Con un titolo che si rifà esplicitamente al capolavoro di Jean-Paul Sartre – Huis clos, in italiano: A porte chiuse – Andrea Mancini ha voluto aprire una importante riflessione attorno allormai diffusissima pratica del Teatro in carcere. A scene chiuse, edito da Titivillus, è una preziosa documentazione delle diverse esperienze che dagli anni Ottanta si sono diffuse in tutta Italia. Si tratta in gran parte di fotografie, provenienti da tutte le regioni – con unintera sezione dedicata alla Toscana – ma anche dallestero – non molte, scattate a Berlino. Vi è poi una antologia di testi a firma di grandi artisti e studiosi del teatro contemporaneo: da Judith Malina a Claudio Meldolesi, da Armando Punzo a Ferdinando Taviani.
Ma la prima metà del volume è dedicata a una precisa indagine condotta da Massimo Marino per poter meglio capire il fenomeno. Dopo aver ripercorso tutta la legislazione relativa alle attività di svago negli istituti penitenziari, Marino ripensa alla storia delle prime iniziative spettacolari nei carceri italiani: fu in seguito alla torunée dellergastolano Rick Cluchey – poi graziato – di San Quentin (la più antica e durissima prigione della California) che si iniziò a parlare anche da noi della questione, che ebbe poi come pionieri Luigi Pagano (a Brescia e a San Vittore) e, poco dopo, Armando Punzo (a Volterra).
Il nucleo fondante dello studio è però una ricerca condotta, tramite un questionario, in tutti gli istituti di pena italiani, con risposte provenienti da 113 carceri di 18 regioni dello Stivale. Il primo riscontro è che in più dell85% delle prigioni si svolgono attività teatrali. Lindagine prosegue cercando di individuare la durata di queste esperienze e i risultati ottenuti: si rileva, purtroppo, che più del 40% dei detenuti considera poco soddisfacenti i laboratori del proprio istituto. Marino ha poi voluto approfondire la questione intervistando alcuni dei protagonisti di queste esperienze; nelle sue conclusioni ha notato una mancanza di omogeneità fra le diverse proposte italiane, non ci sono i finanziamenti necessari, e nemmeno strumenti che permettano di valutare il lavoro svolto.
Segue un censimento di tutte le compagnie che si occupano di teatro in carcere in Italia, con una breve storia, nonché una cronologia degli spettacoli e dei riconoscimenti ottenuti. Il già citato cospicuo apparato iconografico documenta – con immagini che riproducono non solo il momento spettacolare, ma anche il suo contesto – gli ultimi dieci anni di Teatro in carcere in Italia. In coda al volume, lAntologia di testi è destinata a brevi riflessioni sul tema: oltre ai nomi già citati hanno scritto Cristina Valenti, Mario Gozzini, Giuliano Scabia e lo stesso Marino. Lopera si conclude con una lunga intervista a Punzo a cura di Andrea Mancini.
di Gherardo Vitali Rosati
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