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Cineforum
Rivista mensili di cultura cinematografica

Cineforum n. 463, anno 47, aprile 2007, 7.20 euro
Il numero 463 di «Cineforum» apre con un editoriale di Giacomo Manzoli dal titolo Il cinema italiano (e i suoi concorrenti) nelle sale e altrove, articolo che vuole mettere in luce alcune dinamiche di politica culturale portate avanti nel nostro paese. La riflessione parte da un dato del box-office: il grande successo di pubblico del film di Luis Prieto, Ho voglia di te, tratto da un romanzo di Federico Moccia, con Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti. Il film costituisce un fenomeno commerciale (ma anche culturale in senso ampio), il cui successo è quantitativamente paragonabile ai "cinepanettoni", i film di Natale, risposta a un’esigenza indotta da un misterioso rituale laico. Le categorie per l’analisi di questi fenomeni, come sottolinea Manzoli, non possono essere quelle tradizionali della critica, quanto considerazioni più vicine alla comunicazione di massa, di cui questo film costituisce un esempio in qualità di "prodotto multipiattaforma", ovvero espressione della strategia del posizionamento di più prodotti contemporaneamente (il film con i suoi gadgets, il rilancio del romanzo di Moccia e il lancio del suo successivo libro Scusa ma ti chiamo amore, il lancio della canzone di Tiziano Ferro). Il film di Prieto si pone in concorrenza non tanto con altri prodotti del cinema italiano a lui simili (di film così infatti se ne contano 7 o 8 in un anno - pensiamo a Veronesi, Verdone, Pieraccioni ecc…), quanto con "prodotti audiovisivi" commerciali e seriali. Ho voglia di te intercetta quello spettatore che in alternativa andrebbe in sala a vedersi un blockbuster americano o, rimanendo a casa, soddisfarebbe la propria "voglia di cinema" con una fiction di produzione italiana o un telefilm di simil serie E.R. o Disperate Housewives. La concorrenza a questi film italiani, secondo Manzoli, si trova quindi nelle sale cinematografiche e "altrove", mostrando come alcuni prodotti televisivi siano succedanei al cinema nel soddisfacimento di alcuni bisogni e richieste.

Il vero punto debole della politica cinematografica italiana è non tanto l’esistenza di film popolari e commerciali come Ho voglia di te, ma piuttosto la debolezza di prodotti più autoriali, che non sono in grado in conquistarsi margini più ampi di visibilità, pur avendo meriti e pregi. Si tratta di un problema puramente amministrativo che, secondo Manzoli, andrebbe affrontato politicamente con provvedimenti ministeriali sia ab origine, nella fase produttiva, sia in extremis, nella fase distributiva, con sostegni economici per gli esercenti coraggiosi, che mantengono nelle sale il film anche dopo uno scadente afflusso di pubblico nel primo weekend.

Bruno Bozzetto, con i corti la dice lunga è lo speciale di Ermanno Comuzio dedicato al maestro dell’animazione italiana Bruno Bozzetto. Bozzetto nato a Milano nel 1938, dimostra presto una grande passione per il disegno e il cinema e a vent'anni realizza Tapum! La storia delle armi, il suo primo cortometraggio d'animazione, che lo impone all'attenzione del pubblico e della critica.
Nel 1960 nasce la Bruno Bozzetto Film e da quel momento la sua attività si sdoppierà su due canali: la pubblicità e i film a soggetto. Il più popolare dei caratteri inventati da Bozzetto è il piccolo Signor Rossi, un signore di mezza età, rappresentazione dell’uomo medio, più che un qualunquista, un esemplare di normalità umana, nel quale possono con facilità ritrovarsi molte persone e verso il quale Bozzetto nutre una sincera simpatia. Tra i suo i lungometraggi d’animazione ricordiamo la parodia del cinema western West and Soda (1965), Vip, mio fratello superuomo (1968) incentrato sulla figura nevrotica e goffa di Minivip, "un super eroe con super problemi" e Allegro non troppo (1977), un film a episodi con famosi brani di musica classica visualizzati con disegni animati ("Preludio al pomeriggio di un Fauno" di Debussy, "Danza Slava" di Dvorak, "Bolero" di Ravel, "Valzer Triste" di Sibelius, "Concerto in C-dur" di Vivaldi, "Uccello di fuoco" di Stravinsky) e gustosi intermezzi comici dal vivo di Maurizio Nichetti.

