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Luchino Visconti e il suo tempo

A cura di Caterina D'Amico de Carvalho e Elio Testoni

Milano, Electa Mondadori, 2006, € 30,00

E’ stata una dei punti di forza della neonata Festa del Cinema di Roma la sontuosa mostra "Luchino Visconti e il suo tempo", allestita all’Auditorium Parco della Musica dal 13 ottobre al 2 novembre 2006. Curata da Caterina d’Amico de Carvalho e Elio Testoni, la mostra ha reso omaggio a uno dei più grandi uomini di spettacolo del Novecento, Visconti, appunto, ed ha permesso alle migliaia di visitatori di entrare a contatto con il prezioso quanto raro materiale proveniente dall’Archivio Luchino Visconti dell’Istituto Gramsci, nel centenario della nascita del grande regista milanese.

Ne dà testimonianza il bel catalogo pubblicato dalla Electa che, illustrando il percorso della mostra, divisa in tre ambiti (teatro, cinema, musica), riafferma l’intento conduttore che ha ispirato l’allestimento: inserire la figura di Visconti nella storia della cultura, della politica e della società italiana ed europea dei decenni che egli ha attraversato con la sua poliedrica attività di grande artista. Visconti dunque non solo come uomo di spettacolo fra uomini di spettacolo, ma anche uomo di cultura europeo, la cui biografia è strettamente intrecciata con quella di uomini politici e di intellettuali del tempo.

Ricollocare la vicenda artistica di Visconti nel "suo" tempo è dunque il filo rosso che lega i tre interventi contenuti nel catalogo, firmati da Tullio Kezich (per il cinema), Elio Testoni (per il teatro) e Franco Serpa (per la musica).

Lo scrive subito Kezich nel suo saggio dal titolo emblematico Quei luchini là…Contestualizziamo il Conte, "guardando non tanto ai molteplici, fertili e contrastanti rapporti di lavoro, quanto a un panorama più ampio fatto di influenze reciproche, prese di distanza, convergenze, amicizie provvisorie (e no) come del resto inimicizie". E allora è all’insegna della fitta schiera dei viscontiani che Kezich si rivolge nel ricostruire la biografia cinematografica del Conte Rosso: l’apprendistato francese a fianco di un gigante, Jean Renoir, le amicizie importanti nella Parigi bellica (Coco Chanel), il ritorno in Italia e il sodalizio intellettuale con il gruppo di "Cinema", Ingrao, Alicata, De Santis, Pietrangeli, Lizzani, Guttuso, fino all’esordio con un film già rivoluzionario, Ossessione, i rapporti con il PCI e con Togliatti, le visite alla sua residenza romana di via Salaria, che diventa uno status symbol. Ma alla fine della guerra la sua vita teatrale si intreccia con quella di un altro gigante, Giorgio Strehler, che condivide, in una malcelata distanza, l’avventura della grande rivoluzione registica che travolge il "vecchio" teatro italiano, portandolo finalmente ad un’adeguata dimensione di respiro europeo e internazionale. "I due registi" scrive Kezich "si tenevano d’occhio senza antipatia, ma l’uno invidiava all’altro la direzione di un teatro e l’altro avrebbe voluto la stessa possibilità di dividersi tra il palcoscenico e lo schermo". Per tornare al cinema, e più propriamente alla triade che fa rinascere nel dopoguerra su nuove basi il cinema italiano, Visconti-De Sica-Rossellini, Kezich scrive della vicinanza tra il Conte e De Sica (interprete del Matrimonio di Figaro, per la regia di Visconti nel 1948), e della freddezza dei rapporti con Rossellini, malgrado più volte i tre si siano incrociati in progetti di film collettivi a episodi. Forse il legame tra essi più forte è rappresentato da un’attrice: Anna Magnani, grande amica e sodale di Visconti fino al 1956, quando sopravviene la brusca rottura, dovuta alla delusione dell’attrice per non aver ottenuto la Coppa Volpi a Venezia da una giuria di cui l’amico era presidente. Continua poi la carrellata dei viscontiani con la sceneggiatrice di sempre, Suso Cecchi D’Amico, il costumista Piero Tosi, il direttore della fotografia Giuseppe Rotunno, la distanza abissale con il "nemico" Federico Fellini, fino al 1963, quando tra i due maestri scoppia la pace, tanto che i due finiscono per apprezzarsi, forse più dal punto di vista umano che da quello artistico. Incontestabile resta la "paternità" artistica di Visconti su due intere generazioni di straordinari attori, divisi tra set e palcoscenici: Rina Morelli, Paolo Stoppa, Massimo Girotti, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Alain Delon, Romy Schneider, Annie Girardot, Silvana Mangano; e naturalmente il merito di scoperte più o meno dirette: Antonioni, Maselli, Zeffirelli, Rosi, De Lullo.

