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Carlo Goldoni

La buona madre

A cura di Anna Scannapieco

Venezia, Marsilio, 2001, pp. 288, euro 18, 59
ISBN 7791-2
Rappresentata l'ultima sera del carnevale del 1761 dai comici del Teatro San Luca La buona madre appartiene geneticamente alla tipologia delle pièces ideate per la chiusura del Carnevale. Pur senza sottrarsi ai codici costitutivi della tipologia di appartenenza, che prescrivevano l'esaltazione di una bonaria e allegra venezianità, la commedia, attuando singolari scarti dalla consueta forma rappresentativa, evidenzia una spiccata originalità. Il marcato tratto di ambiguità, sotteso alla struttura apparentemente convenzionale, è ben analizzato nella ricca introduzione di Anna Scannapieco - curatrice del testo per l'edizione nazionale delle opere di Goldoni - che, con lucide e documentate argomentazioni, mette a nudo l'"audacia sperimentale" di un copione improntato a un'inquietante e contradditoria demistificazione della tesi didattico-pedagogica suggerita dal titolo.

Sospesa tra il contemporaneo dibattito europeo (soprattutto francese) sulla funzione educativa del ruolo materno e l'assunzione di sordidi fatti di cronaca cittadina velatamente riprodotti in scena, la commedia - a cui questa edizione restituisce un valore artistico a lungo sotratto dalla critica - sembra trovare la sua cifra più emblematica nella mimesi di un crudo realismo privo di netti confini morali. L'ordinata e convicente analisi della curatrice, diluita tra introduzione e commento e arricchita da un puntuale apparato di note che ne approfondiscono e corredano gli assunti, svela gradatamente il senso antifrastico di un testo in cui la protagonista incarna la figura di una madre in realtà né buona né cattiva ma "semplicemente e coraggiosamente prosciugata dall'ossessione del vivere".

Altri elementi ancora (la scelta toponomastica dei luoghi cittadini evocati per via allusiva, la peculiarità dell'assetto linguistico, la fondamentale mancanza di "allegria") fanno di quest'opera un interessante laboratorio di sperimentazioni che, come si conviene alle pièces più significative del riformatore veneziano, non manca di coinvolgere la tecnica attoriale. La prima attrice del San Luca, Caterina Bresciani, fino ad allora specializzata nell'interpretazione di parti femminili di intensa passionalità, fu infatti costretta a misurarsi nella variante di un rinnovato ruolo di madre, nobilitato dal protagonismo scenico e spogliato degli stereotipi della comune prassi recitativa.

di Francesca Simoncini


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