Bruno Bozzetto con i suoi film d’animazione porta avanti delle scelte narrative e stilistiche che non lo fanno un semplice umorista vignettista e neppure un narratore di favole per bambini, ma un vero e proprio cineasta. Il disegno animato per Bruno Bozzetto è un modo per raccontare storie: "un’idea intorno a una linea", una riflessione sulla vita e sulla società con le sue contraddizioni e ingiustizie, messe in rilievo con attenzione alla morale, ma anche con il gusto per la comicità e le gags di sennettiana memoria. Il suo tratto – un misto tra Walt Disney e Norman McLaren, come egli stesso si definisce – è sempre al servizio della narrazione di una storia, anche molto breve, che prende le forme di una umoristica denuncia contro la società dei consumi, la stupidità, il condizionamento, la sopraffazione sul cui sfondo si staglia un "ludico pessimismo sull’uomo", come dice Giannalberto Bendazzi.

Per le "Pagine di storia del cinema" Dunja Dogo scrive un saggio Sulla morte impossibile - Le tormentate vicende di Aleksandr Petrovic Dov˛enko e il suo Arsenal dal 1925 al 1939. Arsenale, un’epopea rivoluzionaria di Aleksandr Dov˛enko è il film che nel 1929 segnò la liberazione dell’intera azione cinematografica dai concetti di linearità narrativa, mescolando toni epici e slanci lirici. Il film viene commissionato a Dov˛enko dal Partito per celebrare l’anniversario dell’Ottobre, dando un volto ai trecento operai della fucina di Kiev, morti da bolscevichi, e sepolti senza lapide, in una fossa comune.

Arsenal è un film che racconta a mezzo di quadri sospesi uno scenario storico, con toni poetici e allegorici, servendosi di un montaggio ellittico nel tempo e senza raccordi di spazio.
Timos, operaio ucraino, tornato a Kiev dal fronte, è tra i capi della lotta nella fabbrica d'armi Arsenal, centro dell'attività rivoluzionaria che viene soffocata nel sangue dalle truppe cosacche.

La repressione dei ribelli viene rappresentata in una scena stridente e pertanto di straordinaria efficacia: essi muoiono sotto i colpi del nemico continuando a ridere istericamente per via del gas esilarante utilizzato dall’esercito russo per ridurre gli avversari all’impotenza, come maschere di morte mummificate nel loro agghiacciante ghigno. Dunja Dogo nel suo saggio parla di "morte impossibile" riferendosi alla sorte di Timos, che costituisce la parte finale del film, ma anche la scena madre, data la dilatazione temporale della durata. L’epilogo di Timos è una sorta di pagana resurrezione: i proiettili dei soldati non riescono ad atterrare Timos, che sprezzante della morte va loro incontro denudandosi il petto dalla camicia strappata, mentre i militari sembrano non riuscire a ucciderlo, non "poterlo" uccidere.

Arsenal nasce come film di regime, fortemente voluto dal partito, Dov˛enko si sente così autore investito del ruolo di "poeta e cantore della classe operaia", promotore della rivoluzione sociale. Dov˛enko, di origine ucraina, rappresenta le vicende storiche della rivoluzione russa nel momento in cui stringe legami con la rivoluzione in Ucraina e predica il riscatto della sua gente, sostenendo al contempo un paese volto a divenire una federazione di popoli liberi e uguali.

Anna Gilardelli


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