Il volume curato da Eugenia Casini Ropa e Francesca Bortoletti, allinterno della collana “I Libri dellIcosaedro” diretta dalla stessa Casini Ropa e da Antonello Andreani, raccoglie nove saggi derivanti dallomonima giornata di studio svoltasi a Bologna nellottobre del 2000 e inserita allinterno di un più vasto progetto nazionale triennale di ricerca interuniversitaria dedicato a Lo sperimentalismo nella storia del teatro occidentale, sotto la direzione del prof. Guido Paduano.
Lintervento di apertura di Carmela Lombardi analizza alcuni fra i trattati di danza del periodo umanistico-rinascimentale, fra cui il De Pratica seu Arte Tripudii vulgare opusculum (1463) di Guglielmo Ebreo, Il Ballarino di Caroso da Sermoneta (1681), uno dei primi trattati di danza a stampa di cui si ha conoscenza, e il successivo Nobiltà di Dame, sempre dello stesso autore (1600); lavori ormai fra i più noti e a fondo studiati ma qui presentati sotto una diversa luce che li colloca in quella visione di ‘tradizione mentale della danza, quindi di acquisizione della memoria, scaturita dalla disciplina medico-filosofica di derivazione aristotelica, per cui la danza è un processo scientifico dellintelletto, al quale la memoria fa da fondamento, per poi ricadere a livello materico verso le sedi fisiche del movimento e dellemozione. Sempre in riferimento ai trattati di danza quattro-cinquecenteschi, Marina Nordera affronta il problema del passaggio dalla trasmissione orale dellarte della danza a quella scritta, indagando le ragioni che portarono alla nascita della trattatistica e della manualistica; in particolare si affronta il ‘basso ma complesso contesto culturale che portò allesigenza della codificazione e di conseguenza le motivazioni degli autori stessi, da riferirsi principalmente al bisogno di affermazione di uno status, quindi di unauctoritas, che comunque restò al di là, o perlomeno parallelo, allinsegnamento ‘orale del corpo. La sezione sui trattati è chiusa dallintervento di Alessandro Pontremoli che, a completamento del saggio precedente, si dedica allanalisi delle radici colte nella codificazione della trattatistica sulla danza, rivendicando la valenza alta e letteraria di queste opere, da sempre ‘mortificate dal pregiudizio storiografico che le ha declassate in un ambito esclusivamente pratico, e la loro continuità nei confronti del pensiero filosofico ed estetico dellumanesimo, in particolare quello ficiniano.
Il saggio di Barbara Sparti è dedicato allanalisi della notevole componente ebrea fra i maestri di ballo rinascimentali; di questi l'autrice cerca di determinare la possibile genesi dell'insegnamento della disciplina in Italia, il perché di un così vasto interesse verso questa specifica professione, tentando inoltre di individuarne un comune status sociale e le eventuali peculiarità coreutiche. Lintervento di Alessandro Arcangeli è invece dedicato a un particolare campo culturale, quello dellantiquaria rinascimentale, individuando nella riscoperta e nello studio dei classici da parte degli umanisti un forte interesse verso lorchestica antica, in particolare da parte di una generazione di eruditi nati nella seconda metà del Quattrocento: il ‘Volterrano Raffaele Maffei (1455-1522), il napoletano Alessandro dAlessandro (1461-1523), il rodigino Ludovico Ricchieri (1469-1525) e lurbinate Polidoro Virgilio (1470-1555). Con Maurizio Padovan lattenzione si sposta sulliconografia quattrocentesca della danza, attraverso lanalisi di una folta compagine di esempi eccellenti per la storia della disciplina, fra cui la scena di danza contenuta nel codice Raudensis (1463) e le varie tipologia rappresentative dei Giardini e Cacce dAmore e della Festa di nozze (Domunductio); lintervento si sposta anche sul rapporto fra la scena danzante e i vari strumenti musicali, particolarmente evidente e significativo nell'arte figurativa di età cortese.
Delle contaminazioni culturali fra colto e popolare nella danza del Quattrocento e del Cinquecento si occupa il saggio di Giorgio Di Lecce, attraverso una tripartizione che analizza tre diversi tipi di contaminazione culturale e sociale che contribuirono allelaborazione teorico-filosofica e alla configurazione della danza rinascimentale: la concezione medica del ‘corpo melanconico, la concezione ecclesiastica del ‘corpo grottesco del giullare, infine quella ‘scientifica dellHomo Vitruviano e quindi dellHomo ad Circulum e delle Danzatrici di Leonardo da Vinci. A conclusione del percorso il saggio di Giuseppe Michele Gala ferma lo sguardo sulle varie forme di danza contadina italiana, proponendo la ricostruzione di una storiografia etnica attraverso lanalisi delle fonti letterarie minori del tempo. Chiude il volume la preziosa bibliografia di Francesca Bortoletti, che propone una vasta rassegna di fonti primarie e secondarie per lo studio della storia della danza rinascimentale italiana.
Caterina Pagnini
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