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Euripide, Hofmannsthal, Ritsos

Elena. Variazioni sul mito

A cura di Francesco Donadi

Venezia, Marsilio, 2005, pp. 215, € 6,00
ISBN 88-317-8446-3

La casa editrice Marsilio prosegue il progetto di confronto tra scrittura teatrale antica e moderna attraverso la pubblicazione in uno stesso volume di opere trattanti identico tema mitologico. La formula delle "Variazioni sul mito", già collaudata con Medea, Antigone, Elettra, Don Giovanni, Fedra, Orfeo, ora affronta Elena nelle versioni di Euripide, Hugo von Hofmannsthal e Ghiannis Ritsos raccolte in un prezioso libro affidato alla cura di Francesco Donadi.

Le opere letterarie e artistiche dedicate all'eroina greca dall'antichità ad oggi avvolgono la figura femminile nella sfera dell'indecifrabile e dell'indicibile dove staziona l'eros, o per meglio dire l'immagine dell'eros calato in un corpo di bellezza pura e incorruttibile. "Troppo complessa e ambigua per essere gestibile – scrive Donati nell'Introduzione (p.7) – , Elena garantisce alla controparte maschile il piacere del letto e il fremito della passione, ma implica anche turbamento, gelosia, sofferenze." Questa splendida donna fatale, una Marylin Monroe greca, debutta nella letteratura con Omero. Nel terzo canto dell'Iliade è la causa del duello tra Paride e Menelao e la donna si presenta scissa tra la passione erotica nutrita per il primo e la tranquilla serenità matrimoniale garantita dal secondo. Le passioni forti si stemperano nel IV libro dell'Odissea, in cui Elena compare in una dimensione quasi spensierata e domestica nella reggia di Sparta.

Il passaggio dalla letteratura al teatro avviene con Agamennone di Eschilo. Nella tragedia Elena viene indicata, assieme a Paride, come la causa della guerra di Troia e perciò definita dal coro "distruttrice di navi", "di uomini", "di città". Con Euripide il personaggio diventa centrale, compare in sei drammi, assume un ruolo decisivo nelle Troiane del 415. Nel terzo quadro si difende dalle solite accuse cercando di scaricare le colpe sui troiani, in particolare su Paride che la ha sedotta e su Priamo per non aver ucciso lo stesso Paride, malgrado il cupo sogno premonitore. La rabbiosa risposta di Ecuba pone le basi per inquadrare in modo diverso la personalità e l'agire di Elena: gli eventi funesti non derivano dall'intervento divino, bensì dal volere umano. Dunque, l'eroina è innocente come essa stessa si dichiara, oppure colpevole come vuole Ecuba?

 Nella versione di Elena, il testo del 418 che apre l'omonima trilogia delle "Variazioni sul mito" proposta nel volume di Marsilio (traduzione dal greco di Caterina Barone), Euripide opta per la prima ipotesi. Presenta una donna rassegnata e dimessa, priva dell'antica forza vitale, rifugiata sulla tomba di re Proteo in Egitto, ossessionata dal corteggiamento sfrenato di Teoclimeno, in attesa, da donna fedelissima, di Menelao che, come nei migliori romanzi d'avventura, arriva all'improvviso. I due sposi si ritrovano e fuggono con un rocambolesco inganno. Il lieto fine contrasta con la tragica guerra di Troia combattuta per una causa estranea ad Elena, anche se di fatto ritenuta responsabile, e mette in luce l'assurdità del vivere e del debolezze dell'agire umano. "Così, nel giro di qualche anno – osserva Donadi (p. 16) –, l'Elena tragicamente odiosa delle Troiane si trasforma, nell'Elena, in una Lucia [Mondella] contrita, perseguitata e dimessa."

In pieno Ottocento romantico, durante il fecondo sodalizio con Richard Strauss, Hugo von Hofmannsthal scrive Elena egizia (traduzione dal tedesco di Nicoletta Giacon). La trama si presenta assai complessa e filtra il mito in una fiaba in cui convivono i due volti della donna, che lo scrittore austriaco, e questa è la novità, presenta attraverso gli occhi di Menelao. Vero è che lo ha tradito per Paride e per altri uomini, nonostante ciò la ama disperatamente. Il dramma si articola sulla storia di una redenzione attraverso la difficile accettazione del passato di "seduttrice e infedele" della donna e la parallela dichiarazione di pentimento da parte della stessa. In questo felice e ambiguo finale Hofmannsthal usa il paravento della coppia ritrovata per 'provocare' le finte sicurezze del lettore–spettatore in merito alla crisi del nucleo borghese proprio della modernità. Elena egizia fu rappresentata nel 1828 a Dresda, poi fu rimaneggiata nel secondo atto dopo la morte dell'autore da Strauss e dal regista Lothar Wallersein nella cosiddetta "versione viennese" allestita a Salisburgo nel 1933.

Chiude la raccolta Elena di Ghiannis Ritsos (traduzione dal greco di Nicola Crocetti), scritta nel 1970 e composta da un ciclo di diciassette composizioni intitolato Quarta dimensione. Si tratta di un intenso monologo lirico ispirato all'Iliade, in cui la donna si presenta vecchia, prossima alla morte. I segni della sua antica bellezza si sono dissolti, il corpo è in disfacimento. Vive in una stanza malsana disseminata di oggetti che risvegliano la sua memoria, a tratti confusa, in una rievocazione con struggenti flashback che animano l'immagine di un passato glorioso e felice. Questa lunga agonia della parola accompagna il disfacimento naturale del corpo, malgrado l'operosità delle serve che le fanno la toilette e la truccano come un clown. Quando Elena si spegne, accovacciata sul suo letto, le serve avidamente rubano vari oggetti (gabbie per canarini, una radiolina, una stufetta elettrica, piante esotiche), prima dell'arrivo del carro funebre. Poi "di colpo scomparve ogni cosa. Silenzio assoluto." La struggente eroina di Ritsos si dissolve nel nulla e nella morte ritrova la sua estraneità dalle catastrofi delle azioni dell'uomo che la avevano coinvolta, soprattutto dalla Storia.


Massimo Bertoldi


copertina

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