La musica di Bob Dylan ha lasciato un immaginario molto ricco nei suoi fans. Dai brani storici a quelli più intimisti, a quelli che hanno legato il loro suono a immagini cinematografiche come Pat Garrett & Billy the Kid e il recente Masked & Anonymous. Eppure Dylan (nome d'arte di Robert Zimmerman, nato nel Minnesota a Doluth nel 1941) non ha mai usato troppo le parole per raccontarsi e raccontare la sua musica. Lo ricordano bene alcuni giornalisti italiani presenti a una conferenza stampa nei pressi di Verona prima di un concerto all'Arena: il musicista si limitò a poche frasi e alla domanda su cosa preferisse fare fuori dal palco rispose con le due parole Go Fishing (Andare a pescare). Quindi stupisce, piacevolmente, il fatto di trovarsi di fronte a quesa autobiografia, pubblicata nel 2004 nei paesi di lingua inglese dalla Simon & Schuster e poi tradotta in varie lingue tra cui la nostra (a cura di Alessandro Carrera che ha anche redatto un apparato di note).
Van Morrison e Bob Dylan
In un'intervista Tv, la prima dopo 10 anni, Dylan spiegava l'esigenza di scrivere questo libro, il primo di una trilogia già annunciata. Un libro che non è una guida all'ascolto, e sicuramente non accontenta chi vuole genesi, storia e significato di canzoni o di album che inevitabilmente sono legate a ricordi e sensazioni personali. La scrittura pare andare di pari passo con la scoperta di New York da parte del giovane musicista. Un'avventura che passa attraverso gli uffici della Columbia e della Leeds Music dove c'erano impresari e talent-scout che, a differenza di ora, investono realmente su musica e musicisti. Nessuna citazione della separazione dalla moglie Sara, l'incidente motoclicistico del 1966 (cambierà la musica di Dylan negli anni a venire) è relegato a un rigo, così come i Basement Tapes dell'anno successivo a Woodstock con The Band. Silenzio stampa sulla conversione religiosa e sulle molte relazioni extraconiugali. Dal nulla ci arrivano invece i capitoli dedicati agli album New Morning e su Oh Mercy, avventure in una ben più grande avventura che Dylan ha voluto mettere a fuoco perché (è un'ipotesi) non avevano ricevuto l'attenzione desiderata. E, nel finale, molte pagine su Suzanne Rotolo, The most erotic thing ever seen in my life. E Chronicles quello che ci aspettavamo da Dylan? Forse sì, o forse no, ma, in fondo Dylan ci hai mai dato ciò che aspettavamo, nei dischi e nei concerti dal vivo quando si permette di stravolgere e rendere irriconoscibili brani come Blowin' in the Wind? Inutile tentare una risposta convincente. Ma Chronicles è sicuramente, come centinaia di migliaia di lettori, che lo hanno spedito al primo posto in America, "Pure Bob", Dylan allo stato puro, con le sue debolezze e la sua arte. E se le parole di un libro non suonano, non per questo non c'è il sapore di tante canzoni.
Michele Manzotti
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