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Carlo Gozzi

Memorie inutili

A cura di Paolo Bosisio, con la collaborazione di Valentina Garavaglia

Milano, LED, 2006, voll. 2, pp. 946, € 78.00
ISBN 88 – 7916-305-1

Grandi novità negli studi dell'opera di Carlo Gozzi (1720-1806). Lo storico rivale di Carlo Goldoni ha avuto la fortuna di anticipare di qualche anno le celebrazioni del suo antagonista storico grazie a una serie di innovativi interventi critici e editoriali. Questi sono stati la conseguenza di un fortunato evento: la scoperta di un ingente deposito di manoscritti (circa 600 pagine) provenienti dall'archivio conservato nella Villa Gozzi di Visiniale di Pasiano (Pordenone), poi depositato presso la Biblioteca Marciana di Venezia.

A questo rinvenimento si devono pubblicazioni, mostre e progetti editoriali. Meritano di essere ricordati il volume delle Lettere, curato da Fabio Soldini con un eccellente apparato di note e bibliografico (Venezia, Marsilio, 2004, pp.378) e l’esposizione Carlo Gozzi 1720-1806. Stravaganze sceniche, letterarie battaglie, sempre a cura di Soldini, tenutasi presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, dal luglio al settembre 2006 (si vedano le duecentodue pagine del relativo catalogo pubblicato sempre dalla veneziana casa editrice ovviamente nello stesso anno). Per completezza di informazione si segnala che è in corso la traduzione francese delle Memorie inutili a cura di Françoise Decroisette e altri studiosi transalpini.

Tra le carte recentemente rinvenute si segnala la presenza di una redazione autografa delle Memorie inutili che parrebbe anteriore sia alla prima stampa dell’opera (i tre volumi apparsi nel 1797 presso l’editore Palese di Venezia) sia al manoscritto che la precede, il codice marciano It. Cl. VII, 2504  (= 12069) probabilmente redatto e corretto fra il 1781 e il 1785, ma acquisito dai posteri solo nel 1932. Dunque è lecito attendersi, speriamo presto, una nuova edizione critica di quest'opera fondamentale per la storia della nostra cultura letteraria e teatrale. In attesa che cresca l’erba che mangerà il cavallo che campato sarà, risulta quanto mai opportuna e benemerita la pubblicazione, voluta e curata da Paolo Bosisio, uno dei maggiori esperti dell'opera gozziana, di un'edizione critica delle Memorie, basata ovviamente su quanto fino ad ora noto: manoscritto marciano e edizione Palese.

Del resto fino ad ora lo studioso, lo studente e anche il comune lettore avevano la possibilità di avvicinarsi a questa significativa opera solo mediante edizioni discutibili. La prima stampa successiva alla princeps del 1791 è infatti quella curata da Giuseppe Prezzolini (Bari, Laterza, 1910) con criteri filologici alquanto fantasiosi; altrettanto approssimativa è quella curata, presso la Utet di Torino, da Domenico Bulferetti nel 1923. Dopo di allora non ci sono stati adeguati aggiornamenti filologici o critici.

Paolo Bosisio dunque allestisce in due corposi volumi un'edizione condotta "secondo un criterio di trascrizione strettamente conservativo" e accompagnata da un apparato che documenta analiticamente le trasformazioni che il testo delle Memorie inutili subì nel passaggio dall'ultimo manoscritto alla stampa, lasciando a futuri editori la collazione di tutto il lavoro preliminare appunto documentato dalle carte più recentemente rinvenute. E l'edizione Bosisio si rivela ricca di indicazioni che forniscono suggestioni letterarie, teatrali e stilistiche degne di grande interesse.

Nella lunga introduzione, prima della esposizione della fitta selva variantistica, il curatore riassume la genesi del libro, soffermandosi in particolare sulle contorte e velenose vicende della commedia gozziana Le droghe d'amore (1775-1777), scandalo teatrale fra i più clamorosi visto che oggetto di satira in essa fu il giovane e aristocratico trentasettenne Segretario del Senato di Venezia, Pietro Gratarol, amante in carica dell'attrice Teodora Ricci, e rivale per questo del cinquantaseienne Gozzi come del sessantasettenne primo attore Antonio Sacchi, anche lui impegnato nell'allestimento della pièce. L'esilio successivo del Gratarol – dovuto anche a motivazioni politiche collegate fra l'altro a movimenti e cospirazioni massoniche di stampo libertario – e la sua Narrazione apologetica, pubblicata lontano da Venezia nel 1779, gettarono un'ombra perversa sul comportamento sia di Gozzi che di Sacchi, tanto da indurre il conte a dare l'avvio (1780) alla stesura delle sue Memorie come occasione di chiarimento dello scandalo. Giustamente Bosisio sottolinea quanto poi la lunga e travagliata gestazione dell'opera abbia contribuito a alleggerirla di tutti i veleni occasionali che l'avevano generata facendola diventare tutt'altra cosa rispetto allo scritto d'origine.

L'analisi di questo travaglio correttorio, condotta attraverso la collazione dell'autografo disponibile e della stampa, propone varianti macroscopiche e microscopiche (grafiche, morfologiche, lessicali, sintattiche ecc.) che rivelano da una parte inevitabili procedure di modernizzazione e, dall'altra, – come nota Bosisio – l'ambizione gozziana a fornire, sempre col passare del tempo, un tessuto narrativo decantato delle tensioni polemiche e dei tormenti autobiografici più banali che erano stati all'origine delle memorie-sfogo. E in questo quadro non si sa se apprezzare di più il labor limae  o l'immediatezza scomposta di alcune parti scritte di getto.

Il confronto tra le due diverse "intenzioni" d’autore è illustrato molto bene da Bosisio in apparato ma ancor meglio in un catalogo di più di cento pagine ove figura, accanto alle parti cassate o interpolate nel passaggio dal manoscritto alla stampa, un'analisi delle modificazioni strutturali e contenutistiche avvenute durante l'arco cronologico che separa la stesura manoscritta e l'edizione (1780-1797). Nel frattempo l'avversario Gratarol è morto in Madagascar nell'ottobre 1785, il capocomico Antonio Sacchi è scomparso in un naufragio al largo di Marsiglia nel novembre 1788, l'amata attrice Teodora Ricci nel 1798 ha abbandonato le scene e iniziato un tragico cammino che la porterà prima alla pazzia  e poi alla morte nel manicomio di San Servilio di Venezia.


di Siro Ferrone


Carlo Gozzi

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