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Achille Campanile

La televisione spiegata al popolo

A cura di Aldo Grasso

Milano, Bompiani, 2003, pp. 461, euro 9,80
ISBN 88-452-5377-5
È riapparsa in questi mesi, ripubblicata finalmente in edizione tascabile per Bompiani, l'antologia di critiche televisive di Achille Campanile curata da Aldo Grasso nel 1989. Commissionati dal neodirettore Giorgio Fattori per 'L'Europeo', per il quale Campanile fu critico televisivo dal 9 febbraio 1958 al 17 ottobre 1975, gli scritti di Campanile offrono una corpus ricco e variegato, rispetto al quale il curatore ha privilegiato una selezione condotta sui primi dieci anni, a causa, come si legge tra le righe della Prefazione, del raffreddarsi dalla fine degli anni Sessanta della vena di Campanile che riduce i suoi interventi a "due veloci paginette che [...] rappresentano un gesto di lento ma definitivo disamoramento" da medium televisivo. Diciamo subito che spiace questa selezione e speriamo che la fortuna che quest'opera continua ad avere, possa essere foriera un giorno di un'edizione integrale.

L'antologia privilegia indubbiamente la scrittura più creativa di Campanile, i giochi metaforici ("La Tv è il contrario dei serpenti: cade in letargo d'estate"), gli indimenticabili motti e calembour ("Vi avverto: Campanile di sera Achille si dispera"), gli icastici ritratti del microcosmo televisivo fatto di debolezze tipiche dell'Italia da boom economico ("Segretaria - Alla Tv ce l'hanno tutti, fino all'ultimo degli uscieri e comprese le segretarie stesse, ognuna delle quali ha a sua volta una sua segretaria, che ne ha una sua particolare, la quale ne ha un'altra, ecc. ecc.") e la capacità di sintetizzare in un tratto le specificità e le aberrazioni televisive ("Divertente - In materia di cose divertenti alla Tv, la più divertente è il concetto che hanno di divertente"). Ed è facile lasciarsi trascinare dal linguaggio, dalle manipolazioni e gli stravolgimenti che riceve tra le mani dello scrittore; tuttavia La televisione spiegata al popolo è anche una testimonianza importante di critica televisiva.

In questa prospettiva, innanzitutto, una versione integrale permetterebbe proprio di cogliere non tanto l'inaridirsi della vena creativa di Campanile quanto al contrario il modificarsi profondo del concetto stesso di critica televisiva; il suo abbandonare progressivamente il carattere di un territorio mosso, osservatorio privilegiato della modernità, che spazia tra nuovi luoghi, nuovi personaggi e nuove temporalità (neo)televisive, per farsi critica di servizio irrigidita nella utilità pratica e nella settorialità di linguaggi e contenuti specifici. Il testo di Campanile è indubbiamente un'occasione per ritornare su un periodo importante della critica televisiva: quella dei suoi esordi, quando questa pratica non era ancora affidata alla penna veloce di alcuni specialisti, ma occupava, divertiva, svagava profili intellettuali tra i più disparati; basterebbe forse ricordare che in quei primi anni Cinquanta si occuparono di televisione Edoardo Bruno per 'Il Dramma' o Giovanni Cesareo per 'L'Unità', Giuliano Gramigna per il 'Corriere della sera', Sergio Saviane per 'L'Espresso' o, tanto per citarne solo alcuni, Enzo Tortora per 'La Domenica del Corriere'.

La limitazione posta dall'antologia alle sole critiche per 'L'Europeo', penalizza poi i primi esperimenti di Campanile nel campo. Manca infatti ancora un'edizione della serie di articoli che Campanile aveva pubblicato per il 'Corriere d'Informazione', in particolare a ridosso della trasmissione culto dei primi anni (Lascia o raddoppia?) di cui è almeno riportato in Appendice un assaggio del 1 marzo 1958: "Ai miei tempi non esisteva Lascia o raddoppia? Se fosse esistito, avrei studiato molto di più. Purtroppo non esisteva la televisione, non esistevano i milioni di premio e la possibilità di diventare celebri dalla sera alla mattina. A che serviva studiare? Sì, ho studiato ma a fondo perduto". Le profonde modificazioni del nuovo mondo televisivo, seppur rilette con la chiave dell'ironia, sono già territorio acquisito per Campanile che cerca tra le pieghe di questo cambiamento radicale: quei primi articoli infatti, forti dell'uscita pomeridiana, riportavano quasi integralmente i dialoghi della puntata del famoso quiz, cercando tra le righe le coordinate di una realtà in profondo cambiamento. 

Molte riflessioni e una insaziabile voglia di spigolare qua e là tra i lazzi della sua scrittura tuttavia il testo di Campanile le suggerisce ugualmente, a partire dall'intervento del 10 settembre 1965 che dà il titolo alla raccolta, "un quadro degli ostacoli che, mettendo a repentaglio la vita, superar dovette l'uomo dalla sua creazione insino all'età della pietra levigata, e da questa all'età della televisione". Colpiscono in particolare non solo i caratteri di questa prima critica televisiva "inventiva", esperta nelle divagazioni e gli excursus, ben messa in luce dalla introduzione di Aldo Grasso, ma la sua capacità di cogliere con precisione, in questi primi anni, aspetti già cruciali del nuovo mezzo televisivo.

