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A Cura di R. Bruni R. e L. Bellini

Itinerario per la terraferma veneta nel 1483 di Marin Sanuto


Padova, Cleup, 2008, pp. 384, €75.00.
ISBN 978–88–6129–216–1

È un bellissimo libro questa ristampa di un classico della storia del Rinascimento, realizzato da Roberto Bruni e Luisa Bellini con il patrocinio  di provincie lombarde friulane emiliane e venete, oltre che, ovviamente, della Regione Veneto ma, soprattutto, con il contributo di documenti manoscritti, carte e illustrazioni (circa novecento) provenienti dagli archivi, dalle biblioteche e i musei di numerose località del nord. Un libro che, raccontando di un antico viaggio, consente al lettore di calarsi nella storia come in uno spettacolo itinerante raccontato da un cronista curioso e brillante.


Ha solo diciassette anni, Marin Sanuto (1466 – 1536), quando accompagna il cugino Marco e altri giudici (“auditori nuovi alle sententie”, una corte d’appello itinerante) in missione nella terraferma della Repubblica. Mentre si comminano sentenze e pene per reati locali, il giovane cronista annota tutto quanto incontra: dalla partenza di Venezia alle rive del Po di Ferrara, da qui  ai confini del ducato di Mantova e poi al lago di Garda e oltre fino a Bergamo, per arrivare al nord del Trentino, al Friuli e alla penisola istriana. Un viaggio fatto di sessanta tappe tutte descritte con precisione di particolari. Più tardi con analoga e più matura capacità cronistica il Sanuto comporrà un repertorio monumentale (i cinquantotto libri dei Diarii) della vita pubblica di Venezia osservata tra il 1496 e il 1533.


 

La prima bozza del diario del 1483 fu composta dal Sanuto durante il viaggio stesso, successivamente l’autore ne curò una trascrizione in bella copia. Ma solo nel 1847 questa venne pubblicata (con interventi filologici che ne resero leggibili le parti più ostiche, ma nel rispetto dell’originale) dallo scozzese, ma veneziano d’elezione, Rawdon Brown (1803 – 1883) a Padova presso la Tipografia del seminario; di questa è stata fatta nel 1981 un’edizione anastatica, con un utile commento, a cura dell’Editoriale Insubria. Un’altra versione dello stesso documento, probabilmente la prima bozza, fu pubblicata poco dopo (in “Archivio veneto”, a. 12, 1881) da Rinaldo Fulin, che poi dirigerà sul finire del secolo XIX anche la monumentale trascrizione in 58 libri di tutti i Diarii del Sanuto. 



La presente edizione propone la versione del Brown con a fronte una sorta di traduzione “dal veneto antico all’italiano moderno” che cerca “di mantenere la sintesi e il carattere derivante da una lingua parlata” (p. 18). A fianco di questi due testi è offerta una scelta di passi significativi della versione trascritta dal Fulin. Accompagna e scandisce tutte le narrazioni la foltissima raccolta di immagini per lo più risalenti al XV e XVI secolo. Al lettore moderno è così offerto di rivivere quel lontano itinerario secondo una prospettiva praticamente multimediale.


Il convoglio su cui viaggiò il Sanuto era composto da venti persone, una quindicina di cavalli e tre o quattro carri che percorsero, in 171 giorni (dalla metà di aprile al 3 ottobre) quasi 2000 chilometri, tre terzi dei quali a cavallo e un terzo per fiume. Ma è lungo i corsi d’acqua che si accende maggiormente la narrazione del cronista. Dalle chiuse veneziane, che consentono il trasbordo dei passeggeri e delle merci dalla laguna alla Brenta e viceversa, alle complicate peripezie lungo la valle padana fino alle porte della nemica Ferrara, allora in guerra, da un anno, contro la Serenissima, il viaggio ci riporta nel cuore della storia civile, ma anche militare, del tempo: a Francolino, porto fluviale importante, il viaggiatore osserva il sistema di rifornimento delle vettovaglie destinate ai soldati. Dai margini del ducato gonzaghesco all’estrema roccaforte di Bergamo il lettore invece può rivivere à rebours l’itinerario che gli emigranti bergamaschi percorrevano per andare a lavorare, come marinai ma più spesso come facchini, nel porto della capitale, prima di diventare i personaggi caratteristici della Commedia dell’Arte: e non a caso il narratore, proprio nei paraggi di Bergamo, si imbatte in gruppi di profughi.

Il viaggiatore scruta spesso le costruzioni militari e gli ammodernamenti (o i restauri) dei sistemi di difesa resi necessari dall’accelerazione degli armamenti e dall’introduzione dell’uso delle polveri da sparo. Ma non è solo militare la cronaca, c’è anche quella civile dedicata ai mercati, quella riservata – come in una guida turistica contemporanea – ai piatti, ai vini e alla gastronomia locali, alle feste e a i costumi cittadini, oppure quella relativa alle curiosità artigianali. Insomma, il diario, relativamente ingenuo, si presenta talvolta anche come un saggio di antropologia e folklore, oltre che come un documento di storia. Ogni lettore potrà cavarne – a seconda dei propri interessi – stimoli e informazioni non superficiali anche se il tono della narrazione è spesso talmente leggero e divertito da far dimenticare che quello era in realtà un periodo di guerra. Ma guerreggiata senza ancora utilizzare a fondo le armi da sparo, quando le trattative diplomatiche erano più intense delle operazioni militari e aperte a un margine di conciliazione proporzionato alla disinvoltura con cui i governanti di allora erano disposti a cambiare schieramento e alleanze.


Il pregio dell’opera risiede anche nell’armonia con cui i curatori hanno saputo conciliare la chiarezza dell’editing testuale con la ricchezza dell’apparato iconografico. È questo concerto di informazioni e di visioni che rende il libro gradevole oltre che istruttivo. Il viaggio di Sanuto non è solo un recupero erudito del tempo passato ma una reviviscenza di quel tempo, drammatico e leggero. La lettura consente a chi si interessa, non solo di geografia o idraulica o di storia locale, ma anche di storia materiale del Rinascimento, di comprendere come le comunicazioni stradali e  fluviali fossero alla base della cultura anche letteraria e artistica del tempo.

La poesia di Ruzante e Ariosto, ad esempio, i due artisti che su quel territorio vissero un’intensa vita teatrale e letteraria, non è comprensibile se non si tiene conto proprio di questo bacino idrografico. L’uno a Ferrara e l’altro a Padova dovettero più volte percorrere gli itinerari che descrive il Sanuto e su quelle strade d’acqua, prima che, alla fine del secolo seguente, i sentieri battuti dai cavalli diventassero prevalenti, annodarono i loro destini artistici. Scrisse l’attore e scrittore padovano allo scrittore ferrarese: “ho penato finora a trovare tanti recitanti che bastassero per la comedia, pur io gli ho ritrovati et udito il dir loro et stimo che serà ben detta, et che di qui ad otto o dieci giorni al più serà all’ordine per potersi recitare [...]. Io non venirò innanzi, per venire in barca insieme con gli compagni, che mi scuserà per provarla”. Siamo nel 1532, la via d’acqua che il Sanuto aveva saggiato è ancora la viva arteria del nord. Lungo quel percorso, di pari passo con i commerci, si svilupperà tutta la storia artistica del Cinquecento padano in un intenso intersecarsi di storie e tradizioni.

Per questo motivo il diario del Sanuto è qualcosa di più di un ricordo personale o un documento di erudizione. È  quasi la radiografia di un laboratorio culturale ancora oggi tutto da scoprire.



di Siro Ferrone


Itinerario per la terraferma veneta nel 1483 di Marin Sanuto

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