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Revue d'Histoire du Théâtre


a. LVII, 2005, n. 4 (228)
ISSN 1291-2530

Questo numero della "Revue d'Historie du théâtre" si apre con un saggio di Marisa Verna dedicato alla sinestesia teatrale in relazione alla collaborazione tra i poeti simbolisti e i pittori Nabis al Théâtre d'Art diretto da Paul Fort nel biennio 1890-1892. Le teorie estetiche dei due principali pittori che parteciparono all’esperienza, Maurice Denis e Emile Bernard, sono messe a confronto con l'estetica teatrale dei poeti simbolisti, fondata sull'idea di fusione sensoriale. Questo breve episodio rivela molti aspetti di forte innovazione fino ad oggi mai sufficientemente valorizzati.

Romulad Féret, attraverso le vicende della Seine-et-Oise e della Seine-et-Marne, fa luce sul sistema dei privilegi e delle facilitazioni economiche concesse ad alcuni direttori di compagnia a seguito della riforma del 1806 per la centralizzazione dell'organizzazione teatrale. In cambio del monopolio di sfruttamento su una delle circoscrizioni in cui la Francia venne divisa, questi direttori privilegiati, i brevetès, dovevano fornire ai prefetti i loro repertori, gli itinerari, gli elenchi degli scritturati, ecc. Questa disposizione attraversò indenne più regimi politici, dal primo al secondo Impero, che beneficiarono così di un efficace metodo di controllo delle arti. La forte impopolarità dei "privilegi", dovuta anche all’incompetenza e alla corruzione di una parte dei direttori designati, fu particolarmente viva nella Seine-et-Oise e nella Seine et-Marne dove si verificarono accesi contrasti tra i brevetès, desiderosi di affermare i propri diritti, e i sindaci e i proprietari dei teatri che al contrario di quanto stabilito rivendicavano la libertà di usufruire a loro piacimento dei loro beni.

Hélène Denis mette al centro del suo articolo l'interessante figura di Joseph Boulogne, più noto sotto il nome di cavaliere di Saint-George, approfondendo il contesto di una rappresentazione del Don Juan noir al Théâtre des Variétés a Parigi il 15 febbraio del 1840.

Colette Scherer propone un articolo sul ruolo del vaudeville, inteso nella sua doppia accezione di canzone e pièce teatrale, nel contesto politico della rivoluzione francese. Nel primo caso la logica della produzione del vaudeville si articola in una struttura poetica, il testo, e in una musicale, che concorrono nella comunicazione del significato. Come genere teatrale il vaudeville accrebbe la sua popolarità, sancita nel 1792 dalla nascita del Théâtre du Vaudeville a Parigi, durante la rivoluzione. L'analisi della pratica del vaudeville mette in rilievo il ruolo politico di un genere a priori comico e leggero, dimostrato dalla mole di produzioni negli anni turbolenti della rivoluzione e dalla partecipazione attiva alle rappresentazioni del pubblico capace di coglierne le allusioni.


Emanuela Agostini


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