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A.A.A.-T.A.C.


A cura di Giovanni Morelli e Veniero Rizzardi

Anno II, n° 2, Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 2005, € 95,00
ISSN 1824-6176
Il profilo dell'annuario A.A.A.-T.A.C.. Acoustical Arts and Artifacts: Technology, Aesthetics, Communication si definisce e precisa col secondo numero, uscito a fine anno scorso, curato anche in questo caso, per la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, da Giovanni Morelli (editor) e Veniero Rizzardi (associate editor). Se, nel primo fascicolo, a saggi vari genericamente rubricati sotto la voce "di altri artefatti" era affiancata una sola sezione monotematica sul mezzo radiofonico (per un totale 8 testi e 122 pagine), la maggiore mole del nuovo (12 testi, un componimento in versi, 194 pagine) imponeva un assetto più funzionale e meditato. Sono ora presenti tre sezioni: "ascolti I: interruzioni e ritorni", "ascolti II: tecnica e strutture", "ascolti III: paesaggio e paesaggi".

Alla prima sezione sono correlati testi di carattere prevalentemente teorico. Fra questi, l'approfondito Studi su ma di Luciana Galliano, in cui si analizza il sistema delle pause e delle tensioni all'interno della musica giapponese, in una prospettiva culturale e comparativa; l'etereo L’ouïe connaît ou l’oreille des langues, scritto da Michel Serres, notazioni apparentemente estemporanee e private che, in realtà ci parlano delle correlazioni strutturali tra fenomeni naturali e musica, ove per fenomeni di natura si intendano, oltre i canti dei volatili o le forme sonore degli eventi atmosferici, anche le modalità di funzionamento delle diverse lingue, nel quadro di una sorta di soggettivizzazione del suono e dell'ascolto musicale che si dispiega nel sogno di un'acustica universale, composizione ideale tra cultura scientifica e umanistica nel nome della musica, vibrazione che permea di se persino i filamenti del DNA; Mauro Piccinni disvela la vita e le opere di un maestro della musica colta del '900, meno conosciuto dei suoi contemporanei Henry Cowell e George Antheil a causa di una vita condotta, per larga parte, senza clamori e nel più assoluto disinteresse per la sua stessa produzione musicale, tanto da impedire a chiunque la consultazione e riproduzione delle proprie partiture fino alla morte, intervenuta nel 2002, la cui figura presenta aspetti di estremo interesse non solo per il carattere innovativo della sua musica (passata dal futurismo alla dodecafonia schömberghiana, al classicismo) ma anche per il singolare approccio alla pagina scritta, con la quale Ornstein non aveva alcun rapporto, nell'attività di produzione e in quella della performance. Solo molto tempo dopo dettava alla moglie la partitura, direttamente a memoria.

Questi aspetti, antropologicamente e psicologicamente interessanti della complessa arte di Ornestein, ci portano direttamente ad un saggio della seconda sezione (dedicata ad aspetti tecnici dell'ascolto di musica e suoni): Il suono oltre il segno: la carta, i limiti e gli inganni (cinque esempi), di Angela Ida De Benedictis, in cui l'autrice illustra i problemi di ricomposizione filologica di alcune partiture di musica colta del secondo Novecento, quando queste, ove presenti in forma cartacea, siano solo una testimonianza, parziale e non esaustiva, dei complessi oggetti sonori realizzati con l'ausilio di live electronics, spazializzazione del suono, posizionamenti diversi di orchestre e musicisti nello spazio reale a disposizione, come nei cinque esempi proposti, tratti da opere di Luigi Nono (A floresta è jovem e chaja de vida – 1965-66), Bruno Maderna (Honeyrêves – 1961; Ausstrahlung – 1961; Don Perlimplin – 1961) e Luciano Berio con lo stesso Maderna e Roberto Leydi (Ritratto di città – 1954). L'autrice arriva con coraggio a mettere in discussione, quando ci si presenti dinanzi a problemi come quelli suscitati dalle opere in questione, lo stesso valore di testimonianza assoluta attribuita alla notazione scritta nell'ambito della tradizione musicale d'arte del mondo occidente.

