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Marco Ariani - Giorgio Taffon

Scritture per la scena
La letteratura drammatica del Novecento italiano

Roma, Carocci editore, 2001, 319 pp., euro 28.40
ISBN 88-430-1799-3
Il passaggio da un secolo ad un altro invita a fare inventari e bilanci. Due docenti dell'Università Roma Tre raccolgono in un libro le principali esperienze del teatro italiano del Novecento. La prospettiva adottata si limita alla letteratura drammatica, sebbene non si rinunci ad accennare al mondo dello spettacolo, per sommi capi, in una serie di Premese a singoli capitoli. Gli autori rivendicano lo studio dei libri per il teatro e quel teatro immaginario o mentale che nasce dalle letture private o intime. Questa dichiarazione sa un po' di giustificazone davanti un clima non sempre favorevole a questo tipo di iniziative, ma, a dir il vero, dopo che Ferdinando Taviani aprì già la strada con il suo felice e conciliatore Uomini di scena, uomini di libri. Introduzione alla letteratura italiana del Novecento (Il Mulino, 1995), tutto dovrebbe essere già un po' più facile.

La scrittura del volume possiede rigore e coerenza e l'informazione contenuta è cospicua. Ancora oggi, il canone teatrale novecentesco non è completamente prestabilito (soprattutto quello relativo alla produzione degli ultimi decenni) e ne risentono - inevitabilmente - gli ultimi capitoli. Vengono tratatti monograficamente, con abbondanti dati e giudizi, Pirandello ed Eduardo e, in misura minore, D'Annunzio, Petrolini, Rosso, Bontempelli, Savinio - molto riuscito - N. Ginzburg, Pasolini, Fo, Testori, Bene, Scabia, Luzi e Sanguinetti.

Pirandello diventa il perno attorno al quale gira gran parte del Novecento teatrale italiano. Il capitolo dedicato a lui è il più compiuto del libro. Non è facile ormai aggiungere del nuovo e nemmeno "digerire" una bibliografia così ampia, eppure Ariani riesce ad adottare un punto di vista personale che - dopo una impostazione generale - sboccia in un ripasso opera per opera. L'agrigentino viene descritto come un ciclone che trascina tutti. Il modello di teatro borghese ereditato dell'Ottocento, cioè, fondamentalmente il dramma (psicologico) di famiglia, viene alterato, svuotato, rovesciato da Pirandello e dopo, nelle mani di altri, diventa un contenitore (forma-commedia) capace di resistire ed essere riempito con nuove formulazioni sperimentali fino alla fine del millenio. E sarà utilizzato quasi da tutti, perfino da chi meno sembra vicino a tale modello come Rosso e Bontempelli o Eduardo De Filippo, Alberto Savinio, lo stesso Pasolini o il primo Testori. È nata la cosidetta koiné drammaturgica post-pirandelliana, comprendente anche un parlato mimetico del grigiore quotidiano.

Un altro filone che foggia il secolo è quello sperimentale che nasce con le prime avanguardie, ma che arriva agli anni Settanta con tutte quelle pratiche di gruppo che emarginarono in gran parte i drammaturghi. Ciò nonostante, a volte, la sperimentazione si è attuata fra le quattro pareti di una stanza, con scritture a tavolino apparentemente irrappresentabili ma dotate di forte personalità, come il caso della Ginzburg, di Pasolini, di Luzi, di Sanguinetti, e dello stesso D'Annunzio, o altri letterati o narratori (Svevo, Tozzi), oggetto dell'attenzione di Taffon e Ariani.

Non manca neanche lo spazio consacrato alle due maggiori tradizioni teatrali "regionali" italiane, quella veneta e quella napoletana, a questa ultima - con tutto il suo ricco sviluppo degli ultimi decenni - insieme a quella siciliana, sono dedicate numerose pagine.

Insomma, siamo davanti a un buon manuale universitario che fa il punto sul patrimonio drammaturgico italiano del Novecento. Attraverso il suo percorso (quasi esauriente) di autori e opere si offre inoltre come una guida, la prima completa del secolo, di letture teatrali, ispiratrice anche di possibili messe in scena. Certamente il lettore può trovare a mancare qualche nome o non condividere certe valutazioni o gerarchizzazioni, ma ciò non toglie la serietà e l'utilità complesssiva del lavoro.

Juan Carlos de Miguel, Universitat de València


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