Colpito dallAids, mentre lottava contro la cecità, Derek Jarman scrisse, come Johann Wolfgang Goethe, il suo trattato dei colori raccolto nelle pagine di Chroma, che ubulibri ristampa dopo la fortunata edizione del 1995 nella traduzione firmata da Silvio Danese. Regista, scenografo, pittore e scrittore, Jarman dedicò la sua opera ad Arlecchino "pezzente e povero cristo con le sue toppe rosse, blu e verdi. Briccone mercuriale con la maschera nera. Camaleonte che prende ogni colore. Acrobata aereo che salta, balla e fa le giravolte. Figlio del caos." E lo spirito della maschera, ora demoniaco ora beffardo, aleggia come unombra tra le pieghe del libro, che incrocia momenti estatici, multiformi manifestazioni biografiche, segmenti di storia dellarte, girandole di immagini, aneddoti, poesia.
La rassegna dei colori inizia con il bianco, il colore dellinfanzia, dominante nella descrizione di una cartolina del 1906 che fotografa un gruppo di fanciulle eduardiane in lunghi abiti, fonte ispiratrice di una serie di quadri. Il bianco scandirà più tardi i drammatici ritmi della malattia: "Odio il bianco…Inghiotto le pillole bianche per restare vivo, per combattere il virus che sta distruggendo i globuli bianchi del mio sangue". Se il "vedere rosso" significa passione omosessuale, con la "materia grigia" si entra nel gioco oscuro delle ombre e si incontrano in una sorta di dialogo immaginario Andrea Mantegna, Samuel Beckett e William Burroughs. Il verde costituisce per Jarman unesplosione di vita, è il colore degli anni Settanta e delle avventure psichedeliche. Il marrone rappresenta il ritorno alla malinconia evocata dai ritmi lenti dellinverno. Passando attraverso il giallo e larancione, le riflessioni sullarte di Leonardo e Michelangelo, si arriva al capitolo più bello del libro, che colpisce per lintensità e il calore della scrittura. Si intitola "Nel blu" e lautore pennella una catena di immagini fulminanti, di frammenti di vita. Il blu corrisponde al colore delleternità e del Giappone ("gli abiti da lavoro, il blu dei tetti delle case"), il ricordo delle "strade devastate di Sarajevo", è lamore universale in cui luomo si abbandona", nonché "paradiso terrestre". Si trasforma infine in colore che accompagna il calvario esistenziale di Jarman, come racconta lo stesso nelle pagine di questo capitolo ("il blu è loscurità resa visibile").
Chroma procede il suo viaggio cromatico con il rosa dei corpi di Pontormo e il viola del fazzoletto di Desdemona nellOtello di Giuseppe Verdi. Seguono le inquietudini del nero e, per concludere, una misteriosa "Traslucenza", ricca di fantasmi e di strane figure.
Alla fine di questo itinerario cromatico sembra che lo sguardo di Jarman si stia definitivamente smarrendo nel nulla delloblio e si riaffaccia prepotente limmagine iniziale di Arlecchino. Immagine che ora tende a diventare amara e sfuocata, ma luminosa nel ricordo di questo grande artista.
di Massimo Bertoldi
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