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What ever happened to Baby Kane? Convegni
Si è svolto a Novi Sad in Serbia-Montenegro dal 31 maggio al 1° giugno 2003 il Symposium 03 della Associazione Internazionale dei Critici Teatrali, organizzato insieme con Sterijino pozorje di Novi Sad. La nostra rivista è stata invitata a partecipare al convegno che quest'anno aveva come tema Il Nuovo Dramma Europeo. La maggioranza dei partecipanti proveniva dai paesi dell'Est, vecchi, nuovi, e alcuni, ahinoi e ahiloro, 'ribattezzati' non con l'acqua santa ma con bombe made in USA: Serbia-Montenegro, Macedonia, Ungheria, Bulgaria, Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia, Croazia, Slovenia. Ma erano presenti anche delegazioni dal Regno Unito, dalla Francia, dal Canada, dalla Spagna, dall'Austria, dalla Germania, dalla Finlandia, dal Belgio, dall'Italia. I convegnisti provenivano da varie categorie professionali: professori e ricercatori universitari, studiosi, drammaturghi, registi, managers, giornalisti. Crediamo di poter dire che per ovvi e tristi motivi non c'era alcun rappresentante degli Stati Uniti.

Sul cosiddetto nuovo dramma europeo i partecipanti erano chiamati a rispondere ad alcuni interrogativi proposti dal comitato organizzatore: " Il nuovo dramma europeo è una forma d'arte o solo un prodotto commerciale? " (New European Drama: Art or Commercial Product?), quesito, tra gli altri, sentito come uno dei più urgenti. Fin dal primo giorno è emerso chiaro un problema che riguardava l'oggetto in questione che si è rilevato piuttosto difficile da definire. Non tutti, infatti, sono propensi, compreso chi scrive, ad ammettere l'esistenza di una vera nuova drammaturgia nel vecchio continente. Da subito c'è stato una sorta di scontro ideologico, e antico, tra la delegazione francese e quella inglese. Quest'ultima infatti ha fatto un po' la parte del leone. Forte di autori come Sarah Kane e Mark Ravenhill, tra i più rappresentati sui palcoscenici di mezzo mondo negli ultimi anni, la scena britannica è certamente in primo piano, tanto che la Kane è stata l'autrice più citata. I temi della violenza, della devianza, del cosiddetto neobrutalismo hanno 'invaso' molte delle relazioni. Tuttavia questi argomenti hanno anche suscitato le rimostranze di altri che non vedevano in quei contenuti una vera novità. C'è chi ha citato come riprova le opere più horror di Shakespeare, per risalire fino a Seneca e alla tragedia greca (si pensi a Medea, tanto per fare un esempio) e chi ha indicato, come il delegato spagnolo (Manuel F. Vieites), nelle tragedie internazionali e nel neocapitalismo il vero nuovo oggetto drammaturgico, spingendosi fino a criticare qualsiasi forma di commercializzazione dell'arte. Un parere estremo, anche se coerente e rispettabile, che ha fatto dire al sottoscritto (con affettuosa simpatia): Ma anche i marxisti devono mangiare!

Dal punto di vista di una analisi del mercato e delle strategie che lo sovrintendono uno degli interventi più interessanti è stato quello di John Elson, già presidente dell'A.I.C.T., oltre che collaboratore in passato di importanti industrie dello spettacolo, dalla Paramount alla BBC. Elson ha analizzato vantaggi e svantaggi del sistema privato da un lato e dei finanziamenti pubblici al teatro dall'altro. La sua lucida analisi ha mostrato che avere per committente-cliente un ministero della cultura non è esattamente la panacea per evitare i problemi del sistema privato, troppo competitivo e gestito da managers da School of Economics ignoranti di arte o di teatro. Elson ha auspicato che i teatri e le compagnie sappiano porsi in una posizione di mercato adeguata, indipendente ed equidistante sia dal sistema pubblico che da quello privato, perché entrambi, se eletti come unici canali di finanziamento, tendono ad annullare il potere creativo e contrattuale di una compagine artistica. La 'speranza' è che da questo periodo di transizione storica ed economica emerga una appropriata e nuova forma di teatro sia dal punto di vista artistico, sia da quello impresariale.

David Edgar, commediografo inglese contemporaneo (vedi la nostra intervista), si è soffermato invece sul ricorrere sulla stampa britannica di 'necrologi' sulla morte del teatro inglese, cui fa seguito costantemente la nascita di una nuova generazione di drammaturghi: fu così negli anni '50 con gli "angry young men" (John Osborne, Arnold Wesker e John Arden); è accaduto negli anni '70 quando giovani autori (tra cui David Edgar), ispirati dalle rivolte giovanili degli anni Sessanta, tentarono di creare un teatro fuori dagli edifici dell'ufficialità. Ed è accaduto anche negli anni '90 con Sarah Kane e Mark Ravenhill. Negli stessi anni le istituzioni teatrali sono state costrette a giustificare la propria attività in termini economici più che artistici. Questo ha determinato per molti aspetti, secondo Edgar, la crescita di forme di populismo culturale nelle programmazioni artistiche di molti teatri pubblici. In definitiva Edgar ha descritto la storia del teatro dopo la II Guerra Mondiale come la dialettica tra due elementi: the Praticians e il populismo nelle sue varie declinazioni.

