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Danza, cultura e società nel Rinascimento italiano

A cura di Eugenia Casini Ropa e Francesca Bortoletti

Macerata, Ephemeria Editrice, 2007, pp. 152, € 20,00
ISBN 978-8-887852-03-5

Il volume curato da Eugenia Casini Ropa e Francesca Bortoletti, all’interno della collana  “I Libri dell’Icosaedro” diretta dalla stessa Casini Ropa e da Antonello Andreani, raccoglie nove saggi derivanti dall’omonima giornata di studio svoltasi a Bologna nell’ottobre del 2000 e inserita all’interno di un più vasto progetto nazionale triennale di ricerca interuniversitaria dedicato a Lo sperimentalismo nella storia del teatro occidentale, sotto la direzione del prof. Guido Paduano.

L’intervento di apertura di Carmela Lombardi analizza alcuni fra i trattati di danza del periodo umanistico-rinascimentale, fra cui il De Pratica seu Arte Tripudii vulgare opusculum (1463) di Guglielmo Ebreo, Il Ballarino di Caroso da Sermoneta (1681), uno dei primi trattati di danza a stampa di cui si ha conoscenza, e il successivo Nobiltà di Dame, sempre dello stesso autore (1600); lavori ormai fra i più noti e a fondo studiati ma qui presentati sotto una diversa luce che li colloca in quella visione di ‘tradizione mentale’ della danza, quindi di acquisizione della memoria, scaturita dalla disciplina medico-filosofica di derivazione aristotelica, per cui la danza è un processo scientifico dell’intelletto, al quale la memoria fa da fondamento, per poi ricadere a livello materico verso le sedi fisiche del movimento e dell’emozione. Sempre in riferimento ai trattati di danza quattro-cinquecenteschi, Marina Nordera affronta il problema del passaggio dalla trasmissione orale dell’arte della danza a quella scritta, indagando le ragioni che portarono alla nascita della trattatistica e della manualistica; in particolare si affronta il ‘basso’ ma complesso contesto culturale che portò all’esigenza della codificazione e di conseguenza le motivazioni degli autori stessi, da riferirsi principalmente al bisogno di affermazione di uno status, quindi di un’auctoritas, che comunque restò al di là, o perlomeno parallelo, all’insegnamento ‘orale’ del corpo. La sezione sui trattati è chiusa dall’intervento di Alessandro Pontremoli che, a completamento del saggio precedente, si dedica all’analisi delle radici colte nella codificazione della trattatistica sulla danza, rivendicando la valenza alta e letteraria di queste opere, da sempre ‘mortificate’ dal pregiudizio storiografico che le ha declassate in un ambito esclusivamente pratico, e la loro continuità nei confronti del pensiero filosofico ed estetico dell’umanesimo, in particolare quello ficiniano.

Il saggio di Barbara Sparti è dedicato all’analisi della notevole componente ebrea fra i maestri di ballo rinascimentali; di questi l'autrice cerca di determinare la possibile genesi dell'insegnamento della disciplina in Italia, il perché di un così vasto interesse verso questa specifica professione, tentando inoltre di individuarne un comune status sociale e le eventuali peculiarità coreutiche. L’intervento di Alessandro Arcangeli è invece dedicato a un particolare campo culturale, quello dell’antiquaria rinascimentale, individuando nella riscoperta e nello studio dei classici da parte degli umanisti un forte interesse verso l’orchestica antica, in particolare da parte di una generazione di eruditi nati nella seconda metà del Quattrocento: il ‘Volterrano’ Raffaele Maffei (1455-1522), il napoletano Alessandro d’Alessandro (1461-1523), il rodigino Ludovico Ricchieri (1469-1525) e l’urbinate Polidoro Virgilio (1470-1555). Con Maurizio Padovan l’attenzione si sposta sull’iconografia quattrocentesca della danza, attraverso l’analisi di una folta compagine di esempi eccellenti per la storia della disciplina, fra cui la scena di danza contenuta nel codice Raudensis (1463) e le varie tipologia rappresentative dei Giardini e Cacce d’Amore e della Festa di nozze (Domunductio); l’intervento si sposta anche sul rapporto fra  la scena danzante e i vari strumenti musicali, particolarmente evidente e significativo nell'arte figurativa di età cortese.

Delle contaminazioni culturali fra colto e popolare nella danza del Quattrocento e del Cinquecento si occupa il saggio di Giorgio Di Lecce, attraverso una tripartizione che analizza tre diversi tipi di contaminazione culturale e sociale che contribuirono all’elaborazione teorico-filosofica e alla configurazione della danza rinascimentale: la concezione medica del ‘corpo melanconico’, la concezione ecclesiastica del ‘corpo grottesco’ del giullare, infine quella ‘scientifica’ dell’Homo Vitruviano e quindi dell’Homo ad Circulum  e delle Danzatrici di Leonardo da Vinci. A conclusione del percorso il saggio di Giuseppe Michele Gala ferma lo sguardo sulle varie forme di  danza contadina italiana, proponendo la ricostruzione di una storiografia etnica attraverso l’analisi delle fonti letterarie minori del tempo. Chiude il volume la preziosa bibliografia di Francesca Bortoletti, che propone una vasta rassegna di fonti primarie e secondarie per lo studio della storia della danza rinascimentale italiana.


Caterina Pagnini


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