Il passaggio a Nord-Ovest si sposta verso Oriente. Lannale in lingua inglese del Centro Studi per lo Spettacolo Nordico dellUniversità di Torino dedica infatti un numero monografico, dal titolo Ibsen and Modern China, al 4th International Ibsen Conference, tenutosi a Shanghai e Nanjing dal 9 al 14 novembre 2006. «North-West Passage» pubblica i contributi dei lavori, che hanno visto la partecipazione di circa 50 esperti provenienti da tutto il mondo, concentrandosi principalmente sugli interventi di studiosi cinesi, scandinavi e italiani. Uno dei principali interessi della rivista consiste proprio nella possibiltà di cogliere le differenze fra tre distinte scuole scientifiche, che si avvicinano allopera ibseniana con metodologie diverse e ben caratterizzate.
Gli studiosi scandinavi pongono al centro dei propri interventi il tema dellindividualismo, analizzando sia lideologia dellautore che il carattere dei suoi personaggi. Asbjørn Aarseth individua nei drammi scritti tra il 1877 e il 1899 la più forte espressione dellindividualismo ibseniano e, osservando le azioni di Nora e Stockmann, i protagonisti di Casa di bambola e Un nemico del popolo, rileva come linfluenza del Romanticismo e il fascino delleroe solitario siano gli elementi fondanti del loro codice etico. Sulla stessa linea donda, Jon Nygaard si sofferma sul pensiero politico di Ibsen e sullo scambio epistolare con Georg Brandes, osservando come lideologia del drammaturgo non miri ad un programma politico più o meno radicale ma si fondi sullavversione per il potere statale, considerato come il principale ostacolo al pieno dispiegamento delle capacità umane e spirituali di ogni indiviudo.
Anche per la critica cinese è possibile individuare un denominatore comune, in questo caso costituito dallattenzione dedicata alla ricezione dei testi da parte del pubblico e al loro intrecciarsi con la storia sociale. Wang Ning ripercorre le tappe della conoscenza di Ibsen in Cina, mostrando come dallimmagine dellautore realista e impegnato socialmente, introdotta e propagandata dagli intellettuali legati al Movimento del Quattro Maggio, il primo movimento di massa della Cina moderna, si sia fatta strada una comprensione più approfondita e attenta ai problemi estetici che ha portato gli studiosi cinesi a considerare il drammaturgo norvegese come un anticipatore del postmodernismo. Secondo Wang Ning tale tendenza pare confermata anche dai nuovi allestimenti ibseniani prodotti in occasione del centenario. Al personaggio di Nora, forse il più amato dal pubblico cinese grazie al suo utilizzo propagandistico da parte dei movimenti di emancipazione femminile, sono dedicati gli articoli di Yunhee Bai, Aimin Chen e Chengzhou He, che affrontano anche i testi di autori nazionali che riprendono il tema della donna che abbandona la famiglia in cerca dellidentità.
Per quanto riguarda gli studiosi italiani, lelemento che accomuna i loro articoli può essere indicato nei puntuali riferimenti al testo e alle modalità dell sua rappresentazione scenica. Roberto Alonge, con una ricca serie di esempi, avverte dei pericoli che minacciano gli studi ibsenian a causa dellassoluta egemonia della lingua inglese, che costringe a citare il testo in traduzioni a volte superficiali, e invita gli studiosi ad assumere consapevolezza del problema ed attuare i necessari controlli su edizioni critiche diverse. Alla messa in scena e allarte degli attori italiani sono dedicati gli interventi di Franco Perrelli e di Giuliano DAmico. Perrelli si sofferma sulla simbiosi artistica e spirituale tra Ibsen e Eleonora Duse e analizza in particolare la tournée scandinava del 1906, realizzata con il consenso del drammaturgo e il sostegno organizzativo di Aurélien Lugné-Poe. Il ruolo fondamentale degli attori italiani per la della fortuna europea di Ibsen è trattato anche da DAmico, che esamina le interpretazioni di Ermete Novelli ed Ermete Zacconi attraverso quattro recensioni di critici scandinavi residenti in Italia tra XIX e XX secolo.
Lultima sezione della rivista, “Ibseniana”, è occupata dagli articoli di due studiosi italiani. Silvio Alovisio si dedica alla ricezione del drammaturgo norvegese nel cinema muto italiano, analizzando Hedda Gabler di Giovanni Pastrone. Il film, primo esempio di uso sistematico delle didascalie simultanee allazione, la cui lunga e tormentata lavorazione viene ricostruita grazie ai documenti conservati presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino, non vuole essere una traslazione fedele del testo, ma conserva una forte impronta autoriale e in un certo senso lopera registica di Pastrone si pone sullo stesso piano delle interpretazioni ibseniane dei Grandi Attori italiani. Secondo Alovisio il dato più interessante del film consiste nellindicare al sistema produttivo del cinema italiano e ai suoi operatori unipotesi di superamento dello stile melodrammatico e pseudo-dannunziano allora in voga. In particolare, la figura della protagonista, interpretata da Italia Almirante Manzini, segna un momento di crisi del modello recitativo della femme fatale, modello che lo stesso Pastrone nei film precedenti aveva contribuito a creare. Massimo Ciaravolo propone un dettagliato confronto tra il John Gabriel Borkman messo in scena da Massimo Castri nel 1998 e quello ripreso dallo stesso regista nel 2002. Oltre allinserimento di un maggior numero di situazioni comiche e grottesche, le trasformazioni maggiori riguardano lultimo atto, che viene completamente riallestito per rendere con maggior evidenza gli aspetti che secondo Castri fanno del protagonista lespressione simbolica dellenergia che muove la moderna società capitalista.
Lorenzo Colavecchia
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