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Theaterheute


2006, n. 1, pp. 72, € 9,80
ISSN 0040 5507

La consueta rassegna rivolta alle novità della scena teatrale tedesca ("Aufführungen") si apre con la recensione di due spettacoli prodotti dal teatro di Basilea. La modernità di Vildanden (L’anitra selvatica) di Henrik Ibsen è sviluppata dal regista Stephan Müller che imprime ritmi assai accelerati alla narrazione della vicenda, con gli attori impegnati in acrobatici e rapidi dialoghi, tanto da concentrare la rappresentazione in poco più di un'ora. Tra gli interpreti si sono distinti Mario Adolf (Werle), Vincent Leittersdorf (Georges Werle), Hans-Rudolf Twerenbold (il vecchio Ekdal), Thomas Reisinger (il medico), Susanne-Marie Wrage (la signora Sörby).

Dura oltre quattro ore Das Goldene Vlies (Il vello d’oro) di Franz Grillparzer nella versione firmata da Lars-Ole Walburg. La scena è nera, come i vestiti indossati dal coro e da Medea (Sandra Hüller), straziante e moderna eroina tradita da Giasone (Edmond Telgenkämper) che la abbandona per sposare Creusa (Lilly Marie Tschörtner), la figlia del re di Corinto (Andrea Bettini), mosso dalla ambiziosa scalata al successo in una società capitalista.

Di pregevole fattura artistica sono risultati gli spettacoli ricavati da commedie di Anton Cechov. Nello Schauspiel di Hannover Jürgen Gosch propone un'edizione in chiave contemporanea di Tri sestry (Tre sorelle) che mette in evidenza l'alienazione esistenziale dei personaggi dando respiro a tematiche quali le strettoie del protestantesimo e la vocazione alla vita libera, la divina provvidenza e l'anarchia. I ruoli principali sono stati affidati a Christoph Franken (Andrej), Katharina Lorenz (Masa), Oda Thormeyer (Olga), Sibille Brunner (Irina), Isabelle Menke (Natasa). Visnevyi sad (Il giardino dei ciliegi), ancora firmato da Gosch per lo Schauspielhaus di Zurigo, analizza i dissidi interiori e affettivi, anche con un certo humor, di un'umanità coinvolta in un mondo in trasformazione, che poco capisce ma che sta spazzando via le antiche certezze. Nella compagnia figurano nomi di attori di successo, a partire da Corinna Kirchhoff e Oliver Stolowski, per proseguire con Fritz Schediwy, Karin Pfammatter, André Meyer.

Esperienze teatrali innovative, segnate da allestimenti di testi classici interpretati però con linguaggi e registri espressivi contemporanei, costituiscono la cifra stilistica della scena di Monaco. Si allinea a questo percorso di ricerca il recente allestimento delle Baccanti di Euripide proposto da Jossi Wieler per i Kammerspiele, che concentra l'attenzione sui rapporti conflittuali tra i personaggi in una dimensione in cui eros e morte dialogano con esiti drammatici. Positiva è risultata la prova degli attori, tra i quali Robert Hunger-Bühler (Dioniso), Peter Kremer (Tiresia), Peter Brombacher (Cadmo), André Jung (Penteo), e con loro Wiebke Puls e Silvana Krappatsch. Diversa è la versione delle Baccanti data da Dieter Dorn e applaudita nella sala del Bayerischen Staatsschauspiel. Domina il taglio di una visione politica con limpidi e apocalittici riferimenti all'11 settembre espressi da immagini video. L'elemento barbaro della tragedia greca diventa metafora del terrorista arabo moderno. Il regista affida il ruolo di Dioniso a Rolf Boysen, attore di 85 anni, e Penteo a Jens Harzer.

A Brema Thirza Bruncken ha allestito Geburt der Jugend, testo di Arnolt Bronnen che affronta il tema della ribellione adolescenziale sviluppando le tematiche relative alle frustrazioni sessuali, allo scontro con i genitori e con la società. La regia imposta lo sviluppo della trama con leggerezza e giusta ironia, ricorre all'uso di video e di musiche rock, e si affida ad un gruppo di attori di pregevole abilità espressive (Trystan W. Pütter, Heiko Raulin, Friederike Pöschel, Franziska Schubert, Verena Günther).

Una fredda e opprimente scenografia metallica, cupe musiche e video dal contenuto violento, il movimento nervoso e inquietante degli attori e le loro crude tensioni verbali, costituiscono le caratteristiche basilari dell'allestimento dello shakesperiano Richard III proposto dal giovane regista Sebastian Baumgartner nello Schauspiel di Hannover e affidato all'interpretazione, tra gli altri, di Christoph Franken (re Edoardo), Holger Bülow (Clarence), Clemens Schick (Riccardo III), Wolfgang Michalek (il duca di Buckingham).

Elfriede Jelinek occupa molte pagine di questo numero di "Theaterheute", poiché al talento del Premio Nobel per la Letteratura è stato recentemente dedicato un corposo e interessante volume, Elfriede Jelinek – Ein Porträt di Verena Mayer e Roland Koberg (Reinbek, Rowohlt Verlag, 2006, pp. 304, € 19.90). Nel lungo estratto, che corrisponde al primo capitolo del volume biografico, gli autori ripercorrono l'adolescenza viennese, dominata dal rapporto con la musica, gli studi scolastici e i primi contatti con la poesia.

In "Performance" si parla di Hermann Nitsch, enfant terrible austriaco, che recentemente ha scosso il pubblico viennese con uno spettacolo strutturato in 122 azioni animate da attori intorno ad un maiale sanguinate, crocifisso e aperto in due. In scena domina la rappresentazione del crudele e del ferino, la dimensione primordiale del teatro con i suoi richiami ai riti orgiastici e misteriosi. Il testo del mese è Auf der Greifswalder Straße di Roland Schimmelpfennig.





Massimo Bertoldi


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