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Ridotto


anno 56°, numero 1, gennaio-febbraio 2008, pp. 32, euro 10,00
Ad aprire il numero di «Ridotto» del gennaio-febbraio 2008 è il consueto "Editoriale" impegnato sul fronte dei diritti della SIAD, ovvero di quella Società Italiana Autori Drammatici che da anni rischia la chiusura. L'"Editoriale" si intitola La SIAD ha un suo articolo ed è un inizio già molto promettente:  la Società, infatti, aveva cominciato a navigare in cattive acque fin dal 1999, quando il Ministero dei Beni Culturali Spettacolo Dal Vivo, nel vecchio Decreto Ministeriale che regolava i contributi relativi alle compagnie, agli enti, alle istituzioni ecc ecc, aveva deciso di cancellare l'articolo che le era dedicato. E dedicato, peraltro, non solo a lei ma anche all'ETI, all'IDI, all'INDA e all'Accademia Nazionale D'Arte Drammatica: cassato l'IDI e passate ad altra definizione giuridica le altre istituzioni, la SIAD era stata inserita in un altro articolo che riguardava le associazioni culturali in generale e il suo Direttivo, alle prese con «insormontabili difficoltà di gestione», dal 1999 a questa parte, si era sempre trovato ad avere a che fare con il rischio della bancarotta. Finalmente, all'alba del 2008 (si tratta di gennaio-febbraio!), alle note solitamente meste cui purtroppo si conformano da nove anni quasi tutti gli "Editoriali" di «Ridotto» se ne aggiunge una lieta: il Ministero ha ripristinato l'articolo famoso e, come un vero e proprio catcher in the rye, ha preso la SIAD al volo prima che cadesse nel burrone. Adesso la Società, che deve la propria salvezza in buona parte al fatto di aver sempre avuto un'ottima visibilità grazie alla rivista «Ridotto», «può ricevere un contributo per la promozione della drammaturgia italiana contemporanea, su presentazione di un progetto che può articolarsi in seminari, convegni, premi ed attività editoriali».

Impossibile, ovviamente, che a questo "Editoriale" seguano articoli meno che festosi: ecco allora il resoconto della festa-convegno (animata, ovviamente, dalla presenza del figlio Carlo), per i novant'anni di Mario Verdone esimio studioso, primo professore di cinema in una Università italiana e fra l'altro anche presidente onorario della SIAD; ecco l'intervista a Carlo Molfese, ideatore del leggendario Teatro Tenda di Piazza Mancini a Roma, attivo dalla seconda metà degli anni Settanta fino al 1984, ed ecco anche l'articolo della drammaturga Lilli Maria Trizio sul fatto che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, alla fine del 2007, ha emanato una «Dichiarazione di interesse particolarmente importante per l'Archivio della Cooperativa "Puglia Teatro" di Bari». La prima che sia stata emessa nei confronti tanto di un archivio teatrale quanto di una struttura teatrale in Puglia. Grazie a questa dichiarazione, inoltre, l'Archivio della Cooperativa (che ha sede in un appartamento del Quartiere Libertà di Bari e che da più di quarant'anni organizza readings, conferenze, corsi e quant'altro abbia a che fare con l'arte e il teatro), entra a far parte del patrimonio culturale pubblico ed è tutelato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Altro annunciatore di liete novelle si proclama poi Giorgio Taffon che, nel suo articolo Una rassegna di teatro contemporaneo a Londra, rende noto il fatto che, in virtù dell'entusiasmo e dell'abilità dell'intraprendente Mariano D'Amora, dottore di ricerca presso la Royal Holloway University of London, è stata ideata, promossa e organizzata la prima, in Inghilterra e nel dopoguerra, Italiantheatreseason: si tratta di una rassegna di dieci spettacoli che vengono proposti, uno al mese, dall'ottobre 2007 al giugno 2008, al "Riverside Studios" di Londra. L'iniziativa è stata illustrata dallo stesso D'Amora nel corso di un convegno (fra i relatori anche Leopoldo Mastelloni, Franco Cordelli, Paolo Puppa, Enzo Moscato e Fortunato Calvino) che si è svolto nella capitale britannica nell'ottobre 2007: si intitolava Beyond Pirandello e gravitava intorno ai problemi attuali e futuri della drammaturgia italiana (soprattutto quella meno conosciuta in Inghilterra), vista soprattutto nei suoi rapporti con la scena. Per gli ultimi tre quarti del suo articolo, Taffon si dedica a riferire le conclusioni cui i relatori del convegno sono giunti a proposito del quadro complessivo offerto dalla drammaturgia italiana contamporanea: a dare nell'occhio, come prima cosa, è la forte presenza del teatro napoletano (con autori, appunto, come Enzo Moscato e Fortunato Calvino); in seconda istanza ha trovato conferma il fatto che «risultati "alti" vengono raggiunti da drammaturghi che sono anche "uomini di scena", con le varianti degli attori-autori, attori-che-scrivono, autori-attori. E inoltre che il rapporto cultura "alta" e cultura "bassa", o forme di spettacolo "alte" e quelle "basse", nella tradizione italiana spesso s'incrociano per produrre grandi ed esemplari risultati». È stato notato, infine, che, terminata la stagione pirandelliana e quella, breve, di Betti (che negli anni Cinquanta è stato rappresentato anche in Inghilterra), la forma "dramma" ha cominciato ad avere la tendenza a personalizzarsi fino a diventare una "forma-sospesa" «col rifiuto di regole fisse e l'insopportabilità di canoni prefissati riguardanti i criteri della mimesi del dialogo, dell'intreccio, della costruzione del personaggio, della sua stessa identità». Ormai unici paladini delle ragioni del testo drammaturgico contro tutti coloro che tendono sempre più a declassarlo piazzandolo agli ultimi gradini della scala gerarchica degli elementi che formano uno spettacolo teatrale, quelli della SIAD, concluso il convegno e subito iniziata la Italiantheatreseason, si sono molto rallegrati nel constatare come gli spettacoli proposti dalla rassegna (fra cui non poche novità) fossero tutti opera di autori seri, originali, colti e brillanti, come la giovane Valeria Parrella (presente con Io, Clitennestra), Spiro Scimone (con La festa), Franco Scaldati (con Camurria) e molti altri.

