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Il castello di Elsinore, n. 57, a. XXI, 2008


n. 57, anno XXI, 2008, pp. 133, € 18.
L’ultimo numero del «Castello di Elsinore» si apre con un saggio di Marzia Pieri dedicato al teatro senese del Cinquecento. Col titolo Siena e il DNA della commedia rinascimentale, la studiosa propone di utilizzare la città del Palio come un osservatorio privilegiato per lo studio del teatro del Rinascimento: parla di un habitat che «come le Galàpagos di Darwin, si è mantenuto relativamente separato e dunque in grado di riprodurre in miniatura e completezze un patrimonio di esperienze stratificate e molteplici». Descrivendo le vicende dei Rozzi, degli Intronati e degli altri attori della scena rinascimentale senese, Marzia Pieri sottolinea che il protagonista assoluto di questo teatro fu il pubblico: un pubblico femminile, giovanile e cittadino, ben diverso, dunque dalle platee cortigiane. Quando invece, all’inizio del Seicento, diventerà un pubblico “cortigiano” «l’esperienza teatrale senese potrà dirsi conclusa».

 Il rapporto fra L’attore e il personaggio nella recitazione tedesca è invece studiato da Sonia Bellavia attraverso la figura di Josef Kainz, attore sui generis della scena austriaca che Heins Kindermann aveva paragonato, nel 1967, ad Eleonora Duse: entrambi avevano saputo proporre un nuovo stile che proponeva possibilità alternative rispetto all’estetica naturalista. Partendo dalle concezioni teoriche del tardo Illuminismo, il saggio descrive la nascita di una nuova idea di recitazione che avrebbe portato, fra Otto e Novecento, a sostituire la recitazione come “incarnazione” nata, nel teatro di lingua tedesca, alla fine del Settecento. In questo particolare cambiamento di moduli recitativi Kainz – su cui sono incentrati gli ultimi paragrafi del saggio – apparve, intorno agli anni Novanta del XIX secolo, come un pioniere.

Col suo Joanna Baille: il teatro della passione, Paola Degli Esposti propone un’analisi dell’opera teorica della drammaturga scozzese che nel corso della sua lunghissima vita – nacque nel 1762 e morì nel 1851 – riscosse la stima di Lord Byron e di Walter Scott, ma che in seguito fu assai trascurata dalla critica. Concentrandosi in particolare sul suo Introductory Discourse (1798), il saggio espone i principali tratti della poetica della Baille. Tratto fondamentale dei suoi scritti teorici è la sympathetic curiosity, il sentimento di comunanza che lega gli uomini , la percezione di una somiglianza, che induce gli essere umani a studiare  con curiosità i propri simili. Colpisce l’attenta descrizione della Baille dell’atteggiamento con cui il pubblico assiste alle pubbliche esecuzioni: in esse l’uomo è colpito dalle forti emozioni di chi si trova in punto di morte.

Dopo aver presentato le prime, poco fedeli, traduzioni dell’Othello che dal 1745 iniziarono ad apparire in Francia, Elena Randi propone un’accuratissima analisi dell’Othello di Vigny, rappresentato alla Comédie Française il 24 ottobre del 1829. È tempo di sdoganare Pirandello è un invito lanciato da Roberto Alonge alla critica perché si studino le lettere, pubblicate nel 1995, che il drammaturgo scrisse a Marta Abba. Se fu la critica marxista a scoprire Pirandello, disegnandone un «ritratto da santino», queste lettere fanno emergere una personalità di tutt’altro tipo, omofoba e razzista.

Nella sezione Materiali, Roberto Trovato propone Attori del sottosuolo: da Paolo Poli a Carmelo Bene, ovvero il trionfo della recitazione, un saggio in cui, partendo da un’intervista rilasciata da Bene a Quadri nel 2000, lo studioso ripercorre la vitalità teatrale che si concentrava, negli anni Cinquanta, intorno alla Borsa di Arlecchino di Genova. Spettacoli è invece dedicato all’Edipo a Colono di Ruggero Cappuccio, attraverso un dettagliato resoconto firmato da Roberta Alongi.




Gherardo Vitali Rosati


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