B/n 557/58 dedica la sua Prima Stanza, curata da Luca Mazzei e Mariapia Comand, ai soggetti italiani a stampa. Significativa la frase scelta per comparire in esergo, una dichiarazione rilasciata da Suso Cecchi dAmico a Mariapia Comand: "No…ma quei soggetti li si scrivevano per il produttore". Frase che spiega molto sulla – scarsa - qualità "letteraria" di alcuni, in verità qualche centinaio, dei soggetti ritrovati per caso (ma succede sempre così) nei fondi librari del catalogo della Biblioteca Nazionale di Firenze. Il fortunato ritrovamento è stato fatto da Luca Mazzei che, in Me lo dica in quattro pagine, opera una attenta analisi storico-critica dei soggetti. Interessante che inizi con linterrogarsi sul significato del sostantivo "soggetto". Ne emerge una sostanziale confusione che con lavvento del sonoro sembrava scomparire, per poi scoprire invece che, per dirla con lautore del saggio, il sistema è ancora sfilacciato. Permangono infatti alcune domande aperte, come, per esempio, "qual è daltronde il confine fra soggetto, sceneggiatura e trattamento in Italia agli inizi del cinema sonoro?". Domande ancora aperte a cui solo una attenta riflessione e una scrupolosa ricerca possono dare risposte chiare. Tornando ai soggetti ritrovati a Firenze, essi presentano una certa omogeneità dal punto di vista bibliografico, anche se vi possono essere vari ibridi, soprattutto per quanto riguarda la lunghezza, alcuni sono lontani dallessere brevissimi e di sole quattro pagine. Sono inoltre ricchi di errori di stampa, poco curati dal punto di vista della qualità letteraria, non erano infatti destinati né agli esercenti né al vasto pubblico, ma ai produttori. Data questanalisi, a cui si aggiunge in più lomogeneità della scrittura, come se questa rispondesse a formule e schemi prestabiliti, Mazzei avanza lipotesi, molto fondata, che in molti di questi testi ci sia lo zampino del produttore. Lautore dellarticolo conclude con una domanda che illumina nuovi terreni di ricerca: 250 o più di mille? Quanti saranno i soggetti a stampa nelle biblioteche italiane? Un interrogativo a cui il futuro della ricerca darà, sempre che ci siano volontà e mezzi, una risposta.
Dopo questa ricca riflessione/analisi, B/n continua con la pubblicazione di quattordici soggetti che vanno dal 1939 al 1964, da Corte dAssise a Il Magnifico straniero.
In Figure Giacomo Manzoli si occupa di Iconografia western allitaliana. Una iconografia che è molto più ricca di quanto si pensi. Daltronde, come osserva lo stesso autore, se il genere è stato in grado di produrre nel giro di una decina danni circa 520 film anche "liconografia deve aggiornarsi continuamente e sperimentare varianti". Un buon risultato per un genere che nasce quasi come brutta copia di quello classico, quello americano, e poi, con il passare degli anni e dei fotogrammi, acquista una propria identità.
Con La notte. Blues allalba, Andrea Ciccarelli si interroga sul ruolo del compositore nel film di Michelangelo Antonioni del 1961. Ciccarelli segnala La Notte come un lavoro che ha coinvolto in un processo creativo unico i due ruoli del compositore e del regista. La prima novità è stata quella di eliminare il commento musicale extradiegetico. Lautore sottolinea che " la musica non si pone scopertamente come annotazione indiretta degli stati danimo dei personaggi. al contrario la propria natura dietetica, o acusmatica, la rende assolutamente staccata dai personaggi, estranea a qualsiasi funzione pleonastica che si potrebbe attribuire a certa musica da buca". Molto adatto alle atmosfere de La Notte e alla "poetica" di Antonioni losservazione che il musicista milanese Giorgio Gaslini si muova alla ricerca di un paesaggio musicale che sia al contempo visivo e spirituale. La musica nel film è presenza ombrosa e fantasmatica, "espressione dellinesorabile e dellindicibile".