Come il carattere dialogico e immediatamente interattivo che la Tv mantiene con i suoi paratesti, critica televisiva compresa, come annota ironico Campanile: "Come mai quelli che appaiono sui teleschermi, specie nel settore rivista e musica leggera, danno prova di una così morbosa suscettibilità? Non ammettono il minimo rilievo. Alla prima osservazione si mettono a polemizzare dal video, interrompendo lo spettacolo. Che direste d'un attore di prosa che interrompa la recita di un dramma per polemizzare coi critici? O di un pugilatore che interrompa momentaneamente un assalto, per dirne quattro ai cronisti sportivi?". E la sua capacità quindi di sforare continuamente verso il contesto, ponendo le premesse per un dominio incontrastato al centro della cultura popolare. O come la coscienza della veloce capacità della televisione di autoalimentarsi e autogenerarsi, spazzando in un sol colpo i vecchi timori della riproduzione, quelli nutriti per intendersi verso il cinema dal teatro filmato, per un più radicale depredamento e metabolizzazione: "La passione della Tv per le registrazioni raggiunge il suo colmo in una puntata di Souvenir. Questa rubrica è registrata. In una puntata sono inseriti alcuni pezzi del Mattatore, registrati a suo tempo. Questi pezzi del Mattatore contengono degl'inserti che, a suo tempo, apparvero già registrati...é come dire: registrazione della registrazione della registrazione".

In generale affiora il quadro di una critica poco interessata al problema degli "effetti", che spesso all'epoca sembrava limitare lo sguardo più istituzionalizzato sul nuovo mezzo televisivo; del resto non si può dimenticare che in Italia tra i primi a pronunciarsi sulla televisione ci fu proprio il Papa con una specifica enciclica, la Miranda prorsus tre giorni prima dell'inizio ufficiale delle trasmissioni il 3 gennaio 1954, ma anche con commenti saltuari che avevano tutto il tono di un'invettiva ("come non inorridire al pensiero che, mediante la televisione, possa introdursi fra le stesse pareti domestiche quell'atmosfera avvelenata di materialismo, di fatuità e di edonismo che si respira in tante sale cinematografiche? davvero non si potrebbe immaginare cosa più fatale alle forze spirituali della nazione, se davanti a tante anime innocenti, in seno alla famiglia stessa, dovessero ripetersi quelle impressionanti rivelazioni del piacere della passione e del male, che possono scuotere e far rovinare per sempre tutta una costruzione di purezza, di bontà e di sana educazione individuale e sociale": così il giorno dell'inaugurazione delle trasmissioni il Pontefice dichiarava in un'intervista per 'La nuova stampa').

La televisione spiegata al popolo è ben lontana dalle invettive. Campanile mostra altre attenzioni: la precoce consapevolezza della funzione sociale della televisione come grande meccanismo discorsivo (provata dalla messe stessa di articoli del critico); l'attenzione al linguaggio televisivo e alle sue retoriche, a partire dalla comprensione del ruolo cruciale del 'personaggio' nato dall'era televisiva: "Presentatore: ''Accogliamo con un bell'applauso il signor Tizio''. Perché? Non si può proprio fare a meno di questo comando? Certo, con l'uso, l'applauso è diventato importante; addirittura, in certi casi, elemento integratore d'una battuta o d'un canto. È il punto fermo, lo svolazzo finale, equivale alla chiusura del sipario, è funzionale. Anche per questo fu inventata la claque. Ma aveva sempre, vero o falso, un carattere di spontaneità, indispensabile perché fosse valido. V'immaginate un signore che, al teatro dell'opera, dica: ''Accogliamo con un bell'applauso l'acuto del tenore?".

Certo non si vuole qui negare l'importanza della famosa Fenomenologia di Mike Bongiorno con cui Umberto Eco esaltava nel 1961 la vistosa riduzione del superman a everyman, parlando di un "ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello", e il ruolo svolto nel dibattito italiano da questo articolo per la rivista 'Pirelli', seguito pochi anni dopo dal volume Apocalittici e integrati, con cui il semiologo si sporcava le mani definitivamente con i mezzi di comunicazione di massa. Tuttavia, forse anche come tipicità italiana di una critica televisiva degli esordi ancora tutta da riscoprire, si nota l'attenzione al 'personaggio' quale snodo cruciale dei cambiamenti culturali, psicologici, sociali, spettacolari e linguistici intervenuti con l'avvento della televisione. Forse gli intellettuali italiani non sembrano rimanere prigionieri, come spesso accade anche oggi, delle maglie degli effetti del video e della sua esposizione ad essi, piuttosto riflettono sul suo linguaggio, colgono velocemente le sue caratteristiche intrinseche, evidenziano in modo forte i cambiamenti delle coordinate di uno spettacolo che, a partire dal corpo dell'attore, non passa indenne attraverso il piccolo schermo.

Campanile ne è indubbiamente un esempio lampante. Dei 'personaggi' della sua galleria egli coglie con acume la singolarità (Perry Como, Lucy, Perry Mason ma anche comprimari come il tenente Tragg o Della Street, e ancora Enrico Maria Salerno, il mattatore Gassman, Walter Chiari, Mina e il suo gesticolare) e anche le comuni caratteristiche. Viene in mente l'aneddoto cui il famoso massmediologo Marshall Mc Luhan nel suo testo Understanding Media affidava di sintetizzare l'ingombrante quotidianità di una televisione che icasticamente definiva il "gigante timido": "In un'intervista chiesero a Joanne Woodward che differenza ci fosse tra una diva del cinema e un'attrice della tv. E lei rispose: ''Quando facevo del cinema la gente diceva: Guarda, quella è Joanne Woodward. Adesso invece dicono: Quella lì è una che conosco".

 

di Paola Valentini


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