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Heiner Müller

Teatro IV
Germania 3. Spettri sull'Uomo Morto
A cura di P. Kammerer
Introduzione di J. Jourdheuil, traduzione di G. Galvani e P. Kammerer

Milano, Ubulibri, 2001, pp. 103, euro 16,00
ISBN 887748215-X
Durante gli anni immediatamente successivi alla riunificazione delle due Germanie il pubblico tedesco si aspettava da Müller una riflessione sul fallimento del Socialismo reale e dunque lesse quest'opera, assai composita e complessa, quale un tentativo , non del tutto riuscito (e il giudizio non poteva essere altrimenti), di creare un "dramma storico". Il testo risale al 1995 ma il suo nucleo stilistico e contenutistico si rintraccia già nella poesia Aiace per sempre, scritta l'anno precedente. Una prima versione del dramma fu redatta in marzo e, successivamente, integrata con l'aggiunta di citazioni letterarie (Kleist, Hölderlin, Hebbel, Grillparzer, Brecht, Shakespeare e Kafka) inserite nel testo quale suo funzionale complemento. La redazione definitiva fu licenziata da Müller in settembre e messa in scena per la prima volta nel maggio 1996 presso la Schauspielhaus Bochum con la regia di Leander Haussmann.

L'opera non è costruita su una struttura narrativa tradizionale, bensì sul succedersi di scene, anche molto brevi, fra di loro sostanzialmente irrelate. Le nove unità sono accostate l'una vicino all'altra "come accade generalmente ai quadri di un pittore in una mostra" (p. 15). A eccezione della prima, ambientata lungo il muro di Berlino, le scene si susseguono cronologicamente - la Seconda guerra mondiale (2, 3 e 4), le immediate conseguenze della sconfitta (5 e 6), la morte di Brecht (7) e gli anni della Guerra fredda (8 e 9) - e tuttavia la loro natura è evidentemente simbolica, come appare dai titoli, affatto allegorici. Gli stessi personaggi storici che vi agiscono (da Rosa Luxemburg a Stalin, da Hitler a Brecht) compaiono sulla scena quali fantasmi, privi di carnalità ma proiezioni esemplificative di ideali o stati d'animo più generali, propri di un'epoca o di un popolo. Nell'introduzione il regista Jean Jourdheuil parla di un'opera "senza destinatari" (p. 17), vale a dire non composta programmaticamente per offrire al pubblico il frutto delle riflessioni dell'autore sulla contingenza, bensì visionaria e metaforica. Le interpolazioni di brani letterari sono indicative di questa impostazione: scollano il contenuto dalla materialità e lo proiettano in una dimensione più universale, dove gli interrogativi riguardano la natura e il destino dell'uomo di ogni tempo.

La raccolta di Materiali che completa il volume - con testi, fra gli altri, di G.A. Borgese, B. Brecht, P. Celan, A. Hitler, R. Kapuscinski, C. Levi, H. Müller, C. Paglia, P.P. Pasolini e E.M. Remarque - ha l'obiettivo proprio di agevolare la lettura, chiarendone il fitto simbolismo.

di Laura Bevione


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