A chi ne fosse interessata, poi, nella sezione "Premi", è riportato il bando di partecipazione al concorso "Donne a teatro 2008": le opere (rigorosamente originali, italiane, scritte da donne e non superiori alle 60 cartelle) devono essere inviate al Presidente dell'Associazione "Donne a Teatro" non oltre il 15 giugno 2008. Ulteriori informazioni a p. 13 di questo numero di «Ridotto». Quanto alla sezione "Libri", è dedicata questa volta alla presentazione del volume Scrivere teatro, una raccolta dei principali saggi pubblicati dal 1981 al 2001 dall'«uomo di teatro a tutto tondo» Vico Faggi (alias Alessandro Orengo): magistrato, poeta, studioso di teatro classico, collaboratore di Luigi Squarzina a partire dal 1953, quando trentenne tradusse per lui il Tieste di Seneca, e vigoroso autore, infine, di numerosi testi dal forte valore sociale, morale e politico (fra cui Cinque giorni al porto del 1965 e Rosa Luxemburg, 1976).

Dato che è di fresca pubblicazione (ed. Guida, 2007) un libro che riunisce alcuni dei suoi testi più significativi (Cravattari, Adelaide, Malacarne, Donne di potere, Cristiana Famiglia e Lontana la città), la seconda parte di «Ridotto» è quasi completamente riservata a Fortunato Calvino e al suo teatro: «un teatro civile, - come dice l'autore e regista - un teatro che squarcia il velo dell'omertà e serve a dare voce a una Napoli malata, ferita, che possiede però un patrimonio culturale e paesaggistico unico al mondo e questo non va dimenticato. Porto in scena nei miei testi teatrali - continua - una città che non vuole cedere alla paura, che reagisce al sopruso, una città che non vuole arrendersi alla violenza».

A chiudere la rivista sono due testi: il primo (Lontana la città, due folgoranti e incisivi atti di Calvino) descrive la fenomenologia della ribellione al pizzo da parte di Rosaria, la proprietaria di una lavanderia situata nei Quartieri Spagnoli di Napoli; il secondo (Il mito, lapidario atto unico di Lilli Maria Trizio) mette in scena una eutanasia praticata involontariamente (?) da una nuora al suocero settantenne, ex iperattivo maestro di scherma costretto a vivere su una sedia a rotelle («io sono troppo giovane dentro per essere diventato così vecchio fuori - dice il protagonista - Dovrei adattare la testa, che è lucidissima sì, insomma, modellarla su simile fatiscente carcassa, non ci riesco: io non ci riesco. Non posso acquietarmi, non so trovare un equilibrio, esisto in una rabbia senza fine, mi sento continuamente addosso i pungiglioni della contraddizione tra ciò che sono e ciò che vorrei fare»).        

 


Giulia Tellini


copertina

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