La seconda sezione presenta altri apporti interessanti, fra i quali segnalo lo studio di Giada Viviani sul pensiero acustico negli scritti di Richard Wagner ("Akustik ist noch ein Geheimnis": Akustischer Gedanke in Wagners Schriften) e l'approfondito e "difficoltoso" (ad una lettura non consapevole e attenta) saggio di Luca Conti Artefatti e teoria nel Sistema natural de la música (1951) di Augusto Novaro, che apre uno squarcio di conoscenza sugli studi, quasi maniacali ma lucidissimi, in cui il genio dello studioso messicano Novaro si produsse e che condussero all'opera indicata nel titolo, ove confluivano quasi miracolosamente - ma sempre sostenuti da una solida base scientifica - acustica, teoria musicale, sistemi di temperamento microtonale, rettificazione del sistema ben temperato, sistemi di misura del suono, costruzione di strumenti speciali dall'accordatura microtonale insieme con realizzazione di strumenti originali.

Appare di rilievo anche il testo di Olivier Senn, Tonaufnahmen als Object der analyse, Rhythmische Koordination und musikalische Spannung in Sarah Vaughans Einspielung des Musicalhits My Fovourite Things, per l’attenta analisi dei tratti caratteristici - in particolare dal punto di vista ritmico - di uno dei grandi standards della musica afro-americana, nella versione resa da una delle più belle voci del genere, Sarah Vaughan.

La direzione di A.A.A.-T.A.C. considera l'approccio antropologico al "fatto" musicale come irrinunciabile non solo nei confronti delle musiche tradizionali ma anche nella prospettiva storica e d'analisi della musica colta occidentale, in accordo con le tendenze più recenti della ricerca etnomusicologica. In questo orizzonte, la sezione finale è quella in cui è più evidente l'assetto appena descritto, a cominciare dal saggio di Luigi Maria Sicca intitolato Organizing Chamber Music as Culture. Si tratta una analisi dei processi di produzione nelle arti performative, in cui la struttura organizzativa della musica da camera - in particolare il caso delle Settimane internazionali di Musica d'Insieme di Napoli - è posta come paradigma dei modi con i quali dette esperienze artistiche sono programmate, in particolare nell'individuazione di tre concetti cardine come quelli di 1. prosumer (il ruolo attivo del fruitore nel contribuire a stabilire i parametri di base di una performance); 2. listening ability (la capacità di ascolto e interplay fra gli attori della performance; 3. il concetto di valore (value) nelle diverse prospettive da cui può essere rilevato (musicisti, autori, organizzatori, produttori, finanziatori, pubblico).

Un lungo e affascinante saggio di Giovanni De Zorzi, Musical Tracks along the Silk Road, ricco di suggestioni e di colti riferimenti, prende alla lettera il titolo della sezione di AAA - TAC per cui è stato scritto (Paesaggio e Passaggi), inoltrandosi da Venezia alla Cina in un articolato viaggio musicale sui luoghi già percorsi da Marco Polo lungo le rotte terrestri per aprire una via commerciale al traffico di prodotti orientali, in primis la seta. Dalla Bosnia a Istanbul, da Samarcanda alle pianure iraniane, De Zorzi informa il lettore con precisi riferimenti discografici relativi a musiche tradizionali o d'arte che gli etnomusicologi contemporanei hanno raccolto negli ultimi anni, contestualizzandole nell’ambito culturale da cui quelle esperienze emergono.

Dhamba: the social origins of a genre of aboriginal traditional songs in North-West Australia in the 1960s, di Alberto Furlan, illustra le trasformazioni e la risignificazione a cui è stato sottoposto un particolare canto aborigeno negli anni Sessanta, mostrando come espressioni musicali afferenti a gruppi sociali diversi e in competizione fra loro si siano adattate a inediti nuovi assetti sociali. Di particolare interesse mi è parsa, dal punto di vista antropologico, la visione aborigena del cosiddetto "piccolo popolo", cioè di quegli esseri fatati e invisibili che si crede popolino boschi e montagne in molte parti del mondo (quasi un "universale"), nel quadro del mondo ancestrale "del sogno" che costituisce la cosmogonia dei nativi australiani.

Last but not least, una interessante e inaspettata ricerca di Serena Facci sulle suonerie per cellulare, sulle modalità e le motivazioni di scelta delle stesse, sulla loro ricezione da parte dei fruitori e di coloro che ne subiscono l'invadenza sonora. Facci assegna al processo di attivazione delle suonerie nella sfera sonora contemporanea il pertinente termine di "musicalizzazioni", scoprendo nell'aspetto musicale, che rileva come non esclusivo - si pensi all'utilizzazione della vibrazione in luogo dello squillo sonoro - un ruolo privilegiato, con assetti molteplici, diversificati e significazioni semanticamente rilevanti.

 

Giovanni Fornaro


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