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Prove di Drammaturgia
Rivista di inchieste teatrali

a. XII, n. 2, dicembre 2006, euro 4.50
ISSN 1592-6680

Come spiegano nell'Editoriale Claudio Meldolesi e Gerardo Guccini, questo numero di «Prove di Drammaturgia» è dedicato alle scritture nascoste, vale a dire ai testi teatrali diversi da quelli scritti per la scena, invisibili per quanto riguarda lo spettatore ma non per questo meno essenziali ai fini della composizione drammatica.

L'articolo di Franco Ruffini è la sintesi di L'attore e il dramma, un saggio già pubblicato nel numero 5 del 1998 di «Teatro e Storia». Ruffini rivisita le articolazioni della pedagogia di Stanislavskij, giungendo alla conclusione che il testo fisico scritto dal corpo dell’attore è del tutto omogeneo al testo linguistico. Renata Molinari passa in rassegna alcune tipologie di scrittura nascosta, dal sottotesto alla traduzione, dalle lettere alle trascrizioni delle sedute di lavoro del regista e degli attori.

Marco Paolini ripercorre le principali tappe della propria carriera, dalle esercitazioni con il Laboratorio Teatro Settimo fino agli spettacoli prodotti per la televisione. Nell'intervista, Paolini rivela di essersi avvicinato alla scrittura attraverso la trascrizione delle sue improvvisazioni e che anche Il racconto del Vajont non è nato come testo teatrale, ma come esercizio di memoria orale che via via si è arricchito di informazioni provenienti da diverse fonti, costringendo l'attore-autore a modificare strutture linguistiche collaudate e alle quali si era affezionato.

Veronica Schiavo descrive il metodo di lavoro collettivo del Teatro de los Andes, fondato nel 1991 in Bolivia da Cèsar Brie: sono proprie le scritture nascoste che organizzano la ricerca di immagini metaforiche in grado di veicolare l'aspetto narrativo e comunicativo degli spettacoli. Stefano Massini affronta la questione della didascalia, che secondo il suo parere non dovrebbe nascere come norma condizionante per la rappresentazione, ma come elemento descrittivo che valga da suggestione. Nella sua esperienza di autore drammatico la didascalia abdica alla funzione informativa e assume il ruolo pedagogico di evocare negli interpreti un ambiente di sensazioni, del quale non avrebbe alcun senso limitarsi a definire realisticamente l'arredo o gli attrezzi. Roberto Frattini Serafide sviluppa una riflessione sul rapporto fra testo ed esecuzione scenica, richiamandosi alla propria esperienza di drammaturgo nella compagnia Tanztheater.

L'Osservatorio Critico di Fabio Acca propone un'indagine circa l'esistenza di un canone post-novecentesco di testualità ed esamina i programmi di sala, i flyers e i cataloghi di alcuni gruppi di ricerca italiani (Societas Raffaello Sanzio, Kinkaleri, Teatrino Clandestino, Laboratorio Nove).




Lorenzo Colavecchia


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