Luchino Visconti
Luchino Visconti

Nel saggio dedicato all’attività teatrale di Visconti, rigorosamente divisa da Testoni in sezioni cronologiche, si ripercorre l’intera carriera del regista, anche se l’attenzione si concentra soprattutto negli anni che vanno dal 1946 al 1953, anni in cui il Conte si rese protagonista di una profonda rivoluzione operata sul piano del repertorio (gli autori francesi, americani e la rilettura dei classici), delle tematiche, della messinscena, della recitazione, del rapporto con il pubblico, attraverso l’idea di un teatro inteso a rappresentare i problemi, le angosce e i conflitti presenti nella società contemporanea e come luogo di totale libertà d’espressione: autonomia dalla scrittura nella potenzialità del testo, attraverso l’affermazione della figura totalizzante del regista, quale unica responsabile dell’assemblamento di tutte le componenti della scena. La carriera teatrale è forse quella che risente di più dell’influenza che sugli spettacoli hanno i grandi cambiamenti politici, sociale ed economici che attraversano l’Italia negli anni Cinquanta e Sessanta. Dopo il 1954, fino al 1973, infatti si registra l’esaurimento del realismo critico, l’accentuarsi della "dittatura della regia", il rifugio nell’estetismo e il progressivo distacco dalla contemporaneità.

Nella sezione dedicata alla regie del teatro musicale, Franco Serpa sottolinea la profonda attrazione che Visconti ha avuto per l’opera italiana: "una sua predilezione specifica per la teatralità operistica o magari una familiarità con il calore tipico di quegli accenti e di quei gesti, compariva, a tratti, anche nei suoi film o negli spettacoli drammatici. Visconti non fu certo il solo a porsi, nel giro di pochi anni, il problema di restituire vitalità scenica alla drammaturgia musicale ottocentesca. Il lavoro, però, di nessun altro regista di opera (neppure quello di Strehler) fu quanto il suo la spontanea continuazione di una personale condizione sociale e civile e significò la trasformazione in attività pubblica di una privata eredità ideale (le idee del romanticismo lombardo e quindi lo spirito del melodramma). L’inizio del lavoro di Visconti nel teatro d’opera non avvenne, insomma, per una singola, felice occasione, ma per necessità naturale. E questo fu evidente, dai risultati, almeno dai massimi, delle sue regie, che imposero un metodo e una qualità da allora irrinunciabili. Se non fu una scuola nel senso più tradizionale del termine, tuttavia alcuni dei suoi più giovani collaboratori ricevettero da lui uno stile, uno gusto per l’immagine precisa e patetica insieme, un’attitudine alla concisione simbolica nell’azione scenica inconfondibili". Serpa ripercorre gli incontri tra Visconti e i grandi nomi della lirica internazionale: il sodalizio con Maria Callas e quelli con Cesare Valenti, Giulietta Simionato, Nicola Rossi, Gianni Raimondi, Silvio Maionica, Sena Jurinac, Nancy Shade.

Il catalogo propone, naturalmente, un bellissimo repertorio iconografico: foto di scena scattate sui set e sui palcoscenici, sceneggiature, copioni, cartoline autografe, documenti postali e tantissime testimonianze del lavoro di un uomo e di un artista che resta fondamentale nella storia dello spettacolo europeo del Novecento. "Mentre il tempo passa" scrive Kezich, riportando un’affermazione di Zeffirelli "mi scopro sempre più la nostalgia di Visconti. Sembra che oggi non ci sia in giro nessuno che abbia la sua statura eroica… Fu un educatore, un maestro nell’antico senso rinascimentale, circondato da devoti apprendisti e collaboratori". E già questa, verrebbe da dire, è un’eredità degna di un gigante.



Marco Luceri


"Luchino Visconti e il suo tempo"

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