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Theatre Research International


vol. 33, n. 1, Marzo 2008
ISSN 0307-8833

L’editoriale presenta la conferenza internazionale della International Federation of Theatre Research (IFTR/FIRT) tenutasi nell’estate del 2007 presso la Stellenbosch University in South Africa. Il primo numero della rivista intende porre l’accento sul livello di interesse verso il teatro africano da parte di non africani.

Femi Osofisan, con il suo Literary Theatre after the Generals: A Personal Itinerary intende fare il punto sul teatro africano dopo le dittature che hanno caratterizzato il passato mezzo secolo degli Stati africani a sud del Sahara, evidenziando che in alcuni casi si trattava di regimi militari, mentre in altri erano governi democratici, fermo restando che la classificazione dipende dal metodo usato. Mimesis and the Historical Imagination: (Re)Staging History in Cape Verde, West Africa, di McMahon, è un’indagine sui cambiamenti che avvengono nel momento in cui sono portate in scena storie tramandate solo oralmente. Etnia e storia coloniale sono inscindibili dal concetto nazionale di identità culturale, e rappresentano le fondamenta di molte produzioni teatrali in Capo Verde. Tramite l’analisi di due rappresentazioni basate sulla storia locale sono esplorati due concetti: da un lato è indagata l’incidenza che l’auto-consapevolezza teatrale ha sulla storia locale messa in scena ad un festival internazionale. Dall’altro, viene analizzato l’impatto del festival stesso e della copertura mediatica  sul modo di narrare la storia nazionale.

Il contributo di Stèphanie Bérard, From the Greek Stage to the Martinican Shores: A Caribbean Antigone, analizza Une Manière d'Antigone (1975), di Patrick Chamoiseau, che fonde la mitologia greca con la storia della Martinicca. Stèphanie Bérard mette a confronto il personaggio principale delle due opere nel tentativo di cogliere lo stacco fra l’Antigone caraibica ed il suo corrispettivo greco. Inoltre, l’autrice dell’articolo riconosce a Chamoiseau una forte affermazione politica: nel trasporre il mito greco su di un palco nazione egli riafferma la propria ferma opposizione al governo francese. La riscrittura dell’Antigone rende possibile la riappropriazione e rivalorizzazione di una storia dimenticata, ponendo al tempo stesso l’accento sulla necessità di emancipazione politica e letteraria.

Yvette K. Khoury propone Akhir Yom (The Last Day): A Localized Arabic Adaptation of Shakespeare's Romeo and Juliet, che esplora la versione araba di Romeo e Giulietta, messa in scena per la prima volta a Beirut. La rappresentazione mette in discussione la nostra percezione dell’ “altro” nel teatro arabo, nel momento stesso in cui questo si interroga sull’intraculturalismo all’interno dei conflitti del Medio-Oriente. Al tempo stesso fa riflettere su come dovrebbero essere affrontate le interpretazioni di Shakespeare a livello locale in un contesto globale. L’articolo sottolinea la fluidità del campo di ricerca shakespeariano e le instabilità delle divisioni culturali tra est ed ovest.

Pürnur Uçar özbirinci, con il suo intervento Intercultural Theatre? A Streetcar Named Desire on the Turkish Stage propone uno studio della teoria della rappresentazione multiculturale. Lo scopo primario è quello di spostare e traslare elementi e prospettive attraverso le culture. Sta poi a chi materialmente opera la traslazione – lettore, pubblico, regista – riempire le lacune generate dal processo con le proprie interpretazioni, secondo la cultura di appartenenza. È però necessario sottolineare che tale tipo di messa in scena richiede la volontà di fondere due differenti culture. Il processo dovrebbe mettere in gioco tanto il coinvolgimento del pubblico quanto la percezione della cultura dell’originale. In virtù di ciò, la produzione del  regista del Teatro Nazionale Turco Ferdi Merter, A Streetcar Named Desire, è stata analizzata per individuare i cambiamenti apportati da questa interpretazione.

L’ultimo contributo alla rivista è opera di Erika Fischer-Lichte, e si intitola Reality and Fiction in Contemporary Theatre, che analizza la particolare esperienza estetica generata dalla rottura dalla dicotomia dei due concetti di ‘reale’ e ‘fittizio’. La tensione tra i due elementi è sempre stata una caratteristica di tutti i tipi di teatro. Recenti sviluppi nelle rappresentazioni europee hanno enfatizzato tale tensione, che è esaminata in questo articolo, con particolare riferimento al corpo dell’attore, e allo spazio teatrale. L’autore argomenta che esistono due situazioni: il mondo reale, che pone una precisa barriera tra i due elementi, e il mondo scenico, dove la separazione è labile. Anche l’esperienza estetica generata dalla rappresentazione diviene liminare, e pertanto viene rimesso in discussione il concetto stesso, così centrale a tutte le  forme di arte occidentali a partire dal 1800.





Carlo Lorini


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