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Aurel M. Milloss

Coreosofia. Scritti sulla danza
Con il libretto di Marsiae una lettera a Hans Kresnik
A cura di S. Tomassini

Firenze, Olschki, 2002, p.248, euro 29,00
ISBN 88-222-5132-6

Il volume, edito per la collana Linea veneta promossa dall'Istituto per la musica della Fondazione Giorgio Cini, propone un'antologia degli scritti di un maestro della danza europea che ha trascorso gli anni della maturità nel nostro paese, contribuendo col suo lavoro a rifondare, nonostante la palese ostilità degli ambienti critici più conservatori, la cultura del balletto in Italia.

Milloss, allievo del padre fondatore della danza moderna tedesca, Laban, ha assunto nel corso del tempo una posizione critica verso l'estremismo degli ambienti più vicini all'Espressionismo che rifiutavano qualsiasi forma di rapporto con la grande tradizione didattica e tecnica del balletto classico; senza rinnegare il maestro (anzi facendosi divulgatore del suo lascito teorico e formativo) Milloss si è progressivamente avvicinato al mondo della danza accademica, ritenendo che nel patrimonio linguistico della tradizione il coreografo e il danzatore potessero trovare delle forme espressive più chiare e armoniose, meno soggette all'arbitrio e all'estemporaneità di quelle dovute alla pura espressione degli impulsi personali. La scuola gli appare come manifestazione della misura apollinea contro la pericolosa ebbrezza dionisiaca; una scelta motivata anche dalla partecipazione al clima politico e culturale dell'anteguerra, dall'aver visto come in Germania la gioia irrazionalista dei movimenti di riscoperta del corpo fosse stata facilmente strumentalizzata dal regime nazista.

Questa consapevolezza della necessità del dominio della ragione sull'impulso non comporta peraltro una presa di distanza assoluta dall'ambiente della danza moderna. Milloss è stato un testimone delle importanti conquiste raggiunte dalla nuova danza, della dignità che i grandi riformatori dell'inizio del ventesimo secolo hanno restituito a quest'arte, di come i loro tentativi abbiano spinto il balletto a trasformarsi da ancella del teatro lirico in espressione spettacolare completa. E principalmente in questa direzione ha combattuto la sua battaglia all'interno degli enti lirici italiani, contro una cultura dominante che voleva la danza sottomessa alla lirica e esigeva che le sue forme di linguaggio, invece di attingere al patrimonio della tradizione per svilupparlo in nuove direzioni, restassero incollate a una riduzione oleografica, decorativa, del balletto ottocentesco. Così, negli anni della vecchiaia, ha approvato e incoraggiato il sorgere del teatro-danza, in qualche misura erede del balletto espressionista, limitandosi a dare suggerimenti critici ai giovani esponenti del movimento perché indirizzassero i loro sforzi nella definizione di tecniche precise e formalizzabili all'interno della scuola classica, che non avrebbero sofferto della rapida usura delle creazioni legate troppo strettamente al momento della loro concezione.

di Paolo Albonetti


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