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Cineforum 454
rivista mensile di cultura cinematografica

anno 46, n. 4, maggio 2006, euro 7,20

Il Caimano: Italia cuore di tenebra, con questo significativo titolo la rivista «Cineforum» inaugura un ricco speciale sul film di Nanni Moretti. Giorgio Cremonini, Roberto Chiesi, Franco La Polla, Michele Fadda, Emiliano Morreale e Pier Maria Bocchi ci suggeriscono sei differenti chiavi di accesso all’attesissimo ultimo lavoro del regista di Caro Diario. In E questa casa diede alle fiamme Giorgio Cremonini sottolinea come nel gioco della doppiezza, nella sfasatura tra il voler essere qualcosa o qualcuno e l’inadeguatezza a concretizzare questo desiderio si trovano (cito) "i cardini fondanti della commedia", ma anche, ed è questa la vera ragion d’essere della commedia, "tutta la potenzialità drammatica della situazione". Il dramma è nel fallimento professionale di Bruno Bonomo/Silvio Orlando, ex regista trash che non riesce a fare il suo film, è nel suo fallimento familiare, è nella inquietante moltiplicazione dei volti del Caimano. Chi è il Caimano? Alla fine assume le sembianze di Moretti attore, tramite cui Moretti regista recupera in parte la gag de Il grande dittatore di Chaplin. Ma Cremonini fa notare che la distanziazione operata da Chaplin è qui raggiunta con una interpretazione nuda: non vi è più l’accorato appello al mondo, ma la crudele verità di un discorso apocalittico. E attorno alle macerie e al delirio di ogni morale Roberto Chiesi costruisce il suo articolo. In Nel tumore italiano il pensiero di Chiesi va al Fellini de La voce della Luna, e più ancora al Fellini di Ginger e Fred, in cui il regista riminese descrive la artificiosità e la mancanza di dignità di quel mondo televisivo di cui il Caimano è al tempo stesso fautore e prodotto. A un certo punto della nostra storia più recente, quel mondo becero e superficiale è uscito dallo schermo televisivo e ha invaso, come in metastasi, altri organi della società, la politica per esempio. Come difendersi dalla moltiplicazione delle cellule tumorali? Assumendole su di sé e rivelando tutto l’orrore della loro essenza. A questo scopo, secondo Chiesi, Moretti immola il suo volto diventando il Caimano, freddo e agghiacciante, preso in tutta la sua volontà di violenza e prevaricazione. In Niente ninna nanna per la sinistra Franco La Polla parla de Il Caimano come una salutare riflessione sulla coscienza sopita della sinistra italiana. Michele Fadda in Ceci n’est pas Berlusconi… analizza foucaultianamente il percorso attraverso il quale Moretti, con un sapiente lavoro sui paradossi del linguaggi (Ceci n’est pas une pipe, appunto), riesce a svelare il vero volto del Caimano, che è quello di una coscienza corrotta. Il Caimano è sempre uguale e diverso da se stesso, i caimani sono similari solo nella coscienza. E le similarità, che procedono e si moltiplicano per piccole differenze, mostrano con più evidenza le proprie sbavature. Gli ultimi due interventi Du musst Berlusconi werden e Privato e pubblico, rispettivamente di Emiliano Morreale e Pier Maria Bocchi, insistono sulla cupezza de Il Caimano. Morreale si chiede, anche se in maniera un po’ critica nei confronti di Moretti, se questo film non ci riveli come negli anni siamo diventati molto più berlusconidi di quanto pensiamo. Al contrario Bocchi vi vede alcune aperture generose (l’idillio della famiglia alternativa) che superano i rancori e il pessimismo delle opere che l’hanno preceduto.

Nella sezione "Schede" i film recensiti sono Inside man di Spike Lee, Il grande silenzio di Philip Gröning, L’incubo di Darwin di Hupert Sauper, V per Vendetta di James McTeigue, Factotum di Bent Hamer, La vita segreta delle parole di Isabel Coixet, Due volte lei-Lemming di Dominik Moll, Prova a incastrarmi di Sidney Lumet e Fallace & Gromit: La maledizione del coniglio mannaro di Steve Box e Nick Park. Da segnalare la recensione di Tullio Masoni sulla pellicola di Gröning, un documentario sulla Grande Chartreuse presso Grenoble, dove il regista ha vissuto per quattro mesi insieme ai monaci, girando da solo e in "contemplazione" il suo film.

Denso e interessante è inoltre il saggio di Maurizio Pettinesco, Una quiete disperazione, sul cinema di Hong Sang-soo. Pettenesco sottolinea come Hong costruisca la sua opera attorno a figure della marginalità: tentati suicidi, amori non corrisposti, alcolismo e depressione. Il tema portante, quello che collega tutti questi motivi, è quello della morte che in Hong non è non-ritorno, ma porta invece a un’inevitabile trasformazione. Il cinema del regista coreano è cresciuto operando una rivisitazione degli stilemi di Ozu, che in Hong non ricompongono l’armonia ma corrono verso lo sfasamento della prospettiva, e quelli di Michelangelo Antonioni.

In Una questione di pelli Tullio Masoni ci parla della mini-rassegna (nove film) sul cinema islandese tenutasi quest’anno al Bergamo Film Meeting, individuando come traccia comune dei lavori presenti il difficile rapporto degli islandesi con la propria terra: una condizione schizofrenica, fatta di forte senso di appartenenza e desiderio di fuggire.

Conclude il numero "Tivutarget" di Giorgio Cremonini che questa volta riflette sulla confusione televisiva delle giornate elettorali, sospese tra l’insicurezza dei risultati e l’inutilità dei dibattiti giornalistici.




Lucia Di Girolamo


Cineforum 454

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