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Il castello di Elsinore


Il castello di Elsinore, a. XX, n. 56, 2007
ISSN 0394-9389

Il numero si apre con un saggio di Francesco Carpanelli, che, tramite uno studio delle fonti  indirette, propone un confronto fra l’Antigone di Sofocle e quel che fu l’Antigone di Euripide. Solo pochi frammenti restano della tragedia euripidea che potrebbe esser stata rappresentata fra il 413 e il 409 a. C. Ma Aristofane di Bisanzio, parlando di Sofocle, dice che «il mito si ritrova anche in Euripide […] salvo che lì, [Antigone], sorpresa con Emone, si sposa con lui». La stessa notizia si ha in Sallustio. Ecco dunque che emerge la differenza principale fra le due versioni, da cui il titolo del saggio: Antigone “vergine” (Sofocle), Antigone “sposa” (Euripide).

Nel suo Approches to ex position in Shakespeare’s plays, Ruth Anne Henderson conduce un’analisi degli incipit di numerosi testi del Bardo. Non è un caso se Lord Byron diceva «Nothing so difficult as a beginning», e nemmeno la domanda del Biancolillo in Alice’s adventures in Wonderland è priva di un serio fondamento («What shall I begin with, your Majesty?» a cui sarà risposto «Begin at the beginning»). Nel caso di Shakespeare, il proverbio del XVI secolo che diceva che «Everything must have a beginning» era un imperativo particolarmente importante e, nota la Henderson, al suo tempo tale questione doveva essere assai più centrale rispetto ai nostri giorni. Se, infatti, oggi sono per lo più le classi elevate a recarsi al teatro, all’epoca si trattava di un «popular entratainement», che doveva quindi riuscire a catturare la debole attenzione di un largo pubblico. L’analisi dei testi shakespeariani conduce all’individuazione di 19 pièces che nel primo verso citano alcuni dei personaggi sulla scena («Cease to persuade, my loving Proteus», in The Two Gentlemen of Verona) e di 11 esempi di incipit contenenti un imperativo (lo stesso «Cease» nel verso citato). Il saggio prosegue con altre similitudini fra diversi testi del Bardo, per concludere che «there is much food for thoughts in the varied beginnings of his plays».

Analizzando La donna del mare di Ibsen, Silvana Sinsi chiude la sezione Saggi della rivista. Da uno studio del testo, la protagonista appare come un personaggio affatto diverso dalla grande famiglia delle eroine ibseniane: sostanzialmente estranea alle tematiche sociali, vive una vicenda che non si presta ad esser letta secondo logiche razionali. Pare che Ibsen voglia attingere a una sfera arcaica e fiabesca per costruire la sua pièce, di qui il titolo del saggio: La favola della «Donna del mare», che analizza il testo seguendo questa linea direttrice.

La sezione Materiali contiene due lunghi saggi di Giovanna Zanlonghi e Alessandro Pontremoli. Il primo si concentra sulle diverse forme di teatro sociale che si sono avute in Italia nel secolo scorso. Prendendo le mosse dalle premesse teoriche del fenomeno (Schechner e Turner), lo studio sorvola sui pionieri (Grotowsky, Barba, il Living Theatre, il Bread and Puppet e Brook) per arrivare ai primi fermenti italiani. La storia procede con gli anni Ottanta, definiti «gli anni della calma apparente», e giunge poi ai nostri giorni, a cui è dedicata la parte centrale del saggio. La Zanlonghi si concentra sulle diverse forme di teatro sociale individuando due grandi contenitori: le «metodologie di intervento» (che comprendono il teatro come terapia, l’animazione teatrale e il Teatro dell’Oppresso) e il «teatro nei luoghi dell’alterità». Il saggio affronta quindi diverse “aree” dell’alterità: dall’handicap, al disagio psichico, al carcere. L’ultima parte passa in rassegna la riflessione teorica sul fenomeno, soffermandosi soprattutto sugli studi di Daniele Serragnoli.

Alessandro Pontremoli propone delle Note sugli studi della danza in Italia, partendo dai pionieri della disciplina che scrissero le loro opere alla fine del XIX secolo, per poi approfondire la ricerca con il boom degli studi sulla danza dagli anni Ottanta ad oggi. Date storiche restano il 1984 con la nascita della rivista “La danza italiana”, ma anche il 1991 e il 1992, con l’istituzione delle cattedre di Storia del mimo e della danza al DAMS di Cosenza e di Bologna.

Nella sezione Polemiche, Roberto Alonge in «Onore al compagno Fabio Mussi» polemizza circa la decisione del ministro di ridurre i settori scientifico-disciplinari dell’ Università («i recinti entro cui stanno i professori») da 370 a 80. Alonge riprende il discorso del ministro, dimostrando, dati alla mano, l’inesattezza delle sue dichiarazioni.




Gherardo Vitali Rosati

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