drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti

cerca in vai


Paola Pedrazzini

Medea fra tipo e arche-tipo. La ferita dell'amore fatale nelle diagnosi del teatro


Roma, Carocci, 2007, 253 pp., euro 23,00
ISBN 978 - 88 - 430 - 4173 - 2
Nemmeno a un anno di distanza dall'uscita del volume Fortuna e metamorfosi di un archetipo di Elena Adriani, ecco venire alla luce un altro saggio, scritto da Paola Pedrazzini, dedicato alla figura di Medea. Al contrario di altri personaggi mitici, come per esempio Edipo o Antigone, la principessa colca è sempre stata osservata e studiata con una sorta di distaccato timore: mentre di Edipo esiste il famoso e diffusissimo complesso in base al quale chi ne è vittima ama il genitore di sesso opposto e vorrebbe sopprimere l'altro, Antigone è sempre stata l'eroina della libertà, l'icona dell'idealismo giovanile contro l'autoritarismo dei padri, il simbolo della ribellione alla tirannide e alla violenza.

Rea d'infanticidio, la sposa di Giasone è vista da sempre più come una creatura disumana che umana: a costituire invece la novità del libro della Pedrazzini è proprio il fatto di riconoscere in Medea l'archetipo dell'(ahinoi) epidemico soggetto psicologico della cosiddetta «schiava d'amore», ovvero di un determinato esemplare di donna, quasi sempre di notevole e notevolissimo spessore umano e culturale, che si trova suo malgrado ad essere alle prese col dilaniante e autolesivo amore verso un individuo, per il quale ha magari litigato con la famiglia e lasciato la casa paterna, che ne esaurisce le risorse economiche, nervose, emotive, energetiche, ne falcidia l'autostima, la tradisce con un'altra per motivi puramente utilitaristici e infine la abbandona.        

Fin dall'inizio da lei idealizzato, quest'individuo - incapace di provare sentimenti, incapace di rendersi conto delle sofferenze che provoca in chi lo ama, grande affabulatore, presuntuoso, esperto nel saper cadere sempre in piedi, sempre il coltello dalla parte del manico e perciò sempre, secondo lui, dalla parte della ragione - le appare d'un tratto in tutta la sua infinita meschinità: è in questo momento che la «schiava d'amore» - dopo averlo amato più di prima e profondamente odiato, dopo aver pianto, smesso di mangiare e dormire, aver ben sondato il fondo del proprio dolore e anche incominciato a scavare, aver infine compiuto qualcosa di più o meno gravemente autolesionistico - recupera la libertà e ridiventa se stessa («Medea fiam»), com'era prima di essere deflorata da un sadico egoista, prima di divenire la protagonista di un vero e proprio «dramma della volontà» (e quindi di abdicare al suo passato rendendosi diversa da se stessa e di continuare a discendere dalla propria altezza sotto il fascino di un altro), prima di trovarsi invischiata nell'assoluto, patologico, masochistico amore per l'uomo sbagliato. Osservato in questa prospettiva, anche il personaggio di Medea, come già quelli di Edipo e di Antigone, diventa umano. Fin troppo umano: archetipo eroico di grandi figure tragiche come Didone, Olimpia, Ermengarda, Adele H., Emma Bovary, Anna Karenina, Livia Serpieri e molte altre. Dei cosiddetti «uomini sbagliati» capitati sulle loro strade, invece, nessuno si ricorda: gli uomini da loro idealizzati e adorati, piccoli uomini che si sentono super partes e si comportano come se avessero a che fare con oggetti e non con persone in carne e ossa, non lasciano quasi mai traccia di sé, se non nell’ombra della figura femminile.  

«Spostando l'asse tragico - si legge - su quelli che, nella prospettiva "infantidiocentrica", sono gli antefatti, è lì che si può individuare il cuore pulsante della tragedia, non in un singolo fatto, ma in vari elementi che, uniti, sbalzano, dal fondo della vicenda tragica, il conflitto eterno tra maschile e femminile, l'amore fatale ossessivo e, soprattutto, quel fenomeno di dipendenza amorosa, di "asservimento sessuale", di "schiavitù d'amore" femminile verso una figura maschile idealizzata, definito da una psicanalista freudiana contemporanea, Louise Kaplan, con il termine tedesco Hörigkeit» (p. 18). La Hörigkeit - continua l'autrice - «segue un copione fisso, articolato essenzialmente in tre fasi»: la prima è quella dell'innamoramento (della donna per un uomo ai suoi occhi straordinario), la seconda quella della relazione vera e propria (intensa ma emotivamente sbilanciata: tanto più l'uomo si mostra distaccato, quanto più appare prezioso agli occhi della donna che sente di non essere nulla senza di lui) e infine quella dell'abbandono (in certi casi aggravato dal tradimento), che getta la «schiava d'amore» in uno stato di angoscia, di depressione, di vuoto, di morte. 

