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Bianco & Nero
Rivista quadrimestrale del Centro Sperimentale di Cinematografia

a. LXV, 2004, n. 2, € 24,00

Il terzo numero della rinnovata serie di “Bianco & Nero” si propone di esplorare un territorio del tutto nuovo nel panorama degli studi nazionali: la tecnologia nel (e del) cinema italiano, tema al centro di un vasto progetto di ricerca interuniversitario triennale che ha coinvolto nove atenei. I primi risultati cui hanno condotto le ricerche delle diverse unità, coordinate da Francesco Casetti, sono emersi nel marzo 2004, in occasione del Convegno Internazionale di Studi sul Cinema organizzato dall’Università di Udine e della International Film Studies Spring School di Gradisca d’Isonzo; due importanti luoghi di confronto tra studiosi da cui provengono i saggi contenuti in questo numero monografico, curato dallo stesso Casetti insieme a Mariagrazia Fanchi.

 

I diversi contributi hanno il merito di far luce su argomenti da sempre trascurati dagli storici del cinema e di indicare le molte possibili direzioni cui può condurre lo studio della tecnologia cinematografica. L’approccio privilegiato è quello rivolto a far emergere le connessioni con il contesto sociale e culturale, in ragione dell’idea di fondo, enunciata da Casetti nel saggio introduttivo, secondo cui «per il cinema italiano la tecnologia sembra essere un luogo di negoziazione di valori (economici e sociali) nel dialogo da un lato con l’industria del cinema americano (prima) e con il sistema globale dei media (poi); dall’altro con i suoi diversi pubblici [...]» (p. 18).

 

In apertura, il saggio di Riccardo Redi passa in rassegna gli innumerevoli tentativi condotti da inventori italiani per brevettare un sistema di sincronizzazione del suono, ben prima dell’epoca canonizzata del film parlato. Al periodo del muto e alle questioni collegate allo studio delle sue tecnologie e tecniche sono dedicati altri tre contributi. Silvio Alovisio sposta l’attenzione dagli apparecchi tecnologici alla produzione discorsiva cui essi danno vita sulle pagine della pubblicistica specializzata, chiedendosi quali specifici problemi ponga l’utilizzo delle riviste come fonte per la storia tecnologica del cinema e individuando diverse tipologie caratterizzate da peculiari relazioni con l’oggetto di studio; problematiche simili emergono dal contributo di Alberto Friedemann, che, prendendo in esame il caso dell’industria cinematografica torinese nei primi trent’anni del secolo, offre un documentato panorama delle fonti utilizzabili, del loro quoziente informativo e del loro grado di attendibilità. In questi stessi decenni, come mostra il saggio di Cristina Jandelli, non solo i tecnici ma anche gli attori possono produrre discorsi sulla propria professione, all’interno di una strategia di nobilitazione artistica: il caso di Paolo Azzurri, fondatore di una scuola di recitazione a Firenze, autore di un misconosciuto manuale in cui si mette a fuoco il rapporto tra tecnologia del set e lavoro dell’attore, lascia intravedere la necessità di ripensare il rapporto tra canoni recitativi cinematografici e teatrali nell’Italia degli anni Dieci.

 

Agli altri contributi spetta il compito di far luce sui decenni successivi all’avvento del sonoro: Vincenzo Buccheri e Luca Malavasi si interrogano sul rapporto che intercorre tra industria cinematografica italiana, produzione filmica e identità nazionale, focalizzando l’attenzione su due storiche società milanesi produttrici di apparecchi da proiezione: la Pio Pion e la Cinemeccanica; Federico Vitella si incarica di esplorare le dinamiche conflittuali e negoziali che accompagnano l’arrivo in Italia del CinemaScope e finiscono per favorire la massiccia conversione degli esercizi italiani alla novità dello schermo largo; Giacomo Manzoli e Guglielmo Pescatore si soffermano su quello che appare come un fenomeno tipicamente italiano, ossia la diffusione, negli anni Sessanta, di tecnologie nazionali a basso costo alternative alle più costose proposte estere, in ragione di quella cultura del falso, del plagio e del riciclaggio su cui si innerva almeno una parte della produzione nazionale di apparecchi e accessori per il cinema.

 

Tra le attività collegate alla ricerca interuniversitaria sulla tecnologia del cinema è da ricordare anche la realizzazione di un database bibliografico in cui è stata schedata una gran mole di articoli e spazi pubblicitari provenienti dalle principali riviste italiane che hanno toccato l’argomento più o meno direttamente; un apposito saggio di Paola Valentini illustra il funzionamento della banca dati e i relativi criteri di catalogazione e ricerca. Nella sezione iconografica, Leonardo Gandini propone un’ampia scelta di immagini rivolte a illustrare l’immaginario tecnologico nel cinema italiano, che nel corso del Novecento sarebbe stato capace di tracciare «una sorta di dettagliata mappa delle possibili relazioni tra gli uomini e le macchine» (p. 120). Infine, il saggio di Mariagrazia Fanchi prende in esame il fenomeno del multiplex, che ha ridisegnato profondamente i paradigmi legati all’esperienza di visione, tracciando una nuova forma di spettatorialità cinematografica.

 



Federico Pierotti


copertina

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