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Elissa B. Weaver

Convent Theatre in Early Modern Italy
Spiritual Fun and Learning for Women

Cambridge (UK), Cambridge University Press, 2002, pp. 304, £ 45.00
ISBN 0-521-55082-3
Dopo circa vent'anni di assidue ricerche e ripetute pubblicazioni (anche in italiano), Elissa Weaver condensa in queste pagine le sue affascinanti tesi sul teatro dei conventi femminili in Italia: o meglio, sul teatro dei conventi femminili in Toscana dai primi anni del Cinquecento (epoca d'inizio del nuovo genere della commedia spirituale) fino al pieno Seicento.

Il racconto della Weaver si basa su una conoscenza attenta dei testi che in quell'arco di tempo vennero scritti dalle monache, rappresentati dalle novizie (nei primi tempi) e dalle monache stesse (nei decenni successivi), per un pubblico composto spesso dai parenti delle religiose, in occasioni speciali (dal carnevale alle ricorrenze festive cattoliche). Gli spettacoli avevano una funzione educativa e ricreativa: interrompere la tensione disciplinare con giochi innocenti e, naturalmente, "onesti". Ma non era secondario il fine comunicativo: l'allestimento degli spettacoli era "a way of attracting the attention of the outside world" ["un modo di attirare l'attenzione del mondo esterno"]. Il teatro fu, per gran parte del mondo cattolico, a partire dall'inizio del XVI secolo, una delle principali attività dei conventi. In particolare i conventi femminili conservano una documentazione, per quanto frammentaria e lacunosissima, di grande interesse e per lungo tempo trascurata. La Weaver, con pazienza e amore, ha indagato a lungo fra le anonime figure che popolarono quei reclusòri per dare nome e identità a talenti letterari misconosciuti ma soprattutto per leggere, attraverso le commedie che quelle donne monacate scrissero e recitarono, tracce della loro vita individuale e comunitaria, ed anche riflessi della particolare cultura di cui si nutrirono.

È evidente in questo lavoro la presenza di interessi legati alla gender literature (la letteratura di genere) in particolar modo quando si sottolinea, del resto giustamente, in questa speciale drammaturgia femminile di convento una forte opposizione alla cultura maschile. Intelligente è l'individuazione, attraverso la lettura dei testi, di una comunità speciale costituita, oltre che da recitanti o scriventi, soprattutto da un pubblico attento e interrogante. La maggior parte delle opere teatrali esaminate non furono mai pubblicate e questo consente all'autrice un enorme vantaggio. I manoscritti (conservati per lo più nella Biblioteca Nazionale e nella Riccardiana di Firenze) contengono infatti correzioni, aggiunte, chiose e postille marginali che danno preziose indicazioni sull'elaborazione dei testi e la loro messa in scena.

La narrazione della Weaver, dopo un primo capitolo dedicato alla descrizione della vita conventuale nell'Italia rinascimentale e un secondo sulla relativa tradizione teatrale, prosegue analizzando i primi testi religiosi quattrocenteschi per giungere, nei capitoli centrali del libro, a studiare attentamente le commedie spirituali più significative e le autrici più importanti tra Cinque e Seicento. Ritratti di personalità di spicco, come Beatrice del Sera o Maria Clemente Ruoti, si alternano a interessanti considerazioni sulla trasmissione di quella che l'autrice chiama "feminine subculture" anche al di fuori dell'ambito conventuale d'origine. Un ultimo capitolo tenta di stabilire un raffronto tra la produzione toscana e quella del resto d'Italia.

Al termine del libro un confronto sorge spontaneo tra la pratica di queste donne-monache-scrittrici e quella dei gesuiti-attori-soldati. Qui prevale il gioco (anche se praticato seriamente), mentre là s'impone la militanza (anche se istrionica). Da una parte sta la disciplina guerresca (degli uomini, soldati in Cristo), dall'altra l'interrogazione e la pausa pensosa (delle donne, sorelle in Cristo).

di Siro Ferrone


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