Il dibattito è andato avanti tra polemiche anglo-francesi, richiami, forse un po' improbabili, alla purezza e gratuità dell'arte e così via. Eccettuato il bell'intervento di Nina Kiraly (Università di Budapest) che ha affrontato il rapporto attori-testo nella nuova drammaturgia passando attraverso una ricognizione delle esperienze degli ultimi trenta anni, dopo due giorni di dibattito un fantasma si aggirava nella grande sala del teatro nazionale di Novi Sad: l'Attore, appunto. Migliaia di parole sono state spese su Sarah Kane, sui neobrutalisti, sulla violenza, sui contenuti, ma non si è capito bene se questa cosiddetta nuova drammaturgia necessiti anche di nuove tipologie attoriali e performative. Il problema, sotto il polemico cappello di What ever happend to Baby Kane? è stato sollevato, forse con ingenua passione, da chi vi scrive, all'interno di un intervento incentrato però sulle enormi potenzialità offerte da Internet per la pubblicazione e distribuzione dei testi teatrali. L'appello, a parte Nina Kiraly (quasi un'icona della critica e degli studi teatrali dell'Est europeo) è caduto nel vuoto. Senza volerlo sono stato considerato un grotowskiano! Mi accontentavo, molto più modestamente, di essere preso solo per un buon allievo di ottimi maestri: in fondo l'immagine guida di questo simposio era niente meno che quella di Francesco Andreini nei panni di Capitan Spavento con i piedi poggiati su un libro aperto: Attore + Drammaturgia. Temo che i critici teatrali a volte si abbandonino più alla teoretica che alla pratica, cosa che, per necessità, non succedeva né agli autori, né agli attori del passato, anche recente. Ma questo sarebbe materiale per un altro convegno, molto animato...

Nonostante le divergenze di opinioni, o forse proprio grazie a quelle, e nonostante uno sbilanciamento dalla parte dell'autore dell'ago della bilancia del dibattito, il convegno è stata un'occasione interessante di confronto e di incontro in una terra ancora martoriata e in cui le ferite 'chirurgiche' dei bombardamenti sono evidenti. Nella giornata conclusiva sono stati assegnati dalla Associazione Internazionale dei Critici Teatrali i premi annuali: medaglia d'oro al'italiano Franco Quadri per il suo lavoro nella critica e nell'editoria teatrale, e medaglia d'oro pure a Juan Antonio Hormigon per la rivista spagnola ADE, di cui è direttore.

Ma a lato del convegno vi era appunto tutta la complessità di un paese appena uscito da una terribile guerra, l'ultima (speriamo) ad insanguinare l'Europa. A Belgrado, nella bellissima Novi Sad (l'Atene dei Balcani) vive una nuova generazione che vuole lasciarsi dietro le spalle il passato. Una generazione colta, appassionata, bella, amante del teatro e delle arti, desiderosa di conoscenza. Giovani che hanno il 'torto' di essere nati in un paese, adesso Serbia-Montenegro, a cui la comunità internazionale sta costruendo un muro intorno. Questi ragazzi e queste ragazze si chiedono stupiti perché quando c'era ancora il mostro Milosevic potevano andare in ogni parte del mondo senza difficoltà e adesso che il dittatore è in prigione in Olanda ci vuole un visto anche solo per andare in Italia, visto per altro difficilissimo da ottenere. Questo è qualcosa di molto più drammatico di tutte le trame più o meno realistiche del nuovo dramma europeo (e in questo il delegato spagnolo aveva perfettamente ragione).


Uno dei ponti sul Danubio a Novi Sad. Bombardato il 6 aprile 1999
Uno dei ponti sul Danubio a Novi Sad.
Bombardato il 6 aprile 1999


I ventenni della ex-Yugoslavia: questo è uno dei nuovi drammi europei, un dramma urgente, un dramma vero. Dovremmo prenderne coscienza rapidamente per non ripetere i terribili errori del passato e per non lasciare che un prezioso patrimonio umano di freschezza, bellezza e intelligenza vada perduto, si ripieghi su improbabili nazionalismi panserbi o sia intossicato nella sua vulnerabilità dai modelli consumistici dall'integralismo capitalista bushiano. La sindrome da cella di isolamento non porterà niente di buono.


Novi Sad, bombardamenti (1999)
Novi Sad, bombardamenti (1999)


Bisogna dare atto all'Istituto Italiano di Cultura di Belgrado (che ha curato egregiamente la presenza delle pubblicazioni italiane sul teatro e la drammaturgia a questo convegno, cui era associata una mostra editoriale di settore che ha luogo a Novi Sad ogni tre anni) che alcuni canali di comunicazione e scambio culturale sono stati aperti, pur tra difficoltà, vecchi rancori regionali tipici dell'area balcanica e scarsità, a volte, di mezzi. Forse bisognerebbe dare maggiore visibilità a questi progetti, forse le organizzazione studentesche giovanili italiane dovrebbero occuparsi un po' di più dei loro vicini di casa che andavano a fare gli esami e a seguire le lezioni anche durante i 76 giorni di bombardamento ininterrotto.



 
Panorama di Novi Sad
 


 

Sarah Kane
Sarah Kane


 

Mark Ravenhill
Mark Ravenhill

 



Links

International Association of Theatre Critics:
http://www.aict-iatc.org

Sterijino pozorje
http://www.pozorje.org.yu

Istituto Italiano di Cultura di Belgrado:
www.italcultbg.org.yu


 
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