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Ariel
Quadrimestrale di drammaturgia dell’Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Italiano Contemporaneo

anno XXI, n. 1, gennaio-aprile 2006, pp. 279, euro 22
ISSN 1125-3967

Tra i contenuti di questo numero si segnala la pubblicazione degli interventi tenuti all'Università "La Sapienza" di Roma in occasione della cerimonia di conferimento a Dario Fo della laurea honoris causa in Arte e Scienze dello Spettacolo. Nella sua lectio magistralis, Dario Fo analizza il testo di Rosa fresca aulentissima dimostrando come dietro Ciullo d’Alcamo non si nasconda un aristocratico poeta della corte di Federico II di Svevia, bensì un giullare di estrazione e cultura popolare.

Nella rubrica "Officina delle immagini", Franca Angelini propone una riflessione sul valore artistico e sociale degli spettacoli prodotti da due teatri marginali: quello del carcere di Rebibbia, dove i detenuti, diretti da Fabio Cavalli, hanno portato in scena La tempesta shakespeariana nella versione napoletana di Eduardo, e quello dei ragazzi di Scampia, che per la regia di Marco Martinelli hanno interpretato Arrevuoto, dalla Pace di Aristofane. La seconda parte della rubrica è dedicata alla Sagra del signore della nave, uno dei testi pirandelliani meno rappresentati, recentemente ripreso da Vincenzo Pirrotta con una regia il cui segno generale sta nel ritmo e nelle sonorità mediteranee.

 
Paola Martinuzzi presenta uno studio sulla danza di corte francese del XVII secolo prendendo La fontaine de Vaucluse come esempio della mescolanza e della pluralità dei codici stilistici e delle regole poetiche di questo genere spettacolare. Il balletto, elaborato da de Nouguier e rappresentato ad Avignone nel 1649, condensa infatti in maniera organica una serie di entrées che spaziano dal buffonesco al tragico, dal verosimile al fantastico, dagli intenti moralizzatori a quelli di puro intarttenimento.

La sezione "Terre di teatro", curata da Anna Barsotti, è costituita da quattro indagini su altrettanti spazi della teatralità italiana contemporanea, realizzate nell'ambito del progetto universitario di ricerca "Il patrimonio teatrale italiano: atlante storico, metodiche e strumenti multimediali di valorizzazione". Igor Vazzaz si concentra sulla moderna comicità toscana, analizzando le figure di Paolo e Lucia Poli e mettendone in luce l'influenza sulla cosiddetta «colonna toscana a Roma». Furono infatti loro due a incoraggiare Roberto Benigni a intraprendere la carriera teatrale, favorendone il contatto con gli impulsi culturali e linguistici delle "cantine" romane e delle avanguardie degli anni Settanta. Vazzaz ricostruisce quindi come «il periodo '72-'75 è caratterizzato da un'attività febbrile che unisce i toscani emigrati a Roma: vivono insieme, producono e mettono in scena spettacoli, collaborano. Un'unione che va oltre il rapporto professionale». Sara Poeta prende in esame l'edizione del 1994 del Festival Teatrale di Santarcangelo, la prima diretta da Leo de Berardinis, soffermandosi soprattutto su due spettacoli: Mal-d'-Hamlé di Enzo Moscato e Shakespea Re di Napoli di Ruggero Cappuccio. Silvia Battiroli ricostruisce le vicende legate al Teatro delle Albe, nato a Ravenna nel 1977, dando particolare risalto alla costruzione di una nuova tipologia di gruppo teatrale e all'esperienza della «non-scuola». Melanie Gliozzi esplora il teatro di Emma Dante, proponendo una lettura della «trilogia della famiglia» (mPalermu, Carnezzeria e Vitamia) che affianca il metodo artistico della regista e drammaturga siciliana, basato sulla memoria condivisa con i suoi attori, alla lezione di Tadeusz Kantor. Alla fine di questo viaggio nelle geografie della teatralità italiana a cavallo tra secondo e terzo millennio si scopre come le zone individuate, pur avendo radici profonde, non contemplino confini nazionali o tantomeno regionali. La mappa del concreto agire attorico, drammaturgico e scenico rivela al contrario un continuo confronto con l'altro, con l'estraneo, reso possibile dall’assunzione della cultura dell’attore come spazio comune di azione e riflessione.

Massimo Oldoni analizza alcuni aspetti della comicità nel Medioevo cristiano, spesso occultata dall'ufficialità dei generi letterari e delle committenze di regime, ma tuttavia capace di insinuarsi dove il potere non può perseguirla ed offrire così forme alternative di rappresentazione del mondo e della società. La relazione tra parole e musica nel teatro di Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss è l'argomento del contributo di Maria Innocenza Runco, che analizza il percorso di collaborazione tra i due artisti partendo dagli obiettivi teorici comunemente stabiliti, seguendo la realizzazione pratica delle loro opere e valutando infine la coerenza dei risultati raggiunti.

Renzo Guardenti introduce la sezione "Lontane visioni" con un intervento che, prendendo spunto dalla descrizione fatta dallo spettatore Sigfried Giedion del Balletto meccanico di Oskar Schlemmer rappresentato al teatro di Weimar, sviluppa una riflessione sulla centralità del corpo dell’attore nelle poetiche teatrali del XX secolo. Allo stesso tema di fondo è da ricondurre il contributo di Maria Fedi, che cerca di svelare i meccanismi della «macchina attoriale» di Carmelo Bene rintracciando analogie e differenze con l'idea di corporeità espressa da Antonin Artaud e indagando le modalità di strutturazione della sua presenza fisica sulla scena a partire dal rapporto tra l'attore e la figura di Amleto.

La rubrica "Occasioni pirandelliane" ospita la quinta puntata del saggio con il quale Alfredo Barbina mette in luce le relazioni tra Luigi Pirandello e gli ambienti culturali palermitani tra il 1881 e il 1887. Olga Ragusa prosegue la sua indagine sulle messe in scena statunitensi dei testi del drammaturgo siciliano, soffermandosi questa volta sulle riprese di Sei personaggi in cerca d’autore a New York. Dina Saponaro e Lucia Torsello si occupano invece del rapporto tra nomi e personaggi del mondo pirandelliano, rintracciando anche in questo aspetto una precisa volontà autoriale.





Lorenzo Colavecchia


Ariel, anno XXI, n. 1, gennaio-aprile 2006

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