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Segnocinema 148
Rivista cinematografica bimestrale

Segnocinema n. 148, anno XXVII, novembre-dicembre 2007, 6.00 euro
«Segnocinema 148» dedica uno speciale alla Rivoluzione dei Multiplex curato da Mariagrazia Fanchi e da alcuni suoi collaboratori. I saggi contenuti in questo speciale ripercorrono il fenomeno di trasformazione delle sale cinematografiche, da semplici sale singole con numerosi posti a multisale dalla capienza più raccolta, sino alla diffusione di complessi con più di 8 sale, ovvero multiplex. Il differenziale tra le semplici sale cinematografiche e il multiplex si misura non solo sulla tecnologia all’avanguardia di quest’ultimi, complice la recente costruzione, ma soprattutto dalla presenza di un’offerta integrata di prodotti, più appetibili perchè concentrati in un medesimo luogo dove i film sono oggetti di consumo tra gli altri. I servizi corollari offerti dai multiplex generano un surplus di esperienza rispetto alla visione del film, e lo spettatore diventa in senso pieno un consumatore, di cinema e di altri prodotti. Il saggio di Sara Testori individua quattro tipologie, quattro forme del cinema Multiplex in Italia: l’esperienza base del Food&Play, l’esperienza prolungata del Cinema Store, l’esperienza di confine della Sala Salotto e l’esperienza iperspettacolare dello Screen World. Il saggio di Luca Tamini, L’urbanistica dell’intrattenimento, svolge una riflessione analitica sulle caratteristiche progettuali dei multiplex con uno sguardo sulla loro collocazione nel territorio. Mentre il saggio di Adriano D’Aloia, Multipli e mutanti, ricostruisce la storia dei multiplex in contesto oltreoceanico, dal Canada agli Usa, dove queste sale sono nate e hanno avuto grande sviluppo.

Se il saggio di Mariagrazia Fanchi cerca di valutare entrambe le facce del multiplex (definito il Giano bifronte), sia gli aspetti negativi sia gli aspetti positivi, l’impressione generale che emerge da questo speciale è la volontà di non demonizzare, ponendosi in controtendenza rispetto all’umore apocalittico dominante ed espresso dai cinefili e fedeli amanti del cinema. Le altre analisi e ricostruzioni storiche del multiplex individuano le tracce di una nuova esperienza spettatoriale, ma non si addentrano nelle problematiche produttive e distributive del cinema. In questa prospettiva possibilista, del migliore dei mondi, del progresso in cui il prodotto vincente sembra per conseguenza diretta essere il migliore, rimangono alcuni argomenti irrisolti e interrogativi sospesi.
Il multiplex non è la risposta alla svalutazione del consumo di cinema in sala? Si può vedere davvero qualunque film nel multiplex? Ci sono dei film che sarebbe più adeguato vedere altrove?

Anticipa lo speciale un saggio di Flavio De Bernardinis sull’estetica e la poetica di Ingmar Bergman definita con una metafora musicale "arte di arrangiare". Il testo, sempre centrale in Bergman, appare come una partitura musicale di cui si possono realizzare più versioni, teatrale, cinematografica, televisiva, creando una "drammaturgia totale", che coinvolge tutti i media. De Bernardinis riflette anche sul particolare espressionismo bergmaniano, del soggetto invaso dal mondo, dove non c’è traccia del divino.

Nella sezione "festival e rassegne" Alberto Pezzotta, in Poche sorprese sul Lido, avanza alcune critiche sulla passata edizione della Mostra del Cinema di Venezia 2007, dove la scelta delle pellicole presentate obbedisce a suo avviso a criteri di marketing e politica, mentre Andrea Bellavita trova come filo conduttore tra i film presentati "l’urgenza di pedinare la realtà" da Redacted di Brian De Palma a La graine et le mulet di André Kechiche.

Le rubriche "actor segno" di Cristina Jandelli e "segno sound" di Paola Valentini si richiamo a vicenda proponendo da un lato l’analisi della recitazione di Ulrich Mühe, attore recentemente scomparso, nel film Le vite degli altri, e dall’altro l’organizzazione del suono e il tema dell’ascolto nello stesso film. Il personaggio interpretato da Ulrich Mühe, agente della Stasi, polizia per il controllo del regime della DDR, ascolta in segreto le vicende private di uomini sospettati di azioni e pensieri eversivi. In questo modo il suo ruolo diventa quello del pubblico silente, di colui che si pone in ascolto, posto vicino alla sorgente sonora. L’unico dettaglio sonoro che indica il rinnovamento delle intenzioni del personaggio è la musica della sonata per uomini buoni: Die Sonate von Guten Menschen. La recitazione di Mühe si concentra così sui micromovimenti del volto. Figura in ascolto che non si esprime attraverso la parola, mostra il proprio mutamento interiore attraverso i tratti del volto in primo piano, in cui emerge il "pensiero visibile", come nel periodo del cinema muto in cui gli spettatori si stupivano di poter leggere su volto in primo piano le emozioni del personaggio e dell’attore.

Per la rubrica "segno serie tv" Luca Bandirali ed Enrico Terrone analizzano Deadwood, un wester drama per la televisione, sulle vicende di un villaggio popolato da un umanità corrotta e malata moralmente, eticamente, fisicamente.

Anna Gilardelli


Segnocinema n. 148, anno XXVII, novembre-dicembre 2007

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