Concentrando la propria attenzione sulle Medee di Euripide, Seneca, Corneille e Grillparzer, ovvero sulle quattro principali fenomenologie letterarie dell'eroina colca, la Pedrazzini ne studia le diverse «reazioni emotive» nel momento in cui si trovano, prima, alle prese con l'innamoramento per Giasone e, poi, col tradimento e l'abbandono: quella euripidea è irrazionale e insieme razionale e in ciò risiede la sua modernità; quella senecana non è altro che un «monstrum morale» preda di passioni autolesive (un odio e un amore che si alimentano l'un l'altro); quella corneilliana è una incarnazione della «magnanimità aristotelica», e quella grillparzeriana - indagata nel corso di una intera trilogia e quindi seguita dall'adolescenza fino all'«ultimo commiato» a Giasone - concepisce l'amore come un'ansia d'infinito, come un bisogno di fusione totale e si trova a doverlo condividere con un uomo assolutamente incapace di reciprocità amorosa, che «vede e vive l'amore - come tutto - in una prospettiva materialista e concreta».

Ognuna di queste quattro Medee è anche lo specchio dell'autore che l’ha data alla luce (un «cittadino ateniese "anomalo"» e un «intellettuale solitario» come Euripide; un filosofo stoico come Seneca; un cristiano blandamente neostoico molto attento al realismo psicologico come Corneille; e Grillparzer, ovvero «il più grande poeta austriaco dell'Ottocento» nonché un individuo consapevole di essere umanamente fin troppo affine a Giasone) e della società in cui è stata concepita (l'Atene del 431 a.C., ovvero una città in cui Pericle ha appena emanato una legge che nega la cittadinanza ateniese a chi è di madre straniera e sono quindi all'ordine del giorno i casi di mogli asiatiche ripudiate dai mariti greci; la Roma neroniana; la Francia secentesca del cardinale Richelieu, dominata da una Santa Inquisizione che tortura e uccide tantissime innocenti nei processi alle streghe, e infine l'Austria cattolica del primo Ottocento).  

Con metodica intelligenza (forte di una ferrea organizzazione della materia e soprattutto di un'idea originale da sviluppare), senso dell'analisi e della sintesi, al bando quanto possa risultare inutile ai fini della sua tesi, la Pedrazzini si sofferma su tutti e quattro gli scrittori, inserisce le loro Medee all'interno del copione della Hörigkeit e le connette fra di loro rilevandone le differenze (solo Seneca, dei quattro drammaturghi in questione, vede la sua protagonista in una luce negativa) e in modo particolare le affinità. 
 

La Medea euripidea, per esempio, al contrario di quanto accade in Seneca e Corneille, ormai non ama più il marito: quanto a quella grillparzeriana, viene mostrata anche nell'attimo stesso (ovvero quando lui, nel terzo atto, si illude di salutarla per sempre) in cui smette di ostinarsi ad amarlo (è l'indifferenza esibita da Giasone nel congedarsi da lei a svelarle, infatti, «come in un'epifania, l'ipocrisia, la meschinità, la pochezza dell'uomo che lei ha creduto grande»).

Mentre Euripide e Corneille (malgrado il secondo non conosca la tragedia del primo ma solo quella senecana tradotta in francese) ritengono, inoltre, che le cause della «malattia d'amore» della protagonista (e quindi l'ira e la vendetta) siano esclusivamente esterne (l'unico colpevole è quindi Giasone, traditore e affetto da un'autentica crudeltà mentale), Seneca vede all'interno della stessa Medea e nella natura "geneticamente" passionale del suo animo l'origine dell'amore distruttivo che la tormenta. Quanto a Grillparzer (il cui modello è il testo euripideo), individua, come Seneca, il motore della Hörigkeit di Medea in Medea stessa ma, tuttavia, dedica una particolare attenzione a descrivere Giasone come un carnefice, come un uomo che per anni ha amato una donna e che d'un tratto sembra non ricordare più niente della vita trascorsa accanto a lei: visitata in continuazione dai ricordi del passato, Medea è perciò ossessionata e disperata da quella che le appare come una sorta di perdita di memoria da parte dell'uomo. Un uomo che le preferisce Creusa «per la sua inferiorità rispetto a lei», perchè, oltre al fatto di risultarle utile, è «una figura abbastanza neutra da essere come uno specchio in cui può rimirarsi, un possibile suo satellite».   
 

A completare questo libro - che si legge come un romanzo ed è imperdibile per quanti siano interessati al personaggio di Medea o più in generale al tema della Hörigkeit, e terapeutico per chi si sia trovato in una situazione analoga a quella di una donna tradita e abbandonata - è un ricchissimo e ammirevole apparato di note. 

 



Giulia Tellini


copertina

cast indice del volume


 



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013