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Debora Vaccari
I papeles de actor della Biblioteca Nacional de Madrid

Roberta Alviti
I manoscritti autografi delle commedie del Siglo de Oro scritte in collaborazione


Firenze, Alinea editrice, 2006
ISBN 88-6055-026-2; 88-6055-027-0
I volumi 47 e 48 della collana "Secoli d’oro", diretta da Gaetano Chiappini e Maria Grazia Profeti, portano all’attenzione degli studiosi del teatro spagnolo preziosi documenti manoscritti, per la prima volta commentati e accuratamente catalogati da due ricercatrici italiane.

Debora Vaccari esamina uno straordinario corpus di testi della fine del XVI secolo, conservato presso la Biblioteca Nacional de Madrid. Si tratta di una raccolta di papeles de actor, fascicoli recanti la trascrizione integrale delle battute relative a un singolo personaggio di una pièce, distribuiti agli attori come strumento di servizio per la memorizzazione della parte. L’equivalente, insomma, delle "parti scannate" del contemporaneo teatro italiano.

L’analisi svela interessanti aspetti del sistema teatrale spagnolo, evidenziando ad esempio il ruolo dell’apuntador, cui spettava il compito di ricopiare le diverse parti allo scopo di preservare dall’usura il costoso manoscritto della commedia. Sono riportati i nomi degli attori ed Ë pertanto possibile una parziale ricostruzione del repertorio di alcune compagnie attive nella prima fase del teatro professionistico in Spagna.

Negli anni in cui la tecnica dei comici dell’arte italiani presuppone la conoscenza di un vasto ‘bagaglio’ di parti intercambiabili, da combinare di volta in volta sulla base di un esile canovaccio, il metodo di lavoro degli attori spagnoli esige l’apprendimento mnemonico di testi scritti, fissati e organizzati secondo un ordine preciso, come dimostrano i pies riportati in ogni papel: prima di ogni battuta è riportata l’ultima parola della battuta precedente, per permettere agli interpreti di coordinare gli "attacchi".

I manoscritti sono inquadrati nel contesto letterario e teatrale degli anni tra il 1575 e il 1595, un’epoca di transizione, caratterizzata da un intenso fervore rappresentativo e dalla sperimentazione di nuove formule. Provengono principalmente da opere ambientate nel mondo classico o al tempo della Reconquista della Spagna medievale. Ricorrono segni dell’influenza italiana nei temi trattati (alcuni drammi sono tratti da episodi di poemi epico-cavallereschi italiani), nella struttura metrica e nell’organizzazione scenica (frequenti le ambientazioni esterne); sono compresi anche testi di ispirazione religiosa (autos e commedie agiografiche). Nel complesso prevale un orientamento serio e sono escluse commedie di argomento comico e amoroso.

Il teatro documentato dai papeles di Madrid è, al pari di quello dei comici italiani, un teatro professionale, destinato a un pubblico pagante, ma incline, come viene sottolineato nell’introduzione di Fausta Antonucci, più "alla formula pedagogica […] del dramma, che non a quella meno moralistica, più libera e scanzonata della commedia". Gli argomenti dei papeles, pur nella loro frammentarietà, aiutano a comprendere l’importanza di Lope de Vega nella maturazione del teatro spagnolo moderno. Lope fu tra i primi autori a "sganciare il dramma da ambientazioni remote e fantasiose, ancora molto visibili in questi papeles, immergendolo nella storia e nel folklore nazionale", affiancando alla formula del dramma quella "di una commedia sempre più autonoma dal modello umanistico, […] più decisamente compromessa con le esigenza di un’epoca che cerca una sua problematica modernizzazione".

Roberta Alviti si occupa di un fenomeno che contraddistingue il teatro spagnolo del Siglo de oro, su cui manca ancora, tuttavia, uno studio di ampio respiro: la produzione di commedie scritte in collaborazione da due o più autori. La ricerca, circoscritta ai 17 manoscritti autografi che restano a testimonianza di tale pratica compositiva (a questa altezza cronologica non attestata in altri paesi), ha consentito di verificare, grazie al confronto delle grafie, la paternità delle opere e, soprattutto, di esaminare direttamente le modalità di cooperazione messe in atto dai drammaturghi.

La Alviti distingue due prassi operative. La prima, riscontrata soprattutto nelle commedie del periodo 1630-1640 e individuabile grazie alla sovrapposizione di calligrafie diverse sullo stesso foglio, è basata sulla scrittura in successione: i collaboratori si susseguono e si alternano nella composizione. La tecnica prevalente nelle opere più tarde è al contrario quella di una scrittura condotta separatamente, e in contemporanea, dai co-autori. In questo caso è testimoniata dalle differenti qualità e dimensioni dei fogli utilizzati e dal fatto che i brani caratterizzati da grafie distinte iniziano ogni volta in una pagina nuova.

L’adozione della seconda modalità non era determinata, come si potrebbe supporre, dall’urgenza di abbreviare i tempi di stesura per arrivare rapidamente alla messa in scena. La scrittura in collaborazione non trova origine, infatti, dalle esigenze del mercato teatrale, ma nasce nell’ambiente delle accademie letterarie (di cui quasi tutti gli autori facevano parte) come esercizio ludico praticato da letterati legati tra loro da vincoli di amicizia.

Il saggio, proponendo numerosi spunti critici e una dettagliata catalogazione dei manoscritti autografi, costituisce una guida indispensabile per chiunque decida di curare l’edizione moderna di una delle commedie, nonché una valida premessa per i futuri studi su uno degli aspetti più insoliti – rispetto alle coeve drammaturgie europee – del teatro spagnolo del XVII secolo.

 

Tommaso Assennato


copertina del volume di Roberta Alviti

cast indice del volume


 



 
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