetti mette in luce come il rimaneggiamento risenta fortemente della passione politica dell’attore, che enfatizza la grandezza morale del protagonista, caratterizzandolo in netta antitesi alla classe aristocratica.

Lo studio si concentra poi sulla drammaturgia d’autore con una lettura attenta de Il poeta e la ballerina di Paolo Giacometti, portato in scena nel 1841 dalla compagnia Giardini-Woller-Bellati. La ricercatrice sostiene che quest’opera sia esempio di come molto spesso la stesura di una pièce ottocentesca non escluda l’apporto del lavoro degli attori per i quali il testo è stato scritto. E’ stato infatti rinvenuto, ancora nella Biblioteca del Burcardo, un copione della commedia antecedente la versione a stampa: il confronto con il testo edito successivamente dimostra che, pur rimanendo inalterato l’impianto scenico, numerose sono le varianti introdotte dal drammaturgo prima della pubblicazione, varianti che la Brunetti, grazie ad una attenta analisi delle didascalie, ascrive al lavoro fatto con gli attori direttamente in scena.

Viene preso in considerazione anche il testo di Paolo Ferrari, Goldoni e le sue sedici commedie, uno fra i più significativi della drammaturgia italiana ottocentesca. Allontanandosi dalle ormai invecchiate critiche, che hanno rintracciato nella commedia solo i segni dell’imitazione di Goldoni, la ricerca mette in luce la componente metateatrale del testo e svela come le convenzioni teatrali di metà ottocento abbiano fortemente condizionato l’autore. Seguendo la teoria di Siro Ferrone, secondo il quale il sistema dei ruoli è un codice di procedure che si adegua alla temperie sociale, lo studio analizza il modo in cui Ferrari opera un “mascheramento” dei tipi goldoniani, ispirandosi, più che ai Mémoires, alla realtà a lui contemporanea. E’ così che la Rosina di Ferrari, pur essendo una servetta, ha le connotazioni di una amorosa o di una attrice giovane, o così pure per il suggeritore che acquista valore passando da caratterista a brillante.

L’attenzione della ricerca si rivolge quindi al mestiere dell’adattatore analizzando il caso emblematico di Luigi Enrico Tettoni, autore della versione italiana de La Signora delle camelie di Dumas fils, già scandagliata dalla Brunetti stessa in un suo precedente lavoro. Dallo studio di alcune opere di Emile Augier (Il genero del Signor Poirier, Il Figlio di Giboyer ovvero i clericali e Il notaio Guerin) riadattate da Tettoni, risulta come il suo lavoro di traduttore si collochi in bilico tra l’adesione ai principi etici dell’autore stesso e le convenzioni teatrali vigenti.

L’ultimo capitolo del volume è dedicato alla figura del raissoneur, viveur parigino portatore dell’ideologia del pubblico moderato, analizzato qui in Le demi-monde di Dumas fils. L’autrice ne rintraccia le implicazioni drammaturgiche e linguistiche nelle trasposizioni italiane evidenziando come, non esistendo nelle compagnie italiane un ruolo adeguato al personaggio francese, gli adattatori si vedano costretti a spostare il baricentro di questa figura, critica ma anche frizzante e acuta, verso un registro più compassato. Attorno alla fine del secolo, a dimostrazione di come la pratica scenica influisca sulla struttura delle compagnie, viene rintracciata la nascita di una variante nobile nel ruolo del brillante e del primo attore comico in grado di comprendere anche il ruolo del viveur parigino. Seguendo l’evoluzione della figura del raisonneur, l’analisi tocca anche i primi anni del Novecento per capire in quale modo questa figura trovi spazio anche nella drammaturgia pirandelliana.

Lo studio non perde mai di vista la pratica scenica che, come ampiamente dimostrato, influisce pesantemente sulla drammaturgia, italiana o francese, ottocentesca. Inoltre, al fine di una analisi del panorama del secolo preso in esame, risulta significativa la riflessione avviata dalla Brunetti su tutte quelle figure che intervengono sui testi fino quasi a modificarne i temi portanti. In particolare, il lavoro dell’adattatore, soprattutto da testi francesi, meriterebbe un ulteriore approfondimento, considerando l’ingente mole di opere tradotte, e dunque “italianizzate”, che inonda il mercato italiano a metà ottocento grazie a ricche collane editoriali come quella del Florilegio Drammatico.

Chiara Bettinelli


La copertina del libro

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