In Processo a Gesù: un progetto cinematografico? Emanuele Nepesca riflette su un progetto mai realizzato, la versione cinematografica del testo teatrale che ha consacrato Diego Fabbri drammaturgo. Molto avventurosa – forse come sempre in questi casi – la scoperta di queste intenzioni di Fabbri. Lavorando sul testo teatrale sono stati ritrovati ventisette foglietti contenenti un proposito di realizzazione cinematografica. Da una serie di indizi Nepesca ipotizza che questi appunti potessero addirittura precedere la messa in scena del dramma. E sembra che Fabbri abbia davvero visto profilarsi allorizzonte la realizzazione del film nel 1949, un film che, almeno da quanto si evince dal solo trattamento originale, si annunciava carico di sorprese.
Per Mappe, in Convenzionalità e interpretazione Giorgio Tinazzi si interroga sulle scelte di periodizzazione della storia del cinema. Dietro ogni scelta cè sempre, come osserva lautore, una presa di posizione. Tuttavia le cose, in questo momento della ricerca e della storiografia, stanno cambiando e proprio perché la ricerca ha aperto nuove strade alla storiografia. Si sono profilate allorizzonte possibilità di indagare in cineteche, fondi e archivi mai considerati prima. Ogni atto di nascita è dubbio e se qualsiasi scelta è una interpretazione, una strada potrebbe essere quella di arricchire i racconti dei contesti con molteplici articolazioni, al di là di meri espedienti di sapore scolastico come, per esempio, la divisione in decenni.
La due Stanze della Memoria sono occupate da Thomas Ballhausen e Anna Barenghi.
Con I cinegiornali di guerra austriaci Ballhausen racconta della rappresentazione della violenza e della guerra in Austria durante il primo conflitto mondiale. Il film bellico contribuisce a unopera paradossale, quella della civilizzazione, se non, in casi aberranti e aberrati, normalizzazione della guerra. In pieno conflitto questopera è fondamentale. Documentare le azioni belliche contribuisce a una disciplina della violenza che non solo la rende più accettabile, ma può dare un apporto alla costruzione dello spirito patriottico. Il consenso, è stato questo lo scopo e lobiettivo di produzioni come i cinegiornali.
In La struttura e la sperimentazione RAI, dal 1968 al 1987 Anna Barenghi ci parla di un particolare e trascuratissimo settore della produzione televisiva nazionale, quello sperimentale. Già a un anno dallavvento italiano della televisione, Carlo Ludovico Raggianti auspicava la costituzione di un settore sperimentale, che si occupasse del rinnovamento del linguaggio televisivo. Questo settore è esistito in maniera attiva fino alla fine degli anni settanta, poi con larrivo degli edonistici anni ottanta è diventato qualcosa di sempre più marginale sino a scomparire. In realtà, pare che lesistenza di questa sezione sperimentale sia stata piuttosto tormentata. Era unistituzione-ghetto dove imbrigliare le energie creative e troppo innovative. Seppur nato sotto i migliori auspici – si coinvolsero, allinizio, nomi come quelli di Umberto Eco e Eugenio Carmi – non fu facile lavorare, e si produsse poco. Nonostante le idee non mancassero, le poche realizzazioni non furono mai pienamente valorizzate.
Per Luoghi e pubblici, con Tecnologia, ideologia: il Circarama, Federico Vitella analizza la breve storia del Circarama, il suo impatto sul pubblico e il peso di nuovi valori e vecchie identità. Vitella si interroga sul ruolo avuto, nelle celebrazione del centenario dellunità nel 1961 a Torino, linstallazione del disneyano Circarama. Nellipotesi dellautore il fascino dei sistemi panoramici è stato sfruttato per alimentare il mito della nazione. Le particolarità tecnologiche delle riprese multicamera incidono sulla stilistica del film. Realizzare una immagine che circonda lo spettatore a 360 gradi presuppone, per esempio, la riduzione ai minimi termini del fuori campo. Lo spettatore era immerso in questo visibile totale e il film realizzato per loccasione, Italia 61, perfettamente rispondente alla formula del travelogue, la dice lunga sugli obiettivi di esaltazione del territorio e della storia nazionale a cui si voleva dare spazio in quelloccasione. In definitiva, quel particolare uso del Circarama dimostra come "i sistemi speciali per schermo largo possano essere proficuamente impiegati per rinegoziare limmagine simbolica di uno stato nazionale".
Lucia Di Girolamo
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